17 Giugno 2019, 22:02 - Giuseppe Riggio [suoi interventi e commenti] |
Per viam pulchritudinis in admirabile commercium
Da oltre vent’anni e con una certa frequenza, in ogni modo e luogo, ho cercato di convincere i miei interlocutori che una delle pecche più gravi della cultura contemporanea è stata ed è l’abbandono della logica qualitativa a vantaggio di quella quantitativa, con la conseguenza di avere stravolto i parametri valutativi: l’utile è diventato criterio etico che va a decidere persino sui valori assoluti, quali la verità, la bontà e la bellezza.
La domanda di rito ormai è: ‘quanto ci costa ?’, a prescindere dal valore, persino della vita. Una sorta di imbarbarimento del pensiero ha posto ogni cosa sullo stesso livello, in una omologazione di maniera per cui nulla più è importante o non importante. Nel vissuto individuale tuttavia anche il più superficiale degli uomini sa che ci sono ancora ‘cose’ per cui vale la pena di dare la propria vita, altre invece di cui nemmeno vale la pena di parlare.
Il titolo di questo scritto esprime sinteticamente ed ironicamente il senso di certe scelte ‘geniali’ attorno alla Basilica Cattedrale e al Convento di San Domenico in Cefalù che, mutatis mutandis, sono segno del decadimento culturale che mai ci saremmo aspettato da fonte tanto autorevole. E mi spiego:
Per viam pulchritudinis era il logo dell’Accademia teologico-culturale con sede in San Domenico e nel suo significato (nella prospettiva della bellezza) era paradigma epistemologico di ricerca filosofica e teologica e nello stesso tempo modalità di approccio alla cultura contemporanea, non estranea a tale tematica fin dalla prima metà del secolo scorso, dopo il ‘fallimento esistenziale’ del neo-positivismo che aveva blaterato della morte della metafisica, mentre lo stesso Einstein affermava che scienza e tecnica da sole non possono guidare l’umanità, ma c’è bisogno dei grandi costruttori di verità morali e spirituali come Mosè, Socrate, Buddha, Cristo, San Francesco, Spinoza. Si invocava il ritorno della metafisica.
In admirabile commercium è una mia profanazione, rendendolo come complemento di moto a luogo figurato suggerito dal per viam della prima parte. Il suo significato teologico, al nominativo o al vocativo, ci viene cantato nella Liturgia natalizia ad indicare lo scambio (commercium) straordinario (admirabile) tra la Divinità e l’umanità che va a costituire la tendria di Cristo, per cui Egli è vero uomo e vero Dio. Nel gergo umoristico clericale però l’espressione viene usata per indicare il giro d’affari sfacciatamente palese intorno ai luoghi di culto e in specie ai santuari, ove affluiscono ogni anno milioni di fedeli e che, proprio pochi giorni fa, Papa Francesco ha condannato apertamente per l’ennesima volta.
In poche parole, non sarebbe bastato un poco di cultura in più per non trasformare un semplice percorso turistico a pagamento in via pulchritudinis né un pizzico di buon senso e di stile per non fare di San Domenico un luogo di lucro. Non è questione di quantità, ma di competenze che, soprattutto nella gestione del potere e nei momenti decisionali, ti rendono all’altezza del compito, facendoti mettere insieme l’inter-relazione tra le tue conoscenze e le tue doti personali.
Che dire poi dell’americanata dell’illuminazione delle torri se non che si tratta solo di un’americanata?
Mi auguro solo che non vengano affrontati con la stessa leggerezza i grossi problemi pastorali che incombono, come ad esempio lo spostamento ed il ricambio dei Parroci in diverse Parrocchie della Diocesi: prevarrà il criterio ecclesiale o quello clientelare? Le decisioni saranno solo un’affermazione di potere o saranno motivate dalla conoscenza delle caratteristiche delle singole chiese locali, quali unica e multiforme costante della Chiesa universale diffusa sul territorio, ad ognuna delle quali sarà necessario adattare la variabile dipendente in termini di servizio nella figura del Parroco? Possiamo sperare in una ecclesiologia ‘altra’?
Cefalù 15 Giugno 2019
Giuseppe Riggio
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Commenti
Angelo Sciortino -
Una ecclesiologia "altra"?
Caro Pino, le tue domande finali forse resteranno senza risposta. Tu stesso dici "In admirabile commercium" e non credo che tu abbia usato quell'in e non ad casualmente, ma per dire che certe scelte della Chiesa sono oggi non presso il commercio, ma dentro il commercio, che preferisce troppo spesso allontanarsi dalla ricerca di una ricchezza interiore, per seguire invece la ricerca della ricchezza materiale. E questa, tu m'insegni, non è cultura, ma inaridimento delle coscienze e dell'anima.