25 Febbraio 2020, 16:12 - Giuseppe Maggiore [suoi interventi e commenti] |
A TU PER TU
(riflessioni in punta di penna su due autori ed i loro testi e su una nuova creazione stilistica…)
Fotografie di Antonio Barracato
Sabato 22 febbraio, alle 16,30, nella Sala delle Capriate del nostro Comune, luogo ormai deputato allo svolgersi di fastosi eventi tendenti alla promozione della cultura, incontri consentiti e visti di buon occhio dalla lungimiranza del Sindaco della città Rosario Lapunzina e dal suo quorum istituzionale, Capisaldi ai quali vengono avanzate le relative richieste dai nostri artisti interessati, si è svolto un simposio per la presentazione di due romanzi di autori diversi.
A dire il vero nella scaletta ufficiale della serata i romanzi dovevano essere tre; ma poi, tuttavia, così come avviene nella vita, che l’uomo propone ed il caso (per non citare altri) dispone, all’ultimo momento il terzo scrittore, Francesco Gemito, si è dovuto ritirare per motivi familiari; e così, per turare il buco creatosi, ipso facto, il libro di quest’ultimo è stato sostituito con la presentazione del nuovo diagramma poetico “Corto – Poesia Italiana e Ipseità dell’Io”, metrica inventata e portata avanti a cura dello stesso Antonio Barracato e di Dorothea Matranga, poeti e scrittori entrambi.
La cultura non difetta: trionfa, fulgida ed adamantina, e pervade tutte le classi sociali (ammesso che ancor oggi esistano distinzioni in classi fra gli esseri umani. I vari inquadramenti sono un retaggio dei tempi che furono, medievalismi ancestrali rimasti solo concettualmente nel presente).
A iersera, dunque!
Avvicendamento culturale di temi, stili e personaggi.
Due letterati in sintonica comunione artistica con due testi ben precisi ed un terzo nucleo (Barracato-Matranga) con una nuova idea, con una nuova invenzione letteraria, con una nuova formula elegiaca: la corto-poesia.
In buona sostanza: tre autori a confronto.
In ordine alfabetico: Barracato, Billeci e Barracato & Matranga.
I testi presentati, due: rispettivamente: “Verità celate”e “Il contatore dell’amore”.
“Dalla polvere da sparo all’inchiostro” di Francesco Gemito, prima in programma, come sopra scritto è stato tolto dalla lista.
Due culture diverse, ordunque, due sensibilità differenti, due esperienze dissimili dànno luogo a due espressioni letterarie diseguali nel contenuto, ma in cui, tuttavia, le tematiche, frutto di duplici intuizioni ben distinte, risultano, si, eterogenee, ma complementari.
Un binomio, un distico umano, un convegno dualistico, insomma, seppure una terna d’autori, come prima prefissato, sarebbe stata più opportuna, dal momento che, come si dice, ciò che è trino è perfetto.
Comunque la terna, la triade, il trialismo o quant’altro s’è raggiunto lo stesso con l’apporto finale fornito da Barracato & Matranga per la cennata nuova invenzione metrica.
Comunque!
Utile un raffronto; perché la comparazione è approfondimento, è valutazione introspettiva dell’humus interiore di caratteri creativi; è sinonimo di crescita, di incremento, di individuazione, di reciproco scambio culturale.
Il “cedere”, l’ “elargire” parte di sé, del proprio “Io”, del proprio sapere, del proprio modo di pensare, di vedere le cose e di comportarsi in relazione, l’ “aprirsi”, il “rivelarsi”, l’ “esporsi”, non è mai concettuale depauperamento della propria intima substantia, ma collima e si sublima col “ricevere”, col far posto all’interscambio spirituale necessario per un proprio più approfondito arricchimento.
“Verità celate”, quindi, di Antonio Barracato. Testo di piacevole lettura che impegna per lo spazio temporale di alcune ore; sunto che rispecchia una delle più problematiche idiosincrasie che la moderna società porta ineluttabilmente con sé: il malessere sociale, emblema di una malapolitica amministrativa spesso ricorrente.
