Basta chiacchiere sul turismo-parte II

Ritratto di Angelo Sciortino

14 Novembre 2018, 14:30 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

 

Così concludevo il mio intervento ieri https://www.qualecefalu.it/node/22594: “Rinunziare, quindi? No, ci vorrà forse il tempo di una o due generazioni, ma se già si comincia a far produrre questa vacca per almeno trecento giorni all'anno, forse si raccoglieranno quei frutti, che potrebbero essere impiegati per i necessari investimenti. Ne parlerò in un prossimo intervento.

Eccomi qui, pertanto, a parlare ancora di sviluppo socio-economico di Cefalù. Uno sviluppo più che necessario, se si vuole fermare l'emorragia di giovani costretti a scapparsene per trovare un futuro o a restarsene qui a vivere una vita inconcludente. E non parlo soltanto dei giovani, che hanno acquisito una preparazione professionale, ma anche di quei giovani che, sebbene non forniti di grandi qualità intellettuali, hanno pur sempre il diritto di formare una famiglia e di trovare un lavoro per mantenerla.

Se l'attività turistica è da considerare ormai quella che produce più ricchezza e quindi maggiori occasioni di lavoro, è bene guardare a essa per ricercare che cosa sarebbe opportuno fare per renderla migliore di quello che essa è. Fonte, cioè, di progresso.

Diciamoci prima e molto sinceramente che così come stiamo sfruttando le potenzialità di Cefalù non va assolutamente bene. Ce ne accorgiamo poco, perché i Paesi nord-africani, resi insicuri dalle guerriglie o da vere e proprie guerre, non rappresentano per noi una valida concorrenza. Dobbiamo però ammettere che quando tale stato d'insicurezza finirà, noi saremo costretti a non gongolare per il provvisorio aumento di presenze turistiche, perché la loro concorrenza sarà spietata, almeno per quanto riguarda il turismo balneare.

A quel punto saremo costretti a cercare nuove offerte, che non potranno limitarsi soltanto alle spiagge e ai servizi relativi. Occorrerà qualcosa che quei Paesi non hanno; occorrerà offrire più cultura, ma anche cose che lì per adesso non hanno: ospedali efficienti, collegamenti rapidi, personale preparato e così via.

Abbiamo a Cefalù un ospedale sicuramente migliore di quelli presenti in Nord-Africa; abbiamo due scuole, l'Alberghiero e il Linguistico, in grado di preparare i giovani professionalmente; abbiamo monumenti riconosciuti dalla stessa ONU come impareggiabili esempi di grande cultura del passato; abbiamo un Museo con grandi opere d'arte; abbiamo le Madonie luogo di passeggiate impareggiabili; abbiamo una popolazione tutto sommato ospitale e cortese. Perché, nonostante tutto ciò, i nostri successi sono limitati e perché dobbiamo temere il futuro?

Semplicemente perché non sappiamo sfruttare bene ciò che i nostri antenati e la natura ci hanno lasciato. Per una malintesa interpretazione dell'attività turistica, apriamo discoteche e ci dedichiamo a sagre mangerecce, dilapidando le nostre vere ricchezze. Per non ricordare come tale dilapidazione abbia uno degli esempi più indiscutibili nella crescita della Cefalù nuova, dove si è costruito nella più assoluta mancanza di rispetto di un paesaggio impareggiabile e dove ancora si continua a costruire con la stessa mancanza di rispetto. Dovremmo chiederci perché si costruisce così tanto, visto che in cinquantanni, a partire dalla stesura del Pano Regolatore approvato nel '68, la popolazione è cresciuta solamente di un migliaio di anime. E dovremmo chiederci quante sono state le persone espatriate per mancanza di lavoro e di futuro.

Finora, quindi, dal turismo è derivato a Cefalù soltanto un danno. Non per colpa dei turisti, però, ma per colpa dei suoi stessi cittadini e soprattutto delle varie Amministrazioni, che negli anni si sono succedute. Colpe dalle quali non è esente anche l'attuale. Non può negarsi, infatti, che una certa imprenditoria edilizia non aveva una preparazione culturalmente sufficiente per sfruttare correttamente il lascito del passato e della natura, ma un'Amministrazione avrebbe dovuto imporlo questo rispetto, invece di assecondare questo esercizio di dilapidazione culturale, ambientale e storica.

Al prossimo intervento le proposte.