30 Maggio 2013, 02:46 - Pino Lo Presti [suoi interventi e commenti] |
Ci scusiamo per il notevole ritardo nella pubblicazione del resoconto di questo importante evento per la nostra città ma a causa della pessima acustica della sala la nostra registrazione audio è risultata inservibile. Incredibilmente ci sono state opposte (non certo dagli organizzatori) difficoltà, nel fornirci copia di un audio utile (da chi lo aveva ottenuto), che tuttavia, alla fine, siamo riusciti a superare (Pino Lo Presti).
L’Autore, il dott. Rosario Ilardo
Soltanto alcuni bevi cenni esplicativi sulla mostra, per meglio interpretarne il senso, il significato, le finalità.
Come prima cosa, però, avverto il bisogno di dedicare questa mostra - avendone avuto il consenso dalla Comunità MASCI di Cefalù - all’adulto scout Enzo Pedi, tornato alla casa del Padre appena quattro giorni addietro, Scout da giovane, Scout da adulto, Scout per sempre.
Questa “piccola” mostra fotografica sulla Rocca di Cefalù, curata ed allestita, con grande dispendio di energia e di risorse, dal MASCI di Cefalù - una “piccola” realtà associativa di adulti scout, che opera attivamente in città e sul territorio ormai da un decennio - non ha pretese o velleità artistiche, anche se, a dire il vero, gli scatti di Pino Lo Presti, le foto d’epoca di Sandro Varzi e Pippo Glorioso, l’archivio storico AGESCI, autorizzerebbero a fregiarsi del titolo di “mostra d’arte”.
Questa mostra, invece, persegue finalità diverse.
Una mostra, di solito, “chiude” una fase di lavoro, archivia, mette agli atti.
Questa mostra, invece, è stata pensata per “aprire” un discorso, per risvegliare la nostra attenzione (sovente sopita), per stimolare o provocare il nostro senso estetico e critico, per rafforzare il nostro legame di appartenenza, per recuperare la memoria e le testimonianze del passato, ai più, ancora oggi, sconosciute.
Ecco, allora, le foto, inedite, dello scarabeo egizio “del cuore”, ritrovato sulla Rocca tra la fine del 1939 e gli inizi del 1940, oggi gelosamente custodito presso il Museo archeologico regionale “Antonio Salinas” di Palermo, reperto su cui i relatori, di certo, si soffermeranno.
Ecco le foto che documentano il triste stato di precarietà e di incuria in cui versano alcune delle emergenze archeologiche della Rocca, dalle mura di cinta, alle grotte, alle cisterne. Ma anche le foto che testimoniano quanto ancora sia lontano dal lambire le soglie della civiltà il nostro comune atteggiamento nei riguardi dei BB.CC. e AA., che gridano rispetto e tutela a tutti i livelli.
Ecco le foto che evidenziano le peculiarità geologiche, floristiche e faunistiche della Rocca, per molti aspetti uniche.
Ecco le foto che documentano storicamente le prime pioneristiche esplorazioni delle grotte da parte del gruppo Scout di Cefalù: quella delicata ed elegante testina fittile del IV-III sec. a.c., ho avuto il piacere di cullarla tra le mie mani, scoprendola, insieme ad altri giovani e intraprendenti scout - oggi qui presenti -, sul fondo della “Grotta delle giumente”, intorno agli anni ’50 del secolo scorso.
Ecco, ancora, le foto che ripropongono suggestive tavole cartografiche e pittoriche di incisori ed artisti di ieri e di oggi, tutti ispirati e calamitati da questo “aspro, maestoso, impervio macigno, dominatore dei furori del Tirreno”.
Ma, questa mostra si propone di raggiungere un’altra “superiore” finalità, che trascende tutte le altre. Non a caso abbiamo pensato di intitolarla, emblematicamente, “Per visibilia ad invisibilia”, perchè tutto l’habitat della Rocca - come felicemente ha scritto mons. Salvatore Cefalù nel suo contributo “La carezza amorevole di Dio” - “... è specchio dell’amore perfetto di Dio, è riverbero dell’infinita bontà del Creatore, è un canto di Dio e a Dio, sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene”.
Scopriamo, quindi, la Rocca lentamente, passo dopo passo, con fatica e desiderio, incamminandoci, come pellegrini, lungo la Via della Bellezza e della Pace. Solo così la nostra salita si tramuterà in “ascesa”, diventerà - per dirla con Santa Teresa d’Avila - “Itinerarium animi”, un cammino orante che “dalla prima dimora” prosegue verso la “settima dimora”, là dove regna il “Signore del Castello”, cioè Dio, mèta ultima della vita interiore.
Vi auguriamo, allora, Buona Strada sulla Rocca e nella Città.
Prof. Alessandro Musco (Moderatore) Titolare di Storia Medievale all’Università di Palermo e Presidente dell’Officina di Studi Medievali editrice dell’Opera.
L’immagine dello scarabeo, di cui ha parlato - e che trovate in fondo, nel pannello di ingresso - è uno dei misteri che ancora rimane largamente irrisolto di questa Rocca di Cefalù; di come sia stato possibile che questo incredibile manufatto trovato sulla Rocca e sia conservato - come ha detto il dott. Ilardo - presso il museo Salinas, in una cassaforte dove “loro” neanche lo sapevano di averlo, perché alla Regione siciliana tutto e “molto riservato”).