Ne ha disquisito il coacervo dei Sigg. Relatori, composto, oltre che dallo stesso Barracato che ha aperto inizialmente i lavori presentandone i componenti, dall’Archeologa Prof.ssa Maria Teresa Rondinella, per più versi culturalmente conosciuta ed apprezzata, detentrice di incarichi di prestigio in ambito associativo-culturale nonché attenta critica letteraria, dalla Prof.ssa Santa Franco, Insegnante e feconda scrittrice di merito, poetessa vernacolare anche lei molto impegnata (e da sempre) nel sociale. La Stessa ha condotto un discorso esegetico a largo raggio sull’opera di Barracato mettendone in risalto le peculiarità più espressive.
A seguire ha preso la parola il Prof. Pino Simplicio, Preside emerito di pubbliche scuole, speaker di vaglia in occasionali dimensioni agonistiche od in quant’altre corali manifestazioni, già facente parte del Direttivo della Fondazione Culturale Mandralisca, il quale si è capillarmente attardato sulla linea narrativa del romanzo non mancando di sottolineare tutti i momenti salienti della synopsis focalizzata.
Alcuni brani dell’opera sono passati in lettura grazie alla versatilità recitativa della nota ed apprezzabile attrice Giusi De Pasquale.
Al termine la Prof.ssa Miriam De Luca si è profusa in un conciso intervento, molto stringato e delucidativo, stigmatizzando l’autore e la sua opera e lodandone l’inventiva del costrutto e la parafrasi morale da essa derivante.
Ha concluso la performance introduttiva relativamente al volume di Barracato la Prof.ssa Dorothea Matranga, indiscussa poetessa di vaglia e fautrice, assieme al sunnominato, della “Corto poesia”, di cui nel prosieguo, nonché fattiva collaboratrice del predetto “Cenacolo Letterario Via XXV Novembre”.
La vicenda del romanzo s’impernia su un personaggio chiave che si ribella al malaffare di certe logiche di potere in un paesino della Sicilia e che, col suo attivo ed instancabile interessamento non privo di ostacoli, profuso in mezzo all’indifferenza ed alla atarassia quasi generale ma sostenuto da un amore sorto e sbocciato nel contesto di quella comunità, alla fine sventa il marchingegno affaristico di un nucleo direttivo bacato riuscendo a farne espellere le mele marce.
Questo il plot. La conosciuta lotta fra “buono” e “cattivo” nella quale il primo di solito alla fine prevale.
In buona sostanza il testo, redatto senza fronzoli letterari ma con un linguaggio semplice ed efficace, licenziato alle stampe nello scorso anno per i tipi di Edizioni Croce, tratta del coraggio che tutti dovremmo avere per liberare dalla corruzione la società in cui viviamo.
Un invito? Un incitamento? Una parabola? Un indirizzo di vita? Tutto e niente allo stesso tempo: soltanto un apprezzabile discorso per invogliare ciascuno ad esperire un severo autoesame di coscienza inteso a spingerlo ad adoprarsi per il bene comune.
Barracato (Cefalù 1957), l’Autore, lo conosciamo bene, noi del comprensorio; ma è conosciuto anche bene ed apprezzato in ambito culturale nazionale, come ne fanno fede i più di 300 premi dallo Stesso conseguiti durante il suo recente ingresso (appena da quattro anni) nel ramo letterario italiano.
A questo punto, per parlare dell’altro scrittore di cui in premessa, il quorum dei precedenti Relatori viene sostituito da un nuovo parterre composto: dall’autore del nuovo romanzo, Billeci, da Antonino Causi, da Antonio Barracato e da Pietro Pinzarrone che ha letto dei tratti del testo.
Francesco Billeci (Borgetto 1973), scrittore e poeta prolifico, sceneggiatore, commediografo ed anche documentarista, vanta una vastissima produzione letteraria dalla quale ha lucrato una miriade di ambiti riconoscimenti.
Col suo romanzo “Il contatore dell’amore” (edizioni Croce) mette a nudo con dovizia di particolari le esperienze sessuali di una giovane donna che sul lettino di uno psicanalista confessa tutto il suo vissuto.
Testo introspettivo che rivela una volontà d’indagine, portata avanti con intuitiva partecipazione, su una caratteristica patologìa di un personaggio femminile che, per contigue contingenze, ha intrapreso e seguìto un suo particolare modo di vivere.
