4 Maggio 2019, 07:45 - Giovanni La Barbera [suoi interventi e commenti] |
Non è critica originale quella che si rivolge, spesso, al diritto amministrativo di essere un diritto speciale, che di fatto mette il cittadino in una condizione disuguaglianza e di inferiorità, rispetto agli Enti pubblici. Se poi pensiamo al riguardo ai principi costituzionali, ci domandiamo:
siamo o no tutti uguali difronte alla legge?
È un interrogativo che di fatto si risolve nel constatare che esso ( diritto delle pubbliche amministrazioni) è una modalità con la quale si esercita un potere. Questo potere anche se è espresso in modo non corretto e pur sempre un potere che intimidisce.
Da qui, quasi sempre, al cittadino non rimane che negoziare il proprio diritto, oppure rivolgersi al TAR o in appello al CGA. Il servizio pubblico diventa cosi qualcosa da conquistare.
Una vicenda emblematica. Un esame attento del testo della sentenza del CGA dell'8/04/2019, consentirebbe di delineare i connotati di un'azione della Pubblica Amministrazione, che invece d'essere una doverosa guida della libera iniziativa, risulta concentrata in reprimende burocratiche, sulla base di assunti tecnici e giuridici molto opinabili.
Qui riporto solo un argomento che a mio modo di vedere testimonia come la Giustizia amministrativa, per i suoi caratteri di “tribunali speciali”, esercitano non solo giurisdizione, ma anche attività amministrativa.
L'articolo 17 della L. 765/1967, imponeva l'obbligo redigere una perimetrazione del centro abitato, per i comuni non dotati di Piano Regolatore. Esso, si poteva immaginare, ora più di allora, come atto normativo “primordiale”, regolante l'uso del suolo, in attesa della formazione del Piano Regolatore; dopo di che, il PRG, (costituendo uno strumento razionale ed articolato, dotato di norme di attuazione redatte ed approvate per conseguire gli obiettivi sociali ed economici liberamente scelti dalla Comunità locale), lo avrebbe superato.
È chiaro che il PRG, essendo un progetto complesso ed articolato, contenente anche una programmazione, non appena sia stato approvato da tutte le istituzioni chiamate a concorrervi, espugna, annulla, cassa, nella sostanza, (sostanza intesa sia nel senso tecnico-urbanistico che il quello propriamente giuridico), quel primordiale provvedimento chiamato “perimetrazione del centro urbano” voluto per misericordia dal legislatore nazionale e regionale.
Ma quanto appena accennato la giustizia amministrativa sembra non saperlo, e ancora continua a farne uso nelle sue decisioni. La perimetrazione, ai sensi dell'articolo 17 della Legge 765/1967, è stata messa in ballo per sostenere, che al suo interno non era dovuto il rispetto della fascia di inedificabilità dei 150 metri, distanza prescritta dalla Legge regionale n. 78/1976.
Ma a ben guardare Cefalù può ben rivendicare l'inapplicabilità della fascia dei 150 metri dalla battigia, su tutta l'estensione del lungomare, per aver affidato a questo luogo sin dagli anni 60 il compito di realizzare l'obiettivo principale del suo futuro.
Dunque la perimetrazione, in quanto istituto nato nel primo dopo guerra per i comuni non dotati di pianificazione strumentale, è morto e sepolto per tutti quelli che avevano provveduto alla redazione del PRG o al minimo al Programma di Fabbricazione (PdiF: oggi eliminato dalla legislazione regionale in quanto non adeguato alla complessità di cui è caratterizzato il fenomeno urbano).
Non penso che sia il caso di sviluppare altre dimostrazioni in considerazione del breve spazio disponibile in questo blog.
Sempre per la stringatezza , che è chiaro non agevola la comprensione di materie piuttosto tecniche, mi predispongo, sin d'ora, a chiarire, in ragione dell'interesse o della curiosità, che qualcuno eventualmente può cortesemente manifestare.