Parliamo di un oggetto di incredibile valore. Non è stato possibile esporlo - come noi speravamo - per via di una procedura che rende più facile mandare un intero tempio in un paese lontano che un piccolo oggetto a così poca distanza.
Nella occasione della richiesta, avanzata dal dott. Ilardo, di visionarlo il direttore ha scoperto di avere nel suo museo questo oggetto.
Se vi fosse a Cefalù uno spazio adeguato, pregherei il Sindaco di intervenire perché è una cosa preziosa che, per esempio, nel periodo estivo, di grande afflusso, potrebbe essere esposto. Pregherò anche il presidente del Parco delle madonie di intervenire.
Farò anche una ascesa a Santa Rosalia (che è sempre risolutiva in questi casi), e può darsi che avremo la possibilità di poter esporre qui - con tutte le sicurezze necessarie, naturalmente - questo oggetto di così particolare fascino.
Rimane da capire come sia stato possibile questa vicenda; è questo uno dei misteri storici, culturali, archeologici, che permangono attorno alla Rocca di Cefalù.
Per la verità, Cefalù, per “misteri” non ha “babbiato” mai; non solo in tempi antichi ma anche recenti e contemporanei.
Rosario Lapunzina, Sindaco di Cefalù.
Accetto l’invito a farmi promotore presso l’assessorato ai BB.CC., per la possibilità di avere qui, a Cefalù, questa preziosità. Devo dire che c’è un vantaggio, perché sia l’assessore ai BB.CC. - che io ho avuto qui alla Fondazione Mandralisca -, sia il dirigente generale dei BB.CC. - che io conosco personalmente da anni -, sono persone che hanno sensibilità mature e conoscenze adeguate, tali per cui sanno di cosa parliamo.
Desidero ora rivolgere il mio saluto a tutti voi e, al contempo, sono lieto d’esprimere, a nome della città, il vivo compiacimento per la pubblicazione di un’opera di grande valore culturale e di estrema importanza per la identità della nostra città.
La fatica letteraria del dott. Ilardo è il frutto di lunghi anni di studio e di paziente ricerca, ma soprattutto è un atto d’amore nei confronti di Cefalù, del grande patrimonio storico, culturale e ambientale che essa possiede.
Ho avuto modo di constatare che il volume contiene un duplice pregio: coniuga l’esposizione appassionata di argomenti - propria di chi sente un forte legame emotivo con l’oggetto della propria ricerca - e la lucidità, la razionalità, l’accuratezza proprie dello studioso che riesce ad esporre in maniera chiara e limpida le argomentazioni, frutto di un duro e certosino lavoro di documentazione e di ricerca.
Pensare di scrivere un’opera che racchiude in sé la molteplicità di aspetti di cui si compone la rocca di Cefalù (dalla geologia, alla botanica, all’archeologia) rappresenta una sfida molto alta ma che l’autore ha saputo vincere in maniera brillante. D’altronde la complessità delle sfaccettature necessarie per descrivere e comprendere la storia e l’unicità della nostra rocca sono simili a quelle umane e materiali che costituiscono l’essenza stessa della nostra città. Penso perciò che sia metafora efficace, e simbolo stesso - insieme alla maestosa mole del Duomo normanno - , della nostra città.
Pensare di conoscere bene Cefalù senza conoscere la Rocca è impresa vana. Dunque, l’Autore, aiutandoci a conoscere meglio e ad apprezzare con un occhio più attento la meravigliosa rupe che sovrasta il nostro abbitato, ci aiuta a comprendere meglio l’anima più autentica della nostra città.
Cefalù infatti è inscindibile dalla Rocca perché essa, allo stesso tempo, la sorregge, la sovrasta, proteggendola, custodendola ma soprattutto la costituisce; perché il centro storico, le sue case, i sui marciapiedi, le sue chiese sono stati costruiti in gran parte con la sua pietra: con quella ”lumachella” che la rende unica.
Quindi, concludendo, ritengo di dover porgere un autentico ringraziamento al dott. Ilardo per tutto ciò che la sua fatica editoriale ci permette di raggiungere.
Grazie per averci aiutato a comprendere meglio la nostra storia.
Grazie per averci fatto apprezzare con uno sguardo più attento l’unicità del luogo nel quale viviamo.
Grazie per tutto ciò che la sua opera potrà fare per indurre i figli di questa terra, e soprattutto i giovani, ad amare e rispettare il grande patrimonio che la natura e le generazioni passate ci hanno trasmesso.
Abbiamo il compito di custodire, valorizzare e trasmettere questo enorme patrimonio di natura, di cultura alle future generazioni.
Io ho iniziato, già da consigliere comunale, a far approvare in Consiglio un Regolamento per l’affidamento dei Beni, nel settembre del 2010. Sto proseguendo sulla stessa strada.
