21 Maggio 2013, 18:51 - Salvatore Culotta [suoi interventi e commenti] |
In questi ultimi giorni sembra si sia un po’ spento il riflettore acceso sulla Fondazione Mandralisca. Sul futuro dei musei e in genere di tutte le attività culturali arriva una stimolante iniziativa dalla Francia, illustrata in un articolo pubblicato su “Il Giornale dell’Arte”:
“Tasse per la cultura o cultura delle tasse?
Nelle 719 pagine del rapporto Lescure presentato lunedì al presidente Hollande c'è una proposta che è stata ritenuta sorprendentemente meritevole d'attenzione, anche in Italia: l'imposizione di una tassa compresa tra l'1 e il 3% sulla vendita di tablet, smartphone e smart tv per finanziare i prodotti culturali francesi (film, musica e libri). È chiaro l'obiettivo del tributo: sussidiare l'industria culturale francese. Il modello francese è quello di riferimento, cui aspirano anche i nostri operatori culturali. Sul Corriere della Sera, è stato Gian Arturo Ferrari a pronunciarsi a favore dell'iniziativa, la cui importazione in Italia sarebbe appropriata perché «investendo in cultura si migliora la materia prima umana».
Già la «cultura» è materia scivolosa, che sfugge a definizioni precise, figurarsi poi gli «investimenti in cultura». Curiosamente, una certa tipologia di prodotti culturali (i libri elettronici, la musica nei consumi i più diversi) oggi è sommamente fruibile proprio attraverso quegli strumenti che verrebbero soggetti a nuova, aggiuntiva, tassazione: tablet e smartphone. Si tratta certo di una fruizione diversa da quella garantita dal concerto cameristico o dal libro antico: ma pare ieri, del resto, che i grandi direttori d'orchestra denuncia ssero lo svilimento della musica determinato dai procedimenti di registrazione. Più prosaicamente, forse, gli Stati con problemi di entrate s'ingegnano a procurarsele dove possibile: e la gran messe di tablet e smartphone sembra presentare una facile soluzione al problema. In Italia si è scelta una via ancora più semplice e nello stesso tempo illogica per andare a reperire risorse per la cultura. Una tassa di scopo, del genere auspicato da Ferrari, da noi già esiste: nel 2011, il governo ha recuperato risorse per lo spettacolo e la cultura inasprendo le accise sui carburanti. Noi non ci siamo nemmeno preoccupati di andare a prelevare soldi da qualche parte della filiera. Le accise sulla benzina servono, fra l'altro, per dare copertura finanziaria agli sgravi fiscali per il cinema. Si tratta di un'imposta che andrebbe confermata o archiviata nei prossimi mesi - ma, si sa, nulla in Italia è stabile come un'imposta provvisoria. La «cultura» è poi alla fine il risultato di una serie di contingenze che ci hanno dato nel tempo cose belle e preziose. «Cose», ci si perdoni la rozzezza, che il pubblico pagante sceglieva con entusiasmo, dall'opera buffa di Rossini ai romanzi di Dumas.
Sarà un caso, ma è proprio innanzi ad opere dell'ingegno che lasciano tiepide, che prendono il volo proposte come questa dell'iTax. La quale fantasiosamente porterebbe allo Stato nuovi quattrini, ma anche una giustificazione nuova alla propria ambizione per indirizzare le scelte dei consumatori. In un Paese dove la pressione fiscale è al 42,5% ogni nuova tassa è sempre più odiosa. Ma sostenere che serva per «migliorare la materia prima umana», almeno questo risparmiatecelo.
di Filippo Cavazzoni
Tratto da: http://www.ilgiornaledellarte.com/fondazioni/articoli/2013/5/116449.html
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