La prossima cosiddetta via della seta

Ritratto di Angelo Sciortino

18 Marzo 2019, 21:17 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Anche se apparentemente potrà sembrare un argomento lontano dalla nostra piccola comunità, non è male rifletterci, perché dal prossimo accordo con la Cina potrebbero derivare conseguenze anche per noi.

In attesa dell'incontro del prossimo 22 marzo tra le Autorità italiane e quelle cinesi non è male porci la seguente domanda: perché il memorandum con la Cina è rischioso? Ancora più opportuno sarebbe rispondervi. Anche perché il sovranismo per finta di questo Governo farebbe ridere, se non ci preparasse lacrime di sangue.

Ma, insomma, il Memorandum of Understanding (MoU) fra Italia e Cina, è un rischio o no? Prova a rispondere Alessia Amighini, docente di Politica economica all’Università del Piemonte Orientale e autrice di libri sulla Cina. È vero che si tratta di “un documento di intesa (non un contratto, né un trattato, né un accordo) senza obiettivi né contenuti precisi, ma espressioni vaghe, per esempio su un avanzamento delle relazioni politiche tra i due Paesi firmatari”. Ma, per prima cosa, anche se in Italia la “Belt and Road Initiative” si preferisce chiamarla Nuova via della seta, “come a volerne sottolineare l’aspetto intrinsecamente benefico, la Bri è in realtà un progetto di sviluppo interno e internazionale con importanti connotazioni strategiche. Il 24 ottobre 2017 il perseguimento della Bri è stato inserito nella Costituzione cinese, che coincide con la Costituzione del Partito comunista cinese. È dunque oggi un obiettivo strategico di stato, non una mera iniziativa economica e commerciale. Nel testo ci sono, inoltre, per Amighini, alcune ambiguità pericolose: “Nel testo si parla di dialogo amichevole con incontri “diretti”. Come si collocano i tribunali Bri in questo contesto?” e “se l’interpretazione dei contenuti del documento è tolta dalla sfera di competenza dei tribunali internazionali per affidarla a un “contesto amichevole di consultazioni dirette”, è evidente il rischio di divergenze interpretative orchestrate per sollevare potenziali incidenti diplomatici”. Forse tali ambiguità saranno emendate dai ritocchi in corso. Ma quali rischi corre l’Italia, nell’immediato? Quello già concreto è l’isolamento in Europa, visto che non è vero, come si sente e si legge sulla stampa nazionale, che anche Francia e Germania siano in procinto di firmare. Non lo hanno mai considerato. Forse, però, si può ancora rimediare: “Il decalogo di azioni e suggerimenti per la gestione delle relazioni con la Cina pubblicato il 12 marzo dalla Commissione europea arriva tardi, ma sempre in tempo utile per aiutare gli Stati membri in decisioni troppo grandi per i singoli Paesi. Potrebbe essere usato come leva per alzare di molto il livello della negoziazione con Pechino e, al contempo, salvare quel poco di reputazione che resta all’Italia in Europa”.