Billeci, che sicuramente avrà letto ed assorbito gli assiomi de “L’amante di Lady Chatterley” di D. H. Lawrence, sostiene che quanto ha scritto proviene da una confidenza fattagli da una certa donna sconosciuta incontrata per caso in una stazione ferroviaria.
Sciolto iI linguaggio ed il periodare, il libro si legge con interesse e gli spunti in esso contenuti formano oggetto di attenta riflessione.
La diversità degli stili nei due testi, l’intima linfa sociale che serpeggia fra le righe dei lessici, il sapore veridico dei casi sociali presentati fanno emergere, ponendoli in primo piano, le univoche pulsioni creative dei due scrittori.
Esperite onorevolmente le disamine sui due libri da parte dei competenti Relatori ed a conclusione dell’incontro, come preannunziato sopra La Prof.ssa Matranga, coadiuvata nella lettura di alcune poesie redatte con la nuova formula da una brava Gina Giaccone e, successivamente, dallo stesso Barracato, ha delineato le caratteristiche che connotano questa innovazione metrica denominata corto-poesia, elaborato movimento culturale d’avanguardia inventato, appunto, dai due summenzionati artisti.
Gli Stessi (Barracato/Matranga), nel loro libro intitolato, come sopra riportato, “Corto-Poesia Italiana. Ipseità dell’Io”, licenziato alle stampe nel corrente anno per i tipi di Edizioni Billeci, spiegano a proposito di questa nuova forma d’arte: “… la cui struttura in tre versi, seppur di diversa lunghezza, non può che far pensare alla poesia orientale dello haiku sebbene, al di là di questo aspetto, non abbia molto da spartire…”. In essa “… si apprezza la tensione morale, l’impronta decisamente umana del poeta volta a una compartecipazione di esperienze, di partecipazione attiva, in altre parole di impegno umano e civile…” (sic).
A dire il vero, questa particolare innovazione culturale che indubbiamente onora l’inventiva dei suddetti autori che l’hanno pensata e portata avanti operando il gemellaggio tra Cefalù e Bagheria, rispettivamente patrie di entrambi, attesi i miei modestissimi limiti intellettivi e tenuto conto che io mi sono fossilizzato sui classici, mi lascia alquanto perplesso.
La natura tecnica del carme, per me ermetica (ed io sono per le cose semplici, palpabili, individuabili a primo acchito) mi riporta all’incomprensione dell’inusuale costrutto che recita “… una delle forme in cui l’agnosticismo si eleva a condizione naturale di pensiero è la catarsi del concetto reale dell’essenza…”
Comunque, io non faccio testo, mi ritengo un parvenu, lascio, quindi, agli altri, di me più acculturati, la comprensione del logos poetico dianzi esposto.
Alla serata, presentata sotto il patrocinio del Comune di Cefalù, ha partecipato un folto e scelto pubblico fra il quale la sempreverde Salvina Mirenna, che alla innata grazia che la contraddistingue unisce la competenza di esperta fotografa, non ha mancato di alacremente aggirarsi con la sua fida macchina fotografica documentando i tratti salienti dell’evento.
Fra i presenti non ho potuto fare a meno di notare, perché a me vicine, le gradite presenze dell’Avv. Antoniella Marinaro, componente del corpo istituzionale del nostro Comune, personaggio di spicco nel panorama politico cefaludese ed insigne esponente dell’high society culturale nel comprensorio, dell’insegnante, poetessa e scrittrice Antonietta Castelli, i cui delicati versi sono sinonimo di un animo sensibile e gentile proteso all’intrattenimento di rapporti cordiali, e della Sig.ra Sylvia Patti, insostituibile icona nei culturali eventi al Santa Caterina nonché personaggio di spirito la cui risata argentina determinata da una facezia ne riporta il sembiante ai suoi vent’anni; gineceo, il descritto, in cui mi son fortunatamente venuto a trovare mentre, comodamente assiso, ho seguito gli interessanti interventi dispiegati nella serata.
Poco lontano da me, ho notato anche la poetessa Rosaria Lo Bono, di Termini Imerese e la gradita presenza d’altri apprezzati conoscenti di cui (Voi non mi crederete) al momento non ho memoria del nome, per la qualcosa mi scuso.
Cefalù 25 Febbraio 2020
Giuseppe Maggiore
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