Come primo atto ho fatto approvare la istituzione della tariffa per le visite sulla Rocca perché si avvii nelle prossime settimane la sua messa al reddito, che non sarà fine a se stessa, perché noi non vogliamo evidentemente farlo per una questione esclusivamente economica ma perché vogliamo valorizzarla. Non intendiamo assolutamente metterla a reddito per una questione di business ma per ricavarne dei fondi da utilizzare per una sua migliore conservazione e cura.
Voglio pure annunciare che è intendimento della mia Amministrazione proseguire nel consolidamento della parete della Rocca. Abbiamo chiesto un finanziamento di € 1.600.000; il Presidente Crocetta si è impegnato in tal senso. Nella prossima settimana, ho un appuntamento con il Commissario alle emergenze, dott. Croce, perché penso che anche da lì possano arrivare dei fondi utili a questo obiettivo. Tutto questo perché è giusto che si faccia.
E, non è un annuncio che faccio qui soltanto perchè c’è l’occasione di parlare della Rocca ma perché è giusto che la Rocca venga salvaguardata, ed è per questo che abbiamo deciso di tenere fuori dalla Rocca anche il punto di ristoro che starà ai suoi piedi, prima ancora della scalinata.
Prof. Antonio Franco, Presidente del Consiglio comunale di Cefalù.
Questa sera siamo intorno al dott. Rosario Ilardo per una sua fatica di dieci anni, di impegno, di studio, di raccolta di materiali - molti dei quali anche inediti -.
E, per questo, come innamorati della nostra città - ma direi di più: come studiosi del territorio e della storia di Cefalù - gli siamo senz’altro riconoscenti.
Un saluto affettuoso ad una persona che certamente non scopriamo stasera, che ha lasciato un segno importante nella nostra città per il suo impegno politico, sociale e che dimostra, ogni giorno, l’entusiasmo di un giovane nel motivarsi su nuovi sentieri della conoscenza, su nuove liste di ricerca. Il suo è anche un impegno di testimonianza su quale deve essere l’approccio umile, devoto alla cultura della nostra terra.
Credo che Rosario Ilardo rappresenti, per molti di noi, più giovani, che sono cresciuti in questi anni nelle professioni, nella cultura, nell’impegno sociale nella nostra città, una testimonianza da cui prendere esempio; a cui i suoi consigli, la sua lucidità, le acute riflessioni - che ci consegna questa sera con la sua fatica -, debbano servire da riflessione e da monito anche per il futuro.
Credo che il lavoro di questa sera abbia richiamato la presenza di così illustri relatori - che ringraziamo perché onorano nostra città con la loro presenza e con le loro riflessioni - e un così grande concorso di cittadini e no, non solo per la riconoscenza e la testimonianza al dott. Ilardo ma perché già dalle prime presentazioni, da quello che è trapelato, questo libro si comprende che è un’opera importante per la storia della nostra città, perché essa sia conosciuta, perché essa sia pienamente vissuta, sia dai cittadini di oggi che - auspichiamo - soprattutto dai cittadini di domani.
È una testimonianza preziosa. Io l’ho avuta in anteprima - e ringrazio l’Autore per questo -, e, per deformazione professionale, l’ho immediatamente guardata dalla fine, cioè dall’apparato delle fonti, della bibliografia, di tutta quella documentazione che chi, come il sottoscritto, condivide un percorso di ricerca universitaria, di studi sul nostro territorio per quanto riguarda la storia antica, non può che immediatamente notare.
La straordinaria lunghezza della bibliografia e dell’indice dei nomi, rende ragione anche di un lavoro meticoloso; un lavoro ponderoso, faticoso, frutto di un grande impegno. Con imbarazzo - nella versione buona - ringrazio il dott. Ilardo perché sono parte di questo libro: come studioso della nostra città, il dott. Ilardo ci ha fatto un grande dono per avere preso in considerazione uno dei miei studi ed altre riflessioni che sono contenute in varie pubblicazioni che ho presentato anche nella nostra città.
Credo che stasera, da Presidente del Consiglio comunale, non posso che interpretare la volontà e il plauso dei rappresentanti di questa città per avere organizzato questo momento, nel quale ci si confronta sul più grande bene della nostra città. La Rocca ne rappresenta il bene più prezioso; è un contenitore di tutte le sue ricchezze, e un contenitore di tutta la sua storia. Più volte abbiamo riflettuto sul fatto che la Rocca è anche un po’ “nostra madre” perché da quella pietra sorgono le radici della nostra città, da quella pietra sono nati anche gli altri suoi monumenti. Senza quella pietra, la nostra città non avrebbe neanche quel nome che ha, perché il nome di Cefalù è appunto la immediata ripresa dell’immagine della Testa, rappresentata da quella “eccelsa rupe”.
Quindi grazie, un sentimento di affetto e di riconoscenza nei confronti del dott. Ilardo per avere, anche con grande sensibilità, accompagnato alle parole, le immagini. Perché viviamo in una società complessa, in cui la comunicazione si fa in modo altrettanto complesso, ed è merito del dott. Rosario Ilardo l’avere compreso pienamente il valore di questa duplice comunicazione: quello della parola scritta e quello della parola che nasce nei nostri cuori dall’osservazione delle immagini. E, questo credo che sia una ulteriore qualità che l’Autore e il libro hanno.
