17 Gennaio 2022, 16:37 - Giovanni La Barbera [suoi interventi e commenti] |
Nell'articolo 10 della testo unico per i Beni culturali, storici e ambientali, si legge “Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali “...
In base a quanto espresso al comma 5 dell’art. 10 e comma 1 dell’art. 12 (verifica dell’interesse culturale), è fissata a 50 anni la soglia per considerare vincolato un pubblico bene. Il nostro PRG è stato elaborato sul finire degli anni 60 dello scorso secolo.
E' certamente singolare che si possa considerare bene pubblico un bene come il Piano Regolatore Generale. Tuttavia a pensarci seriamente poiché Esso esprime il carattere di un epoca, con tutti gli ingredienti che costituiscono lo stato dei rapporti sociali, culturali e politici, a mio modo di vedere, non appare infondata la pretesa che oltre i 50 anni, quel prodotto intellettuale o se si vuole etno-antropologico, è rappresentativo della storia del tempo, dunque è concreta testimonianza dell'ethos, del logos, del pathos, o ancora, in altre parole, del “genius loci” che permeava le “Vanedde e le Contrade di Cefalù.
Ragione per cui non ritengo possibile, che con la recente Variante al PRG, si possa stravolgerlo con danni plurimi sul corpo sociale e sulla storia
A mio modo di vedere quel Piano Regolatore doveva essere compreso, nel processo di elaborazione politica della Variante, nelle sue componenti genetiche, attestate dai caratteri della popolazione e dai suoi intellettuali, i quali erano impegnati dialetticamente, anche con accese tenzoni, al primo sforzo localmente conosciuto di pianificazione e di programmazione urbanistica e territoriale.
Dunque quel modello d'uso del suolo costituisce una concreta testimonianza di quell'epoca, cosi come lo è diventato il centro storico con i suoi originari tuguri e antigienicità, per i quali oggi si è sacralizzata la conservazione.
Non è quindi accettabile che il Piano Regolatore vigente possa subire “ex abrupto”, improvvisamente, la riduzione della sua capacità edificatoria del 50% in nome di una moda culturalmente “eccitata dallo slogan del consumo di suolo “zero”.
Ovviamente il discorso è ampio, tuttavia voglio concluderlo senza dilungarmi, con una citazione tratta dalla dichiarazione della famosa conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente. Stoccolma 1972, nel preambolo della Dichiarazione si legge: “l'uomo è insieme creatura e creatore del suo ambiente, il quale assicura la sua sussistenza fisica e gli offre la possibilità di uno sviluppo intellettuale, morale, sociale e spirituale”.
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