L’eterna lotta cefaludese tra storia e fantastoria

Ritratto di Salvatore Varzi

17 Marzo 2022, 18:47 - Salvatore Varzi   [suoi interventi e commenti]

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L’eterna lotta cefaludese tra storia e fantastoria

 

Carissimo Professore Angelo, avendo letto il suo precedente intervento (https://www.qualecefalu.it/node/24360) le espongo quanto segue.

Pensavo che il mio messaggio su facebook avesse fugato tutti i dubbi, invece, si è passati al blog.

Purtroppo vengo a contraddire nuovamente le sue ipotesi, che, per dirla a parole sue, sono frutto di una vera e propria favola, priva di fondamento.

Quelli che per lei sono errori presunti, sono in realtà errori oggettivi.

Come detto nel precedente mio messaggio quella che lei intende come “foto di una stampa del '700” non è altro che un disegno del Prof. Bartolo Martino eseguito nel 1950 e facente parte di una serie chiamata “Le prospettive del Duomo di Cefalù”, in esposizione permanente presso la sala conferenze della Fondazione Culturale Mandralisca.

Vero e ben documentato è l’impegno del delegato Morvillo presso il Comune di Cefalù, anche qui però vi sono alcune inesattezze. Il Morvillo non aprì quella che oggi intendiamo Via Discesa Paramuro, ma si impegnò affinché venisse tolto il censo a quello che anticamente era il giardino Paramuro per accrescere il fabbricato suburbano. La Via Discesa Paramuro sarebbe nata solo dopo il 1885, essendo stato stipulato il contratto per la costruenda caserma in tale data ed essendo specificato in tale atto che il comune non avrebbe mai dovuto edificare davanti il fronte a mare, riservandosi, invece, la facoltà di poter edificare lungo gli altri tre lati del perimetro avendo cura di lasciarvi una strada da girare attorno l’edificio militare.

Il presente atto può essere ben letto ai fogli 408-409 del Libro Rosso di Cefalù.

Tralascio il fatto che nel 1837 l’epidemia fu di Colera Asiatico e non di peste.

Torniamo al delegato Antonino Morvillo. Lui, a parte la storica fontana, in Piazza Duomo non abbatté proprio nulla.

A partire dal 1877 e fino al 1885, variegate furono le vicissitudini dell’antico Monastero di Santa Caterina. Dapprima venne ceduto al Ministero della Guerra solo una parte del complesso, restando in possesso delle monache la restante parte. Nel 1878 le monache lasciano il monastero e solo nel 1885 viene stipulato il contratto in cui si darà al genio militare il via libera ad iniziare i lavori presso l’ex Monastero di Santa Caterina.

Non è per nulla documentato che il detto monastero invadesse originariamente la sede stradale di Corso Ruggiero su Piazza Duomo. Ciò non è evidenziabile in nessuna delle raffigurazioni storiche della città, raffigurazioni che, non avendo nulla di scientifico, devono essere analizzate sempre con le dovute cautele.

Notizie certe, invece, ce le dà la professoressa Rosalinda Brancato, che nel suo “I luoghi conventuali di Cefalù intra moenia”, a pagina 48, parlando del monastero di Santa Caterina, scrive di aver trovato tra i documenti dell’Archivio Comunale una lettera che così recita «sia indispensabile demolire e ricostruire di pianta il muro della chiesa e del Monastero che prospetta sulla Piazza del Duomo, perché quasi cadente […] in modo da poter decorare la chiesa ed il Monastero di una facciata che rincorresse allo stesso livello per tutta l’estensione del fabbricato.»

Detto ciò bisogna retrodatare i lavori di livellamento stradale della città di Cefalù.

Da un documento in mio possesso, datato 1851, si ha notizia dell’inizio dei lavori di livellamento del corso principale. Lavori che si protrassero, interessando tutto il centro storico, fino al 1882.

Come si evince dal Libro Rosso, al foglio 405, il 2 novembre 1882, sotto l’amministrazione dell’allora sindaco Antonino Colotta, “è stato sistemato con basule della lava vulcanica di Catania il Corso principale della Città.”

Il diverso assetto assunto dalle strade fa sì che per diversi anni, fino al primo decennio del 1900, privati e comune siano costretti ad addivenire a degli accordi per uniformare l’ingresso di case e negozi secondo l’esigenza del nuovo livello stradale.

Mentre in alcuni casi furono necessari sbancamenti, in altri furono necessari riempimenti. Fu così per esempio che all’altezza dell’Osterio Magno la quota stradale si abbassò di circa 2 metri, mentre, più avanti, nel tratto compreso tra i civici 179-190 venne innalzata, ed i locali finirono sotto il livello di quota stradale.

   

Osterio Magno, differenza di quota dopo lo sbancamento                                                Corso Ruggiero 190, differenza di quota dopo il riempimento

E la situazione in Piazza Duomo?

Stessa sorte toccò a Piazza Duomo; chi poteva permetterselo abbassò le quote dei magazzini prospicenti la piazza, chi non poté permetterselo, lasciò i magazzini alle quote antiche, superando la differenza di quota con dei gradini.

Questo il motivo per cui Palazzo Maria ha tutte le botteghe servite da quattro alti gradini (tre gradini più una soglia di ingresso). La semplice spiegazione è il risparmio. Sarebbe stato economicamente dispendioso per l’allora Barone Maria, abbassare la quota di tutti i magazzini sulla piazza, e fu così che prolungò la lunghezza del portale abbassando il solo cortile, poiché vi era la necessità di accedervi con la carrozza. I Pirajno ed i Martino invece, optarono per abbassare le quote dei magazzini e quella dei relativi cortili. Motivo per cui questa differenza, rispetto al palazzo Maria, è molto meno evidente. Partendo da una quota zero ideale, quale la base della scalinata del duomo, venne raccordata la piazza con il nuovo livello di Corso Ruggiero. La differenza di quota generò un dislivello tale, che per accedere alla chiesa dell’ex Monastero di Santa Caterina fu necessario realizzare quattro alti gradini all’interno dell’edificio.

       

Anonimo, Piazza del Duomo, 1886 (part.)                                                                                 Anonimo, Piazza del Duomo, 1908 (part.)

Da una fotografia del 1886, possiamo notare come, mentre il piano del duomo fosse già ribassato, l’ingresso ed i magazzini di Palazzo Atenasio – Martino (il palazzo incriminato) fossero ancora alla quota antica. Dopo qualche anno, in una fotografia nel 1908, ritroviamo invece ingresso e magazzini limitrofi ribassati alla quota della piazza.

Se proprio vogliamo essere pignoli, il portale di Palazzo Atenasio – Martino venne prolungato di 58 centimetri rispetto alla quota antica.

Il portale di Palazzo Pirajno venne prolungato di 76 centimetri, mentre quello di Palazzo Maria di ben 102 centimetri.

Se si vuole continuare a fare fantastoria, possiamo scrivere e dire ciò che vogliamo, se invece vogliamo parlare di storia bisogna prima passare dalle fonti.

Avrei potuto rispondere al suo articolo con una sola frase e chiudere il tutto in maniera molto più sintetica, ma, per evitare che la fantastoria prevalga sulla storia, ho preferito dilungarmi

Qualora avesse ulteriori dubbi resto sempre a completa disposizione.

Cordiali saluti. 

                                                                   Salvatore Varzi

Commenti

Non ho ulteriori dubbi e la ringrazio della sua disponibilità a chiarirmeli nel caso li avessi avuti. La ringrazio pure delle critiche, che spero non soltanto ben argomentate, ma soprattutto corrette.