29 Gennaio 2020, 10:06 - Italo Piazza [suoi interventi e commenti] |
Ho da poco terminato di leggere il libro postumo di Rosario Ilardo sull'antica cappella di San Biagio nell'agro più appartato di Cefalù (Marsala editore), che è stato presentato lo scorso 23 novembre 2019 negli spazi espositivi dell'Ottagono di Santa Caterina, evento culturale che ha suscitato una corale partecipazione di pubblico, giusto e doveroso omaggio tributato all'uomo, al cittadino, allo studioso.
A corredo, una splendida mostra fotografica curata nei dettagli dal M.A.S.C.I. di Cefalù sugli affreschi della cappella e sugli avanzi di quelli che un tempo furono gli ambienti della grancia e dell'antico cenobio, prima benedettino e poi domenicano.
È una lettura che raccomando caldamente a tutti coloro che amano Cefalù e le sue meraviglie, alcune note, altre meno, ma tutte in attesa, forse troppo, di essere valorizzate e rese pubblicamente fruibili. È un lavoro stimolante, che appassiona, che incuriosisce, che tocca le corde dell'anima sino alla commozione, che ci catapulta in un mondo fascinoso - quello degli Ordini religiosi e quello agreste e bucolico delle campagne dei nostri padri - un mondo che non c'è più, ma che l'autore, magistralmente, ci fa rivivere, desiderare, quasi toccare con mano.
Con queste mie poche righe, però, non intendo entrare nel merito delle questioni storico-artistiche prospettate dall'Autore, questioni, peraltro, già ampiamente indagate dagli autorevoli relatori che si sono alternati il giorno della presentazione del libro. Qui, invece, l'occasione mi è propizia per portare all'attenzione dei lettori e, soprattutto, delle giovani generazioni, alcuni tratti salienti della poliedrica personalità dell'Autore, che ho avuto modo di sperimentare e apprezzare in più circostanze, essendo a lui legato da profonda e fraterna amicizia, anche per via della comune militanza tra le file del M.A.S.C.I. di Cefalù.
In primo luogo, mi sovviene la sua capacità di discernere, in verità un dono, più che una capacità tecnica: l'esercizio laborioso e paziente del discernimento era, per Saro Ilardo, un passaggio obbligato da seguire sempre e ovunque, tanto nella vita pubblica e privata, quanto nella sua professione e nella sua passione per gli studi antiquari. In quest'ultimo caso, in particolare, egli era capace, come pochi, di leggere e interpretare, con forte senso critico, le diverse situazioni storiche, le loro dinamiche, le loro cause e i loro effetti, scendendo in profondità, cogliendo i segni di novità e contestualizzando gli avvenimenti. Conoscendo bene l'uomo e l'autenticità del suo essere cristiano, non ho difficoltà nel dire che prima ancora che di un'operazione intellettuale, si trattasse di un'operazione spirituale: «il discernimento nella forma più piena e autentica, è un atto compiuto nella luce dello spirito, secondo la misura della fede».
In secondo luogo. mi preme evidenziare un aspetto molto caro al mondo dello Scoutismo, alla cui scuola Saro Ilardo è cresciuto e maturato. Mi riferisco alla "tensione solidale" che lo animava: ogni occasione, ogni manifestazione, ogni iniziativa, era buona per pensare concretamente agli altri, a coloro che vivono nel disagio e nella sofferenza. E lo ha fatto concretamente, con riservatezza e discrezione, tanto da uomo pubblico (da Sindaco di Cefalù, agli inizi degli anni Settanta, devolveva per intero la sua indennità alle classi sociali meno abbienti), quanto da semplice cittadino, singolo o associato: come avvenuto in altre analoghe circostanze, era suo desiderio devolvere l'utile ricavato dalla vendita del libro sulla cappella di San Biagio ad un'associazione di volontariato che operasse nel sociale. La comunità M.A.S.C.I. di Cefalù ha rispettato appieno il suo volere.
Per ultimo, mi piace fare cenno ad un'immagine quasi d'altri tempi: la edificante consonanza di idee e di intenti col figlio Lorenzo, che lo ha sempre affiancato nelle sue laboriose e dispendiose ricerche storiche e archivistiche, che lo ha sempre sostenuto nei momenti di scoramento, che lo ha sempre amorevolmente sorretto e accompagnato nella malattia: ormai cieco, per via di una grave forma di maculopatia bilaterale, Saro Ilardo continuava a vedere Cefalù e le sue meraviglie, non solo con gli occhi di suo figlio, ma anche con gli occhi dell'anima...
Italo Piazza
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