Ecco, questo, credo, sia un inizio perché abbiamo bisogno degli stimoli, delle indicazioni, delle riflessioni che sono contenute in questo volume.
Mi farebbe molto piacere che questo volume passasse, anche come presentazione, nelle scuole della nostra città per fare in modo che i più giovani possono avere un ulteriore elemento di riflessione, di analisi, per conoscere il proprio territorio e comprendere quanta importanza abbia la micro-storia di Cefalù nella macro-storia della nostra Regione e del Mediterraneo.
Alessandro Musco
Ringrazio Toni Franco per queste sue parole. Tra l'altro Antonio Franco, insieme ad altri, Valeria Calandra, Salvatore Cefalù, Pino Lo Presti, Pietro Lunardi e i compianti Nicola Imbraguglio e Domenico Portera, hanno contribuito a questo volume con alcune loro pagine, scritta ognuna secondo il proprio taglio personale; contributi preziosi che hanno ulteriormente arricchito il volume e che quindi abbiamo lasciato nel testo che, come vedete, è un testo particolarmente ponderoso. Parliamo di 700 pagine con un ampio corredo fotografico documentale, con un ampio indice dei nomi particolarmente prezioso. Migliaia le note, ogni nota è ricchissima di una valanga di informazioni. È un volume al quale abbiamo lavorato per qualche anno. E ci ha impegnato anche dal punto di vista editoriale, dell'editing, in maniera molto significativa. E qui voglio ricordare i bravissimi giovani che vi hanno lavorato: Elena Scannella e Totò D'Agostino, entrambi laureati, studiosi molto bravi che, quindi, non vi hanno messo solo competenze tecniche ma anche una speciale passione culturale.
Di un volume del genere voi vedete solo il risultato finale ma esso è l’ultimo anello di una catena che parte da una idea - che è quella di fare un volume sulla Rocca - e arriva a queste 700 pagine col lavoro di un altissimo numero di persone (aggiungete i fotografi, aggiungete tutti quelli che hanno dato consigli ed indicazioni, aggiungete le persone che hanno lavorato in tipografia). Calcolate grosso modo che ci sono stati 70/80 individui che hanno avuto a che fare con questo libro, il quale quindi è il risultato di una catena umana importantissima, che ovviamente non poteva che essere unita da una grande passione per un libro del genere. Un lavoro, un libro che non si fa perché se ne vendano migliaia di copie, evidentemente, ma perché costituisce una pietra miliare, dal punto di vista storico, culturale e umano; perchè rappresenta la memoria di un territorio: una pietra che rimane a sua volta.
Credo passeranno molti anni perché si faccia un’altra opera del genere. Questa diventa una fonte obbligatoria. Chiunque voglia studiare Cefalù e la sua Rocca non potrà fare a meno di questo testo, per la incredibile mole di notizie, di erudizione, riflessione, informazioni, confronti e anche, molto spesso, di prese di posizione abbastanza coraggiose su tanti punti.
Abbiamo voluto invitare alla presentazione, con i tre Relatori, almeno tre possibili esempi di lettura, perché un volume di questo genere meriterebbe decine di approcci possibili.
Abbiamo invitato la prof.sa Rosa Dentici Buccellato, già titolare di Storia Medievale all’Università di Palermo ed altre discipline alla facoltà di lettere di Palermo, ma anche alla facoltà di Agraria.
Abbiamo invitato il prof. Marcello Panzarella che è uno studioso di Architettura, di Storia dell’Architettura che dirige anche un dottorato di ricerca internazionale in Architettura.
Il professor Carmelo Montagna è invece un docente di Storia dell’Arte nelle scuole superiori, che ha una strana passione: quella di studiare le forme architettoniche antiche.
In genere, l’archeologo non studia forme architettoniche ma le stratificazioni, i singoli elementi: l’archeologo, in genere, scava e studia quello che trova nello scavo. E lo scavo cammina al rovescio della storia; si trova prima quello che è venuto dopo.
L’archeologia è molto strana rispetto alle altre discipline perché sembra che comincia dall’inizio ma in realtà comincia sempre dalla fine e procede al contrario. Ora il prof. Montagna non è un archeologo ma studia le forme architettoniche più antiche.
Con lui spesso facciamo le nostre libere elucubrazioni, non da archeologi, (io sarei uno storico della filosofia) cosicché ci possiamo inventare le cose più belle della terra.
Speriamo che tanti giovani si dedichino alla lettura di questo testo, giovani appassionati di questa città, universitari, perché queste benché siano settecento pagine costituiscono solo l’inizio di una lettura di un territorio incredibile, quale è tutto il comprensorio Cefalù-Madonie, dove gli studi sono ancora sotto zero. C’è da fare una infinità di cose anche in campi in cui la Regione siciliana si onora di perdere i finanziamenti, compreso il settore dei BB.CC., dove restituiamo all’Europa 80 milioni di euro!
Con l’occasione, saluto il dott. Pizzuto, Presidente del Parco della Madonie, ed il mio collega, prof. Mazzola, insigne studioso della natura di questi territori.
