20 Gennaio 2020, 22:28 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Sono stanco di sentire le mirabolanti dichiarazioni dei peggiori politici che l'Italia abbia avuto negli ultimi anni: 1.000.000 posti di lavoro di Berlusconi; quota 100 creatrice di posti di lavoro per i giovani di Salvini; la politica economica di Di Maio con le più incredibili promesse di nuovo miracolo economico; le altre promesse del PD; la baldanza dei sindacati, che nessuno capisce più chi difendono. E poi le settimane corte, i posti di lavoro precari, le tasse decise contro chi produce. E che cosa abbiamo in effetti?
Che il Paese sia fermo e stia addirittura scivolando in recessione lo certificano alcuni dati dell’Istat e della Banca d’Italia: la curva del Pil è inchiodata in prossimità dello zero (+0,2); quella della produzione industriale è negativa (-0,6 su base annua); le esportazioni nell’Unione europea sono ulteriormente diminuite (-4,2 su base annua) e ancora di più sono diminuite quelle in Paesi extra Ue (-8,1).
E che cosa fa il popolo di fronte a questa situazione? Discute di immigrati, ascolta senza batter ciglio i politici nei talk show e i giornalisti genuflessi come se fossero dei, se Salvini deve essere processato o no! Una buona percentuale di questo popolo continua a ritenere una soluzione responsabile e razionale astenersi dal votare o dal parlare di politica, come quegli studenti che non aprono il libro di matematica, perché a loro la matematica non piace proprio, non capendo che forse è colpa loro non interessarsene, non avendo sufficiente cervello per ragionare.
Anche la Germania in questi due ultimi mesi ha subito un ribasso. In questa strana gara al ribasso, però, la cosa più importante è un’altra. Mentre loro, nel 2020, si potranno permettere massicci interventi di finanza pubblica, per avere fin qui accumulato un debito molto basso, così da provare a rilanciare produzione e consumi, noi non abbiamo carte da giocare perché già utilizzate tutte in politiche di bilancio scriteriate e puramente demagogiche.
La nostra economia è potenzialmente robusta, ma poggia i suoi piedi, pur vigorosi, su un terreno argilloso, che la fa traballare. Terreno in larga misura coincidente con il disastroso assetto del debito, con una spesa pubblica crescente e prevalentemente improduttiva, con un sistema tributario opprimente, con una giustizia spesso inefficiente e paralizzante, una burocrazia soffocante, con infrastrutture vecchie e inadeguate, con un sistema energetico in proprio quasi inesistente, un sistema giuridico rimasto sostanzialmente fermo ai tempi dei romani, un sistema di accesso al credito tra i più chiusi fra quelli delle economie avanzate, con programmi di istruzione scolastica e universitaria ancora troppo distanti dal mondo produttivo, con investimenti in ricerca e innovazione tecnologica ridotti al lumicino; concause, tutte queste, proprio, del traballio del sistema economico e della scarsissima crescita della produttività.
Devo continuare? E per chi dovrei continuare? Per quelli che s'interessano di una partita di calcio? Per quelli che raccomandano i loro figli per una promozione immeritata? Per quelli che hanno trovato nei migranti un capro espiatorio? No, non voglio continuare in questa inane fatica. Sarebbe troppo triste lottare da solo e non produrrebbe alcun risultato.
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