Mafia, Massoneria e Malaffare

Ritratto di Giuseppe Riggio

31 Luglio 2018, 09:05 - Giuseppe Riggio   [suoi interventi e commenti]

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Mafia, Massoneria e Malaffare

 

Nel giro di pochi mesi per ben due volte è stata ricordata la ‘profezia’ (così è stata definita) di Mons. Catarinicchia nei confronti della Città di Cefalù, a conclusione del suo mandato episcopale in questa diocesi, il 31 Dicembre 1987.

La prima volta ho taciuto, ma vista l’insistenza  con cui vengono ribadite certe interpretazioni, intervengo pro bono veritatis.       

«La classe dirigente di questa città – diceva il Vescovo – è stata sempre più attenta al bene personale, particolare o di gruppo, che non all’interesse generale. Questa città ha una componente mafiosa non di stampo tradizionale ed una prepotenza oscura capace di manovrare e di riuscire a qualunque costo, che lascia molto pensierosi. E poi c’è la massoneria che era in sonno e che ora si è svegliata».

«Qualcosa di pauroso. C’è un tale imbroglio di potere da mandare in svendita Cefalù. La città sta per essere svenduta. Ci pensino i cittadini, perché sui poteri occulti, comunque essi si chiamino, si gioca sempre l’interesse della comunità. Non è mia competenza individuare come, dove, di che cosa si sono impadroniti o come sono riusciti a farlo. Non fatemi passare per coraggioso, quanto dico è sotto gli occhi di tutti ogni giorno. Solo chi non vuol vedere non vede»

Questa sorta di ‘anatema’ lanciato a conclusione del suo episcopato,  suscitò sorpresa nella città e nella Chiesa cefaludese, che forse si aspettava un diverso saluto di commiato dal suo Vescovo.

Monsignor Catarinicchia, la profezia avrebbe dovuto esercitarla nei 9 anni del suo  ministero pastorale in questa Diocesi (1978 – 1987), non con una bordata finale che in definitiva ebbe solo un effetto pirotenico! La sua eco durò per alcuni anni, ma al di là dei quattro botti iniziali  non produsse gli effetti sperati dallo stesso Vescovo e da quanti a Cefalù, allora come adesso, coltivavano e coltivano la cultura del sospetto, sanno fare della pessima dietrologia, non hanno il coraggio della verità.

Io c’ero. Ero componente del Comitato di Gestione della USL n. 49 (Cefalù e paesi delle basse Madonie) da quattro anni e ricordo con quanto stupore commentammo le dichiarazioni del Vescovo che apparivano fuori luogo e inopportune, conoscendo noi la realtà politica e socio-economica della Città.

Era impensabile che mafia e massoneria permeassero una Giunta DC-PC, con Sindaco il Cavaliere Saverio  Portera e Vice Sindaco il prof. Giovanni Cristina. Persone per bene! Primo esperimento in Sicilia di quanto avverrà due anni dopo, quando la  Giunta Orlando aprì al Partito Comunista, che per la prima volta partecipò al governo della città (1989).  

All’USL eravamo impegnati a gestire il fallimento dell’impresa che costruiva il nuovo ospedale, a monitorare  e contenere la spesa sanitaria, a fornire il vecchio ospedale di moderne attrezzature quali un grande ecografo per la Radiologia ed uno piccolo per l’Ostetricia e Ginecologia...il tutto nella più grande trasparenza regolarmente verificata dal Consiglio della stessa USL costituito dalla rappresentanza dei Consigli comunali del territorio.

Preciso che in questa ricostruzione mi affido esclusivamente ai ricordi, perché non era mia abitudine conservare carte e documentazione degli atti amministrativi, perché non ho mai temuto di averne bisogno in futuro, come di  fatto non ne ho avuto mai bisogno.

Ovviamente la ‘denuncia’ del Vescovo acuì l’attenzione della Procura di Termini Imerese che divenne eccessivamente zelante nei confronti di Cefalù e per alcuni anni si visse quasi ‘sotto minaccia giudiziaria’, con esame di ogni atto amministrativo da parte della Magistratura, dietro quasi quotidiana informale richiesta di copia degli atti, che avveniva tramite le forze dell’ordine.

In questo clima, nel 1988 si giunse alla cadenza naturale della Consiliatura e nel mese di Giugno si andò alle urne per eleggere la nuova amministrazione. E qui sì le parole del Vescovo  ebbero effetto dirompente, non tanto per virtù propria, perché da sole avrebbero fatto solo ‘scumazza’, ma perché cadevano su un terreno minato: Cefalù visse le conseguenze della grave crisi interna alla Democrazia Cristiana non a livello cittadino ma come espansione nell’area metropolitana della scottante situazione palermitana con tutto quello che si era smosso ed era emerso dopo l’assassinio dell’On. Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Sicilia, qualche anno prima, ad opera della mafia.

Già nel 1984 il Segretario nazionale della DC, on. Ciriaco De Mita, nel suo progetto di rinnovamento decise di azzerare i vertici palermitani del partito e nominò l’on. Sergio Mattarella Commissario straordinario della DC palermitana. Tale ruolo questi  svolse fino al luglio del 1988 promuovendo in tale periodo la formazione a Palermo di una giunta comunale di rinnovamento guidata da Leoluca Orlando, ma annullando proprio nell’ultimo anno il tesseramento al partito.

In questo quadro vanno letti gli avvenimenti dell’88 cefaludese: per le elezioni comunali Mattarella dispose che nessuno dei membri del Direttivo del partito potesse candidarsi e ciò fece  a mio parere per un motivo ben preciso: come per Palermo nell’85, perfettamente in sintonia con il progetto di rinnovamento, andavano cambiati i vertici nell’Amministrazione della Città, tanto è vero che nessuno del Direttivo DC poté candidarsi alle elezioni amministrative dell’88.

Ad ogni buon fine e comunque contro qualsiasi altra malevola interpretazione, mi permetto ricordare che nessuno di quegli amministratori tanto vituperati è stato mai incriminato per corruzione e malaffare.

Cefalù 31.07.2018

                                                    Giuseppe Riggio