Prof.sa Rosa Buccellato
Non sto qui a dilungarmi sull’importanza che il volume ha per la città - sottolineato già da altri -, e vado subito allo specifico di queste settecento pagine. Pagine non di piccolo formato, oltre che dense.
È questa un’opera ponderosa, e non mi riferisco soltanto all’aspetto fisico del volume ma soprattutto alla quantità di notizie che ci fornisce. E, badate che, per uno storico, avere tante notizie raccolte in una stessa sede è una cosa molto comoda.
La prima sensazione che si ha, toccando questo volume, è che c’è a nostra disposizione uno strumento completo, utilissimo, di cui chiunque voglia mettere mano a scrivere di Cefalù, ma non solo, non può fare a meno di sfogliarne le pagine.
Io credo che il titolo del libro, “L’eccelsa rupe” - molto suggestivo - sia in realtà riduttivo, e dico subito perché: nel libro, sì, si parla dell’eccelsa rupe ma esso è, in realtà, una summa, fatta in maniera agile, intelligente, arguta, della storia della Sicilia, e non solo; direi che è anzi una summa della storia del Mediterraneo.
La prima parte del volume infatti è dedicata alla Sicilia antica e al mondo mediterraneo. Si va dalla Sicilia preistorica e protostorica, per poi fare un ideale viaggio che attraversa le isole e le coste del bacino orientale del Mediterraneo sino a toccare le Cicladi, l’isola di Creta e quelle del bacino centro occidentale - troverete notizie anche su Malta, sulla Sardegna, su tutte le isole minori della Sicilia sino al vicino oriente.
Nella seconda parte si inizia invece a percorrere, in maniera più centrata, la storia di Cefalù, dove questa storia è scritta sempre nel quadro più ampio generale della storia della Sicilia, spaziando dall’età più antica a quella più moderna, con una agilità, devo dire che noi storici del mestiere non sempre riusciamo ad avere.
La Rocca, il Castello di Cefalù sono ovviamente trattati con ampia dovizia di particolari, e, a mio avviso, le belle pagine del dott. Ilardo ne rappresentano veramente un punto fermo nella ricerca storica.
Riprendendo quello che ha detto poco fa il prof. Musco, questo volume rappresenta una sorta di zoccolo duro per tutti i futuri ricercatori, storici ed archeologi che vorranno occuparsi di questa città.
Dirò, in maniera non sistematica, delle cose che più mi hanno colpito, con l’occhio della storica e non dall’archeologa.
Non è un libro di agevole lettura - non è un romanzo -, ma uno strumento utile anche per tutto l’apparato di fotografie, di tavole, cartografie, tabelle. E’ un libro su cui bisogna riflettere e, ogni tanto, andare alla fine per capire alcuni termini come si spiegano, alcune monete e pesi quali erano, e così per le strade, le dominazioni, etc.
Ho pure apprezzato i contributi, mitologici, naturalistici, geologici, molto pertinenti, che altri vari studiosi hanno dato al volume e che completano e aggiungono valore a questa storia di Cefalù che è una macro-storia non una micro-storia (io ne sono convintissima).
Debbo dire che questo volume completa in maniera eccelsa il panorama delle opere che riguardano Cefalù. Tutto quello che si è scritto - e non è poco - è citato nella bibliografia di questo libro: monografie, atti di convegni (anche importanti con partecipazioni internazionali), edizioni di fonti.
A me viene difficile aggiungere qualcosa di nuovo a quello che il dott. Ilardo ha scritto; prendo spunto quindi da quello che è stato il mio maestro, il prof. Giunta, che ha insegnato anche lui Storia Medievale all’Ateneo palermitano.
Tra parentesi, io ho anche insegnato al Corso di Scienze del Turismo che aveva sede proprio a Cefalù, una realtà che secondo me si è persa, e che la città ha perso, perché funzionava bene finché c’è stato. Capisco che in un momento di crisi ... però è stato un peccato, sig. Sindaco.
Mi riferisco soprattutto ad un contributo che egli diede ad un convegno che si fece proprio a Cefalù e che riguardava il rapporto tra il potere religioso e quello temporale nel medioevo. Allora, con la cura del professor Tullio, vi furono molti contributi importanti; e devo dire che, dal mio punto di vista, cioè quello della storica, quel volumetto di atti ha costituito anch’esso una pietra miliare.
In quel convegno, Giunta trattò proprio della città e dell’episcopio facendo delle osservazioni che il dott. Ilardo ha colto benissimo e chel dopo tanti anni (quasi 25) lpossono essere considerate una sorta di linee guida nella storia di Cefalù.
Giunta scriveva che due sono i punti di osservazione: uno che va dal versante della città verso la Madonie, l’altro che invece va dall’interland feudale verso la città. Perché quando cerchiamo di capire la storia di Cefalù, dobbiamo sempre considerare questa sua conformazione geografica , con questa Rocca che sì la proteggere ma che la chiude anche rispetto al territorio che ha alle spalle.
Queste due realtà non sono poi tanto diverse, dal momento che il Vescovo di Cefalù, come i Ventimiglia (grande casato che domina e costituisce uno Stato addirittura in questa zona), costituisce anche lui un’autorità feudale.
