8 Gennaio 2021, 18:03 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Oggi, per il centesimo anniversario della nascita di Leonardo Sciascia, voglio ricordarlo per alcuni episodi, che mi permisero prima di conoscerlo personalmente e poi di allacciare con lui uno scambio personale di opinioni, che mi arricchì e del quale ancora oggi gli sono grato.
Il primo contatto lo ebbi nel maggio del 1972. A Palermo, in piazza Politeama, si tenevano i comizi di chiusura della campagna elettorale. Io, candidato ventiseienne per il Partito Liberale alle elezioni politiche, vi tenne il mio comizio. Prima di me avevano parlato esponenti di altri partiti e non nascondo che inframmezzai nel mio intervento alcune battute polemiche sulle loro dichiarazioni. Trascorsi i 40 minuti assegnatimi, lasciai il microfono e scesi lungo la scaletta, che mi aveva portato sul podio. Mentre scendevo, vidi Leonardo Sciascia, che si preparava a salire per tenere il suo intervento. Quando fummo di fronte, sorridemmo in segno di saluto e strinsi la mano che egli mi porgeva.
Subito dopo fui attorniato da alcuni miei amici, con i quali mi fermai per ascoltare almeno le prime battute dell'intervento di Sciascia. Con mia meraviglia egli cominciò con un riferimento al mio intervento con le seguenti parole: “L'oratore che mi ha preceduto ha di certo parlato bene, ma il succo del suo intervento è: cu havi mancia, cu un havi talia”.
Non sapevo se ritenermi offeso o sorridere per quella battuta. Non aspettai che finisse il suo comizio e mi allontanai. Quel giudizio sarcastico, però, mi tornava spesso alla mente e ogni volta che questo accadeva, congetturavo le più svariate risposte, che avrei voluto dargli. Ma ormai era tardi e non mi restava altro che fantasticare.
Alcuni mesi dopo casualmente lo incrociai in via Libertà, nei pressi del bar del Viale. Gli sorrisi e chinai la testa in segno di saluto. Con mia somma meraviglia egli mi si avvicinò e mi porse la mano.
“Come va” disse.
“Bene” risposi. “Sono felice d'incontrarla”.
“Ci accomuna la sconfitta elettorale” disse, sorridendo.
“In verità non la considero una sconfitta, ma una battaglia sostenuta con le mie povere forze su ordine della mia coscienza. La sua sconfitta è più dolorosa, perché lei aveva armi più potenti delle mie...Lei è Leonardo Sciascia, lo scrittore al quale la Sicilia deve tantissimo.”
Finimmo al bar e continuammo per oltre un'ora la nostra conversazione. Ancora oggi, mezzo secolo dopo, ricordo esattamente ogni parola che siamo detta, ma non la riferisco in questa sede, perché preferisco conservare il ricordo di quella conversazione e di quelle parole dove si stamparono nella mia mente.
Seguirono altri incontri, nei quali parlammo della situazione politica e del carattere dei siciliani, ma soprattutto dei libri che leggevamo. Alcuni di essi li lessi su sua indicazione. Furono per lo più libri degli illuministi. Oggi, ricordando le sue parole e i suoi giudizi illuminati, non riesco a non vedere Leonardo Sciascia come un illuminista, che con il lume della ragione guardava alla Sicilia e all'Italia e non riusciva ad accettare che il suo popolo non fosse all'altezza di dimostrarsi degno erede di una tradizione millenaria, che diede tanti esempi di eresia rispetto alle opinioni comuni, dettate dalla sola credenza.
Buon compleanno, Leonardo!
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