Neppure voglio, ora, puntualmente criticare la sentenza in argomento, perché occorrerebbe, appunto, altro spazio espositivo. Mi limito per sommi capi a ricordare che:
1) il PRG elaborato nella seconda meta degli anni 60, del secolo scorso, ed approvato nel 1974, aveva delineato una scelta precisa, sulla base della constatazione della vocazione turistica di Cefalù. E cioè le zone del lungomare, ed altre, erano destinate ad accogliere strutture alberghiere col fine di costruire nel tempo il motore economico che avrebbe risposto alle attese della Comunità cefaludese.
2) tale finalità è stata confermata con gli obiettivi definiti nel Piano Particolareggiato approvato nel 1985.
Esso aveva un sostanziale contenuto per essere configurato come Piano per insediamenti produttivi.
Lo strumento normativo per attuarlo era il cosiddetto “Comparto”, che nè in Sicilia nè nelle altre regioni ha trovato diffusa applicazione, infrangendosi storicamente nello scoglio della impossibilità di mettere d'accordo i proprietari dei terreni, e nella incapacità dei Comuni di esercitare i poteri sostitutivi.
3) l'avvento dei PRUSST (programmi di riqualificazione e sviluppo sostenibile del territorio) con la loro forza derogatoria, ha spezzato i progetti dei comparti del PP del lungo mare, rendendoli totalmente non più attuabili.
4) la natura delle strutture ricettivo-alberghiere, è risaputo, e quella di essere di interesse generale. Per tali strutture, che sono certamente piu complesse della semplice residenza, la legislazione ha messo a disposizione l'istituto della deroga affinché esse abbiano la possibilità di essere non solo belle, ma anche efficienti ed efficaci nel costituire il motore economico a cui la Comunità ha affidato o deciso di scommettere sul suo incerto futuro.
Da qui, per ora, si può trarre una semplice conseguenza, tralasciando il tema della decadenza dei vincoli preordinati all'esproprio.
“Le istituzioni che, non guidano positivamente i processi d'uso del suolo, in vista della realizzazione degli obiettivi che la Comunità si è data nel proprio strumento urbanistico, rischiano di apparire nemici della popolazione. Tredici anni per realizzare un intervento coerente con l'obiettivo fondamentale del PRG, sono davvero troppi.”
Per chi volesse approfondire, la determina Determina del Capo Ufficio Tecnico.PDF
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Commenti
Saro Di Paola -
Ventisette anni non tredici
Sulla determina del capo ufficio tecnico e "sulla imperiosa necessità per la collettività di perseguire l'assetto urbanistico della variante approvata con il Piano Particolareggiato" di cui si legge in quella determina-sproloquio ho già scritto e, per averlo fatto, se non ricordo male, sono stato querelato dal redattore.
Commento per ricordare che i primi progetti per realizzare quelli che oggi sono il "VICTORIA PALACE" e l'"ASTRO SUITE" vennero presentati dai proprietari, i compianti Alessandro Di Bella e Vincenzo Vizzini, subito dopo l'approvazione del Piano Particolareggiato del lungomare, cosiddetto Urbani dal nome del redattore, intorno al 1986. Perciò, gli anni per realizzare l'intervento coerente con l'obiettivo fondamentale del PRG sono stati ben più di tredici: VENTISETTE circa.
Giovanni La Barbera -
Caro Saro, hai fatto bene a puntualizzare
Caro Saro, hai fatto bene a puntualizzare. Ma questo indica che le Amministrazioni non hanno mai avuto una consapevole conoscenza né tecnica né politica dei fenomeni che sono chiamati a governare. Ho la certezza che sfugge ed è sempre sfuggito il significato politico di una buona pianificazione e programmazione del territorio. Penso, ma non per ultimo, alla deprecabile decisione di lasciare la stazione ferroviaria lì dov'è ora, mentre constatiamo il blocco esasperato o parossistico della mobilità accaduto recentemente.
Speriamo ancora che si provveda con una illuminata deliberazione con la quale si prenda anche la decisione di trasformare in strada il tratto ferroviario tra Ogliastrillo e la stazione attuale, introducendo un servizio con due mezzi, o vettori elettrici, e a realizzare, costi quel che costi, un attestamento di parcheggi obbligando, quando è il caso, a non entrare in città con i mezzi privati.