16 Ottobre 2020, 14:44 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Il settore turistico è uno dei cardini dell’economia siciliana. Il turismo con il suo indotto vale un giro d’affari di 2,6 miliardi, che si ferma a 1,6 solo con il fatturato diretto. Nell’Isola, al 31 dicembre 2019, c'erano 1.333 hotel per un totale di 123.716 posti letto, ma le aziende del settore ricettivo (inclusi dunque camping, residence, bed and breakfast, affittacamere e tutte le altre declinazioni dell'extra-alberghiero) sono in tutto 7.648, per un totale di 207.134 posti letto. Eppure, nonostante questa offerta, nel 2020 il turismo ha subito un vero e proprio tracollo. Secondo la stima a consuntivo dell’istituto Demoskopika, da gennaio ad agosto la Sicilia ha perso 2,2 milioni di arrivi e 6,8 milioni di presenze, con un calo rispetto allo stesso periodo del 2019 che si aggira intorno al 60 per cento (meno 59,9 sugli arrivi, meno 61 sulle presenze): il dato fa dell’Isola la seconda Regione d’Italia per perdite dopo il Veneto, con un tracollo che non è stato compensato dal “rimbalzino” estivo.
Turisti stranieri quasi assenti. Una mancata spesa di circa 13 miliardi di euro, solo nei mesi di luglio-agosto e settembre, precisamente, conti alla mano, 13 miliardi e 734 milioni di euro. Lo si legge in una nota di Confcommercio. Quasi l'80% in meno le presenze negli hotel a 5 stelle, in particolare mancano all'appello soprattutto i turisti stranieri (-91,2%) che per le strutture di alta gamma costituiscono la componente principale della domanda.
E fra i turisti stranieri mancano soprattutto gli Americani e i Russi, che avevano scelto la Sicilia, e Taormina e Cefalù in particolare, generando in queste due località un calo tale da ridurne a un terzo le presenze negli alberghi.
Per Federalberghi, del resto, giugno, luglio e agosto sono andati bene ,ma non benissimo. A giugno le presenze segnavano un meno 79,9 per cento di italiani e 98,7 degli stranieri, a luglio meno 33,8 di italiani e meno 84,2 di stranieri, ad agosto meno 15,7 di italiani e meno 75,6 di stranieri. “Numeri che non confortano le imprese e i lavoratori – aveva detto aprendo la convention di Federalberghi di fine settembre il presidente regionale dell’associazione, Nico Torrisi - Attendiamo una grossa presa di coscienza da parte del governo nazionale, delle amministrazioni comunali e regionali nei confronti di un comparto che ha vissuto il momento più critico della storia degli ultimi cinquant’anni”.
Se si tiene conto che la pandemia, oltre alle perdite di vite umane, ha rallentato l'economia dei Paesi abituati agli spostamenti turistici, le stesse previsioni per il superamento della crisi del turismo nel prossimo anno, con la fine dell'epidemia, non possono definirsi rosee. È sperabile un miglioramento dei dati rispetto al 2020, ma certamente tale miglioramento non potrà segnare un ritorno al pieno ritmo degli ultimi anni.
E’ un bollettino con numeri che fanno persino più paura di quelli relativi ai contagi da Covid. In Sicilia si parla di qualcosa come 75mila posti persi.
Le misure fin qui adottate hanno avuto l’effetto di pannicelli caldi, ma ora che l’illusione di una emergenza breve sta sfumando, ora che si mette sempre più a fuoco che la convivenza con il virus sarà lunga più di quanto le spalle delle nostre piccole e medie imprese possono reggere, appare quanto mai chiaro che serve molto di più di quanto fatto finora.
È evidente che qualunque proposta di soluzione ha la necessità della condivisione dei responsabili politici regionali e comunali, i quali dovrebbero già da sé trovare le soluzioni. Sembra però che non ne siano capaci.
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