25 Febbraio 2022, 05:46 - Giovanni La Barbera [suoi interventi e commenti] |
L'antinomia che si presenta, al decisore pubblico preparato e attento, tra la necessità di dover considerare lo sviluppo, nel progresso, della città, come sistema complesso per sua natura, e dello sfruttamento sostenibile delle risorse ambientali, in modo tale che esse siano in grado di rigenerarsi, si presenta centrale per ogni pianificazione territoriale ed urbanistica.
In linea teorica il PRG di Cefalù sembra assumere, nella dichiarazione, tale problematica, tuttavia occorre desumere, da una lettura concreta della Variante, quanto le decisioni determinate nelle norme e nella cartografia, siano coerenti con il principio assunto.
In questa attività di pianificazione non c'è un paradigma razionale o modello di riferimento da seguire, ma occorre assumere dialetticamente la concreta situazione che si è storicamente determinata.
Occorre, cioè, una lettura di ciò che è oggi la città, nelle sue parti materiali e immateriali, utilizzando un metodologia interpretativa.
L'approccio certamente può senz'altro avvalersi delle discipline che costituiscono le scienze che variamente si sono occupate di essa, tuttavia le astrazioni scientifiche non ritengo consentano da sole di pervenire a conoscenze sufficienti per dirigere e orientare i fenomeni urbani.
Di che c'è dunque bisogno? A mio modo di vedere, c'è bisogno di quel che è mancato nel processo di elaborazione della Variante di Cefalù: la partecipazione.
Chi doveva generarla? La Pubblica Amministrazione? Perché non si è preoccupata di generarla? Io penso per mancanza di cultura generale ed amministrativa.
Contenere l'urbanizzazione del territorio potrebbe far pensare che i poteri pubblici siano stati in grado, nel tempo, di occuparsi dell'urbano in contrapposizione ai modi dell'essere o del vivere nel contado.
A mio modo di vedere questo potere è più astratto che concreto. Infatti è possibile dimostrare che è la iniziativa privata a generare la forma e le funzioni urbane, ( almeno nei sistemi dove la libertà è un valore) mentre i poteri pubblici, se si vuole riconoscerli, hanno al meglio, una funzione di orientare le spinte individuali con l'obiettivo di integrarle.
La città, nelle sue diverse definizioni, può ben essere sintetizzata anche con riguardo ai fenomeni di integrazione sociale nello spazio nei quali questi si manifestano. Questo è una necessità o postulato di un principio di razionalità nel governo dei fenomeni urbani.
Il grado di integrazione può ben essere un indicatore della qualità urbana.
Il fenomeno generatore degli aspetti fisici della città è definito urbanizzazione, esso indica anche quanto il sistema locale sia integrato cioè, in altre parole, razionalmente gestibile secondo un principio di economia spaziale e di conservazione delle risorse naturali di cui il suolo costituisce la prima manifestazione.
Da qui si arriva al principio del consumo di suolo zero.
Cioè, qualcuno ha deciso che le città divorano suolo che nel processo storicamente determinatosi è insostenibile, in quanto risorsa limitata, e quindi se ne debba fare un uso parsimonioso, o addirittura debba essere annullato.
Finalmente qualcuno ha deciso di porre un limite invalicabile ai processi di consumo sulla Terra almeno per quel riguarda la merce suolo!
Dunque apparentemente il suolo non contribuirà a determinare più gli accumuli di capitale perché l'asse del sistema capitalistico si è spostato sulle materie prime che occorrono alla tecnologia e al loro processo di produzione.
Questo ovviamente fa pensare che la città come prodotto della rendita abbia perso la sua forza generatrice. Lo scetticismo è inevitabile. Credo che i poteri pubblici, in quanto ovvia manifestazione del potere privato organizzato, non cesserà di assicurare privilegi al suo sostentamento politico.
In altra sede potrò essere più analitico su ogni aspetto costitutivo della Variante adottata, la quale si presenta, a mio modo di vedere, funestamente per buona parte dei cittadini.
Sempre per brevissimi cenni. La conoscenza della Variante di Cefalù, porta ad evidenziare gravi contraddizioni tra i principi assunti e le concrete decisioni definite in essa.
Riserve sono rilevabili nel contrasto oggettivo tra, ad esempio:
-il tentativo di introdurre nella parte terminale del lungomare nuove edificazioni che altererebbe il rapporto visivo tra città e ambiente naturale, eliminando il percetto, o unità di paesaggio che lo caratterizza nella consolidata comune visione;
-il riuso del sedime della ferrovia, che in termini di bilancio ecologico e funzionale costituiva l'asse portante della Variante generale del PRG, riducendolo ad un improbabile asse pedonale, o ciclo pedonale, certamente decisione condizionata da miopi interessi privati fatti propri dall'Amministrazione;
-le norme di attuazione sulle quali si può evidenziare la contraddittorietà tra i principi assunti, alla base delle scelte, e gli effetti che concretamente si realizzeranno nella gestione o attuazione della Variante.
-Il differimento delle decisioni su zone o ambiti che in alcuni casi non si giustificano, se non per motivazioni elettoralistiche, che per altro sembra essere il motivo conduttore dell'accelerazione della compilazione del Piano a ridosso della scadenza di Maggio.
Queste alcuni cenni delle numerose osservazioni che sistematicamente esporrò in altra sede.
- la eliminazione di più del 50% della capacità residenziale teorica dell'attuale PRG e nel contempo l'incremento della stessa capacità dislocata in altri ambiti che avrà come conseguenza una imprecisata quantità di ricorsi ai tribunali che costeranno al bilancio comunale cioè ai contribuenti.
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