L’operazione di Ruggero II nella fondazione della città e del Vescovado, nel 1132, non è soltanto politica ma insieme religiosa perché i normanni, con Ruggero I e II, erano venuti in Sicilia con poteri di Apostolica Legatia, quindi erano delegati del Papa.
Per la prima volta inoltre il re normanno decide di concedere privilegi ad un Vescovado, creando tutta una serie di benefici anche per i cittadini di Cefalù. Molti di essi erano finalizzati ad accrescere le risorse della Chiesa, quali quelli di importare legname senza dazio, oppure di alienare terre di proprietà d’altri purchè questi continuassero a vivere nella stessa zona e soprattutto pagassero le tasse alla Chiesa.
Un altro aspetto da tenere in considerazione, a mio avviso, è la possibilità, sempre legata al Vescovo e alla Curia, di usufruire del mare. Vi è un rapporto fra Cefalù e Bagnara Calabra - questo nelle pagine lo troverete (da Bagnara Calabra infatti veniva i monaci che dovevano avere cura del vescovado) -, dando inizio a uno scambio commerciale tra Cefalù e le coste calabre. Ma le imbarcazioni di Cefalù si spingevano sino a tutta la costiera amalfitana.
Amalfi ricorda un poco Cefalù con quella sua montagna che la sovrasta, ma mentre a Cefalù la feudalità, con il suo Vescovo, impera, Amalfi invece diventerà una repubblica marinara e nel mare troverà lo sbocco per una diversa storia.
Il vescovado nasce quindi a Cefalù al centro della costa, contemporaneamente a quello intermedio di Patti, ciò ha costituito una mossa non soltanto religiosa ma anche politica perché serviva a ridimensionare un poco il vescovado di Palermo, di lunga tradizione, e quello di Messina che fu il primo grande arcivescovado di fondazione normanna, successo a quello di Troina, i cui ambiti geografici giungevano fino alle Petralie e a Gangi. Quelli del vescovado di Cefalù andavano dal fiume Torto (alle porte di Termini) all’asse che da Mistretta, per Reitano, giungeva a mare; comprendeva Mistretta, Cefalù, Gratteri, Tusa, Caltavuturo e Sclafani.
La storia della città e la storia del vescovado sono in realtà un tutt’uno; non si può capire l’una senza conoscere l’altra, e questo mare è stato per secoli oggetto di contese, processi, ricorsi, lamentele soprattutto perché il diritto di pesca o di transito nel mare veniva concesso dalle autorità regie. Poteva esistere qualsiasi integrazione di città o di castello ma il mare restava libero (questo è anche un invito a tenere anche oggi sempre libere le spiagge della costa).
Il mare di Cefalù, per esempio, è stato oggetto di contesa, per anni, tra l’ autorità regia e il vescovo, per la concessione di tonnare.
Cefalù è anche il baluardo sul mare del grande “Stato” dei Ventimiglia. Anche se lo sbocco più facile e piano per l’entroterra restava il caricatore di frumento di Termini, anche Cefalù - come Roccella - avevano i loro caricatori per quanto la loro portata era molto più limitata.
Tutte queste cose si sanno su Cefalù ma - spero di suscitare la curiosità di qualche studioso - sarebbe interessante sviluppare studi - al di là della storia ufficiale - anche in relazione all’ambito urbano, al territorio, al mare, alle montagne, per esempio vedere la composizione sociale della popolazione, quali fossero i flussi migratori più ricorrenti (perchè nel medioevo la gente si muoveva per cercare lavoro molto più di quanto si fa ora). Sarebbe pure interessante studiare della città, nella storia, la sua vita quotidiana, la cultura materiale, i mestieri, le professioni; capire, in altri termini, in questa città così particolare, divisa tra il Re ed il Vescovo, quale fosse l’orologio che ne segnava il tempo: era quello della Chiesa o quello del mercante?
C’è un libro bellissimo - che consiglio di leggere a tutti - che si chiama “Il tempo della Chiesa e del mercante”. Questo fa capire la diversità dello sviluppo di molte zone d’Italia e l’origine della questione meridionale.
Secondo me questo resta da scrivere su Cefalù; insomma c’è da riorganizzare, da rielaborare tante cose che magari sono edite ma non sono state lette attentamente.
Una notizia che forse lei non conosce, dott. Ilardo. Ho studiato a lungo Terimini Imerese - soprattutto i protocolli notarili del XV° sec. -, e, tra le mie carte, ho trovato molto spesso pescatori provenienti da Cefalù. Questi lavoravano lungo tutta la costa della Sicilia. Ho trovato anche operai e contadini nei trappeti dello zucchero (vicino al Roccella), ho trovato molti nocchieri di imbarcazioni di piccolo cabotaggio che facevano a gara con i liparoti nel commercio del grano lungo la costa.
A Cefalù esisteva una marineria vivace e attiva.
Ho trovato un documento in cui c’è un tizio che si lamenta perché, dopo una mareggiata, ha sfondato la barca; un tizio di Termini a cui quella barca serviva per fare trasporti, il quale cerca disperatamente un cantiere dove farla riparare. Ebbene a Termini, nonostante la mole di traffico, non c’è un mastro d’ascia. L’unico maestro d’ascia che riesce a trovare, lo trova a Cefalù. Questi si sposterà alla marina di Termini per riparare l’imbarcazione.
