25 Ottobre 2020, 11:52 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Leggere Ayn Rand e l'aver trascorso gli ultimi anni ad aiutare diversi giovani, sia liceali e sia universitari, nello studio, mi hanno suggerito le riflessioni, che riporto di seguito.
Ayn Rand la creatrice di una filosofia razionalista nota come “Oggettivismo” e autrice dei best-seller “Atlas si strinse le spalle” e “La fonte”, non era una fan dell'istruzione pubblica. Ha insistito sul fatto che la scuola gestita dal governo mette a repentaglio le fondamenta di una società libera, insegnando ai bambini che sono membri inermi di un collettivo piuttosto che individui liberi con il potere cruciale della ragione. Sebbene non sia una persona che scende a compromessi con ciò che percepiva come un male, Rand ha ammesso che il governo offrisse crediti d'imposta per la spesa privata per l'istruzione come un modo per mitigare i danni complessivi della scuola pubblica, mentre utilizzava la tassazione per sostenerla.
Quando Ayn Rand si lamentava del fatto che le scuole pubbliche mettono a repentaglio l'individualismo negli studenti, non era solo preoccupata per il decadimento del suo sistema politico preferito, era letteralmente preoccupata per il bene contro il male nelle menti individuali. Gli educatori domestici, gli ultimi disertori dall'istruzione monopolizzata dal governo, sono spesso motivati dagli obblighi percepiti come protezione dello sviluppo morale dei giovani da insegnanti con programmi diversi (anche quando quegli insegnanti, sempre più raramente però, lavorano nelle scuole con buoni punteggi dei test standardizzati).
In altre parole, le preoccupazioni specificamente morali e basate sul carattere sono chiaramente alla base delle convinzioni di molte persone comuni su come i bambini dovrebbero essere educati. Prendere sul serio queste preoccupazioni non è esattamente come comprendere i diritti politici o le conseguenze utilitaristiche. Stabilire se la libertà d'insegnamento finisce per promuovere un buon carattere morale, direttamente o indirettamente, è una questione molto viva, alla quale dovremmo interessarci. Temo però che gli stessi genitori, risultato a loro volta della scuola pubblica, non siano in grado di difendere i loro figli, che corrono sui banchi a rotelle.
Un principio ineludibile che un insegnante deve seguire è il kantiano “da me non imparerete pensieri o conoscenze, ma imparerete a pensare”. Ecco a che cosa deve servire la scuola: insegnare a pensare. In questi giorni, per esempio, ho aiutato una discente a studiare gli oratori greci e mi sono preoccupato che ne comprendesse le differenze e le somiglianze allo scopo di scoprire che ogni loro fatica era il risultato del loro pensare e non della loro erudizione.
Per pensare, però, bisogna essere curiosi, per cui è indispensabile stimolare la curiosità dei giovani, non lasciandoli in balia di un'Azzolina qualsiasi, che sostenuta dai suoi “esperti” impone programmi e modalità d'insegnarli. L'insegnamento dev'essere libero e non statale. Ve l'immaginate Hume, Archimede e Einstein educati dalla nostra scuola statale? Avete un'idea di che cosa avrebbero ottenuto dal loro studio imposto con regole amministrative di una scuola pubblica politicizzata e con insegnanti sindacalizzati? Ecco, se ne avete l'idea, non potete non essere traumatizzati e preoccupati per i vostri figli!
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