Ruggero II e Federico II s'incontrano nell'Aldilà.

Ritratto di Angelo Sciortino

30 Ottobre 2018, 21:13 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Ruggero II e Federico II di Svevia s'incontrano nell'Aldilà.

Ruggero, rivolto a Federico: Buongiorno caro nipote.

Federico: Buongiorno nonno, lieto di vederti. In vita non vivesti tanto da conoscermi, ma l'affetto di oggi mi ripaga di quello che non mi desti nel mondo terreno.

Ruggero: Mi dispiacque non essere presente, quando la mia Beatrice ti partorì, ma tutti sanno come e quanto trepidai nell'attesa.

Ancora Ruggero: Ricordi quando ti rimproverai per aver portato a Palermo i due sepolcri di porfido? Ebbene, adesso non te lo rimprovero più. La Cefalù che amai tanto e alla quale lasciai vari monumenti sembra sparita nel nulla...non esiste più! Adesso tutti sembrano impegnati a dilapidare le ricchezze, che lasciai alla splendida Cefalù, perché fosse degna di un re.

Federico: Non so che cosa dirti, nonno. Anch'io guardo quel che accade e mi immalinconisco.

Ruggero: Anch'io vengo preso dalla malinconia e anche dalla tristezza nel guardare com'è ridotta. Un tempo ero riuscito a fare della Sicilia quasi un impero, nonostante i tanti ostacoli della Chiesa. Avevo persino conquistato e poi governato parte dell'Africa del nord. Tu avevi avuto in eredità un regno che tutta Europa invidiava. Se la Chiesa non ti avesse ostacolato, tu avresti ricreato un regno italiano e così facendo avresti cambiato la storia.

Federico: E fu proprio la Chiesa a impedirmi di portare a compimento il mio disegno. Pur avendo sconfitto i Comuni lombardi e pur essendo Re di Roma, ai miei figli lasciai in eredità un simile potente nemico, che alla fine li distrusse con l'aiuto di quegli Angioini barbari e guerrafondai. Nel mio regno si ebbero gli esempi della prima lingua italiana, della poesia e della scienza. Tutte cose che non esistono più.

Ruggero: Non crucciartene. Non soltanto la Chiesa, ma gli stessi Siciliani furono i primi nemici di se stessi. Gli Angioini erano troppo deboli e la Sicilia avrebbe permesso loro, con il tempo, di fare una Sicilia indipendente, un regno forte e temuto come lo fu il nostro. Invece, si ribellarono a un padrone debole e invece di renderlo più forte con la loro alleanza, preferirono combatterlo per regalarsi agli Aragonesi, già forti di loro, che li dominarono per oltre cinque secoli. Adesso pagano caro l'errore commesso con i cosiddetti Vespri siciliani.

Federico: Io parlavo sei lingue, il latino, il greco, l'arabo, il caro siciliano, il tedesco e il francese. Adesso non parlano più nemmeno il siciliano, la loro lingua madre! Che cosa devo dirti, caro nonno...hai ragione, fanno di tutto non per essere liberi, ma per scegliersi un padrone. Lo fanno ancor di più oggi che possono contare sulla democrazia. Ai nostri tempi eravamo re assoluti, ma seguivamo il consiglio dei saggi per governare, oggi invece si diventa governatori non con il voto dei saggi, ma con quelli...non farmelo dire. Sono certo che oggi tu non sceglieresti, come non lo sceglierei io, l'attuale governatore della nostra amata Cefalù.

Ruggero: Né l'attuale di Cefalù né l'attuale della Sicilia. Anzi, ti aggiungo che non sceglierei neanche i precedenti, sia della Sicilia e sia di Cefalù. Ma ho ragione io, nipote, i Siciliani pagano l'errore commesso con i Vespri. Purtroppo, però, continuano a commettere lo stesso errore. Lo hanno commesso quando, combattendo per la loro indipendenza, chiedevano di diventare la 49novesima stella della bandiera americana e lo commettono ancora oggi, schierandosi con la Lega, che ha come simbolo quell'Alberto di Giussano contro i cui eredi ho combattuto vittoriosamente. E questo lo fanno proprio coloro che fino a ieri reclamavano l'indipendenza della Sicilia!

Federico: Che fare, allora, per salvare Cefalù e la Sicilia?

Ruggero: I caratteri dei popoli nessuno può cambiarli. Provarci sarebbe follia o presunzione. Chissà, forse fra qualche millennio accadrà qualcosa e il loro carattere cambierà. Non ci rimane che aspettare.

Federico: Aspetterò, ma non credo che aspetterò senza soffrire. A presto, nonno.

Ruggero: A presto, nipote mio carissimo.