Perché un documento come questo, apparentemente stupido, può diventare importante? Perchè penso che la vocazione marinara della città sia sempre da sottolineare.
Nei luoghi di mare, nei porti, nei caricatori - dove approdavano mercanti, forestieri -, in questi posti non solo si socializzava ma soprattutto si formava una circolazione di notizie, di idee, uno scambio di culture, di usi e costumi, una diversa mentalità che è quella che ha differenziato, soprattutto nel medioevo, non soltanto in Sicilia, le popolazioni della costa rispetto a quelle dell’interno.
Prof. Marcello Panzarella
Voglio precisare che non sono uno studioso di storia dell’Architettura ma uno studioso di Composizione architettonica e urbana, che naturalmente non può fare mai a meno della conoscenza della storia dell’architettura.
Prima di dare la mia lettura del libro del dott. Ilardo, volevo anche dire al prof. Musco che questa sala, in cui siamo, che ha ricevuto i suoi apprezzamenti, è ormai, da circa quindici - se non più - anni, aperta ma usata episodicamente. Ricordo che durante una mia breve, quanto burrascosa, esperienza amministrativa (quando ho fatto parte della giunta comunale di questa città), quando riuscii a farmi votare contro tutto il Consiglio (Maggioranza e Opposizione insieme), promossi in questa sala una mostra fotografica, ed era, guarda caso, sulla Rocca di Cefalù, il cui autore era l’illustre fotografo Giovanni Chiaramonte. La mostra si intitolava “Frammenti dalla Rocca”. Mi dispiace non aver saputo in tempo di questa occasione perché avrei avuto il piacere di portare il contributo anche di quelle immagini fotografiche.
L’Eccelsa Rupe, il ponderoso volume scritto dall’illustre e benemerito nostro concittadino dott. Rosario Ilardo, pubblicato nello scorso mese di marzo dall’Officina di Studi Medievali di Palermo, costituisce la prima trattazione, completa e organica, riguardante quella sorta di universo sfaccettato, variegato, complesso e antichissimo che è la montagna sovrastante alla nostra città, l’eccelsa rupe appunto, la Rocca di Cefalù.
Il sottotitolo recita: Studi, ricerche e nuove prospettive storiche, ma certo non basta a contenere la ricchezza, ampiezza, profondità e – in una parola – il valore di una impresa culturale cui l’autore ha atteso per oltre dieci anni. Il libro è assai più di un repertorio o catalogo di beni culturali e ambientali, assai più di una ricognizione topografica, assai più di un’antologia di contributi, e tanto, tanto di più di un compendio storico. Esso è certamente tutte queste cose insieme: e lo è in un modo che consente la distinzione chiara dei vari ambiti del sapere che ne strutturano la trattazione; allo stesso tempo – e qui riposa una parte del valore aggiunto – il libro produce un intreccio sapiente dei vari ambiti disciplinari coinvolti, e ciò non solo per un’ambizione di completezza enciclopedica, che pure è evidente, ma soprattutto per istruire in modo sistematico e corretto una serie di questioni irrisolte, in vista di ulteriori indispensabili acquisizioni di conoscenza.
Ciò che unifica un libro tanto sfaccettato e onusto di riferimenti, documenti, materiali, narrazioni, resoconti, è il metodo. Di che cosa è fatto questo metodo? Come funziona il libro? Come riesce ad essere tanto unitario, nonostante le settecento pagine di un volume di grande formato?
L’autore possiede una mente di mirabile complessione sistematica, e il libro è il frutto di un vero progetto culturale. L’autore sa che sulla Rocca di Cefalù esistono, variamente disperse, una miriade di testimonianze, materiali e culturali, di reperti e testi, note e citazioni. Sa pure che, nel merito di alcune questioni, dominano le contraddizioni e resistono ampie lacune di conoscenza. L’autore sa però di non essere uno specialista di nessuna delle materie indispensabili alla trattazione, e sa anche che tutti i suoi lettori lo sanno. A partire da queste condizioni, obiettivamente proibitive, egli – pur di riempire un vuoto di trattazione organica che – giustamente – gli era parso non più sostenibile per una città come Cefalù, si è assunto un compito gravosissimo, ed ha affrontato il rischio enorme della trattazione multidisciplinare insieme con quello delle invasioni di campo specifiche: con quali mezzi, o – meglio – con quali armi ha affrontato tale prova? Io dico con le armi dell’intelligenza, e soprattutto con una straordinaria capacità di pianificazione strategica, quelle doti che, insieme con una solida preparazione culturale di base, hanno sempre costituito il suo punto di forza personale e professionale.
