15 Agosto 2019, 09:49 - Giuseppe Riggio [suoi interventi e commenti] |
Il Parroco si è sinodalmente ‘liqueso’
Tranne pochi, cui non è ancora scaduto il mandato, nella nostra Diocesi non esistono più Parroci. La vigila della festa della Trasfigurazione del Signore, il Vescovo Marciante ha rivoluzionato, quasi come con una girandola dei giochi d’artificio del giorno dopo, il trasferimento e l’assegnazione dei responsabili di buona parte delle Parrocchie. Nessuno è stato nominato Parroco, ma tutti Amministratori parrocchiali di durata annuale.
Per i non addetti ai lavori spiego cosa è successo: è stato cambiato lo stato giuridico dei parroci che, da ‘stabili’ almeno per nove anni, sono diventati incaricati annuali, senza il minimo rispetto delle comunità parrocchiali che in quella stabilità trovavano garanzia della propria continuità storica e spirituale.
In poche parole una sorta di volgarizzazione del ruolo per cui i fedeli non si troveranno più accanto un responsabile con cui allacciare rapporti duraturi funzionali alla crescita spirituale, ma come degli sportellisti di qualunque ufficio pubblico che svolge il suo ruolo senza prospettiva e senza progettualità.
Il Diritto Canonico (Canoni 517-538) prescrive le caratteristiche e le funzioni del parroco: lo vuole incaricato a tempo indeterminato e una volta addirittura i parroci morivano parroci e quasi per analogia con il Vescovo nei confronti della Chiesa diocesana, il loro rapporto con la comunità parrocchiale aveva un carattere ‘sponsale’(sacramentale). In tempi moderni anche nella Chiesa è subentrato il concetto di ’aziendalizzazione’, per cui i Vescovi vanno in pensione come un qualunque manager, mentre i parroci addirittura scompaiono per essere sostituiti da incaricati annuali…costantemente in prova, senza fissa dimora! Eppure lo stesso Codice di Diritto Canonico all’art. 539 recita: ‘Quando la parrocchia è vacante, oppure quando il parroco è impedito nell'esercizio dell'ufficio pastorale nella parrocchia per prigionia, esilio o confino, per inabilità o malferma salute oppure per altre cause, il Vescovo diocesano designi quanto prima l'amministratore parrocchiale, il sacerdote cioè che supplisca il parroco a norma del can. 540’. Nell’articolo successivo vengono posti i paletti all’attività dell’amministratore parrocchiale mirando a difendere l’integrità parrocchiale, in attesa del ritorno del parroco o della nomina del nuovo.
Chiunque potrebbe dirmi: il Vescovo può fare quello che ritiene opportuno perché la struttura della Chiesa non è democratica ma monarchica. Giuridicamente è vero; sacramentalmente no! In ogni caso il Vescovo per primo deve rispettare le norme del Diritto e non esiste una sola norma che consenta interventi così massicci e generalizzati! E poi, perché sbandierare fin dal primo giorno la parola ‘sinodalità’ se non se ne conosce il significato? Qual è il Piano pastorale che giustifichi scelte così radicali? Esiste un parere del Consiglio presbiterale e quindi del Consiglio pastorale? Sono stati almeno informati i Vicari foranei? Esistono analisi esplorative delle singole situazioni parrocchiali su cui calibrare l’intervento pastorale senza creare traumi di alcun genere?
Sono convinto di no. Mi meraviglia tuttavia che i Sacerdoti direttamente interessati, che pur la pensano come me, tacciono…!
Solo due mesi fa concludevo una mia nota, intitolata ‘Per viam pulchritudinis in admirabile commercium’, con le seguenti espressioni:
‘Mi auguro solo che non vengano affrontati con la stessa leggerezza i grossi problemi pastorali che incombono, come ad esempio lo spostamento ed il ricambio dei Parroci in diverse Parrocchie della Diocesi: prevarrà il criterio ecclesiale o quello clientelare? Le decisioni saranno solo un’affermazione di potere o saranno motivate dalla conoscenza delle caratteristiche delle singole chiese locali, quali unica e multiforme costante della Chiesa universale diffusa sul territorio, ad ognuna delle quali sarà necessario adattare la variabile dipendente in termini di servizio nella figura del Parroco. Possiamo sperare in una ecclesiologia ‘altra’?
Temevo il clientelismo, non prevedevo il peggio. Quanto alla ecclesiologia i teologi hanno già detto tutto ed è in corso un meraviglioso dialogo, ma nella prassi pastorale e nella formazione dei fedeli ogni speranza è persa per un motivo semplicissimo che oso affermare senza tema di smentita: nessuno dei vescovi attualmente in carica, per ovvi motivi anagrafici, ha partecipato al Concilio Vaticano II. La maggior parte di loro sono stati formati nello spirito dell’anti-concilio e a maggior ragione perché anti-conciliari furono nominati vescovi.
Sogno fermenti cultural-teologici dal basso, che coinvolgano il popolo santo di Dio, per poter giungere non so quando ad una Chiesa che sia innanzitutto popolo di Dio in cammino al cui interno vengano esercitate le tre funzioni (ripeto, funzioni –servizi) profetica, sacerdotale, regale.
12 Agosto 2019
Giuseppe Riggio
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Commenti
Angelo Sciortino -
Manca il commento del Vescovo
Caro Pino, non avrei alcun motivo di commentare, perché l'avermi onorato di diverse conversazioni, che mi hanno aperto gli occhi sul tuo illuminato pensiero, lo renderebbe superfluo. Un'osservazione, però, voglio farla: manca un commento dell'attuale Vescovo. Verrà? Lo spero!