Il dott. Ilardo ha così stilato e a mano a mano precisato un progetto capace di trasformare le sue iniziali condizioni di debolezza in uno straordinario punto di forza. Anzitutto ha studiato, in lungo e in largo, senza trascurare neppure i recessi. Ha pazientemente sudato sui manuali e sulle trattazioni generali di storia e preistoria come sui fondamenti dell’archeologia. Ciò naturalmente traspare in quella che sembra, ed è, la volontà di mettere a parte il lettore di un quadro ampio di riferimento, la cui costruzione è stata certamente indispensabile all’autore per collocare la sua materia di indagine in un sistema di relazioni quanto più corretto, cioè verificato nel confronto serrato tra le ricostruzioni più generali della storia del Mediterraneo: quadro che egli restituisce al lettore in modo sintetico ma non semplificato, anzi ricco di tutta la discussione intellettuale occorsagli per acquisire e mettere in ordine quei saperi. Come dire: ci vuole serietà. Inoltre, il rendiconto di questa discussione consente di mettere in luce il rilievo che compete ad ogni ampio inquadramento quale passaggio e condizione indispensabile per far emergere relazioni importanti e altrimenti insospettabili tra eventi, documenti, monumenti. Per esempio: il rilievo, per le sue conseguenze culturali, delle frequentazioni egee, soprattutto micenee, non solo per la Sicilia – che è un fatto noto – ma anche per questo nostro litorale, compresa Cefalù. Ma la fatica dell’autore, contemporaneamente, è stata anche quella di cercare, raccogliere, compulsare, mettere in ordine e tra loro in relazione una quantità impressionante di materie di dettaglio, e di documenti puntuali o isolati. Egli li ha interrogati sistematicamente, li ha posti a confronto, scartati, collegati, per individuare la ricostruzione più plausibile, la meno arbitraria, della serie di eventi, naturali e umani, che – intrecciandosi per migliaia di anni – hanno prodotto la rupe eccelsa, il suo insieme e ogni suo dettaglio.
Del metodo ha fatto anche parte un lavoro sul campo, condotto non certo con gli strumenti dell’archeologo o di ciascuno degli specialisti dei diversi saperi coinvolti, ma con l’intelligenza affidabile di chi è abituato a osservare con i propri occhi, e a descrivere e analizzare col proprio raziocinio. Questo lavoro sul campo è stato condotto dall’autore attraverso gli strumenti della ricognizione, della accuratezza della descrizione, della capacità di porre tra loro in relazione le cose osservate e quelle apprese, senza escludere qualche attività di investigazione, da vero e proprio detective della verità, che non si accontenta di ripetere il già detto e non si ferma e non si arrende di fronte alle lacune.
Esemplare in ciò è la lunga, argomentata, documentatissima discussione sul cosiddetto tempio d Diana: un vero campo minato, perché riguarda o investe un monumento della rupe insigne quant’altri mai. Anzi, il monumento allo stesso tempo più misterioso e irrisolto. La trattazione del monumento fatta dal dott. Ilardo è minuziosissima, non tralascia nulla che ne sia stato scritto, pensato, affermato o contraddetto. Egli ne dà lungamente conto, mettendo il lettore in grado di conoscere una quantità di dati, osservazioni, descrizioni, resoconti e citazioni, a partire dall’antichità fino a i giorni nostri, tutti tra loro confrontati, valutati, con ogni dettaglio puntualmente riportato a ciò che possa inquadrarlo in una più ampia casistica o generalità. E a mano a mano emergono le questioni, i punti oscuri, i dubbi, e anche i colpi di scena raccontati con l’abilità di un detective che è anche lo scrittore della sua propria storia, resa con la giusta dose di suspense. Ma se non vi fossero stata la presa diretta di cognizione, l’osservazione minuziosa, e poi la responsabilità, l’esigenza, e talora – quando occorre – anche l’impavida baldanza della logica tutto ciò sarebbe servito assai meno a illuminare quanto ancora resta da scoprire, accertare, sull’origine, lo scopo, le vicende e l’attualità del monumento.
Non entro nel dettaglio delle ipotesi del dott. Ilardo, che non sono dei fatti accertati scavando, ma costituiscono ugualmente dei fatti – e quali fatti! – emergenti attraverso l’uso del raziocinio, che qui è messo all’opera per una doppia via: quella della capacità di porre tra loro in relazione le fonti, e quella dell’uso puro dell’intelligenza di fronte al dato osservato. Lascio dunque a tutti la curiosità di scoprire che cosa egli abbia scoperto, ma soprattutto il piacere di gustare il modo con cui egli ne ha puntualmente argomentato.
Infine, quale non è stato l’amore che ha consentito all’autore di affrontare fatica e rischi? È l’amore civico, di cui in altro modo egli aveva già dato amplissima prova da amministratore, da segretario comunale, da sindaco, e in altri importanti e maggiori ruoli al servizio delle istituzioni, sempre comportandosi da responsabile, capace, competente programmatore dello sviluppo. All’amore che Saro Ilardo ha per Cefalù, questa città ora deve una risposta di più.
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Commenti
Saro Di Paola -
Grazie dott. Ilardo!
GRAZIE DOTT. ILARDO!
Per il Suo "ECCELSO" lavoro.
GRAZIE DOTT. ILARDO!
Per essere stato "responsabile, capace, competente programmatore dello sviluppo".
Uno dei primi!
Certamente l'ultimo che Cefalù abbia avuto.
AHICEFALU', è passato quasi mezzo secolo!