Cosimo Cimino: Itinerari nell’arte

Ritratto di Rosalba Gallà

25 Luglio 2018, 11:52 - Rosalba Gallà   [suoi interventi e commenti]

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COSIMO CIMINO: ITINERARI NELL’ARTE
di Rosalba Gallà

POLISEMIA IRONICA E PROVOCATORIA

 

Costituisce un vero e proprio evento la mostra personale di Cosimo Cimino presso l’Ottagono di Santa Caterina, dal momento che si tratta della sua prima a Cefalù, città natale che l’artista ha lasciato da giovane per andare ad insegnare prima in Calabria e per trasferirsi nel 1961 definitivamente alla Spezia, dove ha proseguito la sua carriera di docente. Nella città ligure  è tra i fondatori, nel 1968, della Galleria Il Gabbiano, nell’ambito della quale, nel 1969, realizza la prima mostra personale: da quel momento, il suo lungo e originale percorso d’arte si svolgerà nell’ambito della Galleria, importante centro di cultura, luogo di incontro di tanti artisti italiani e stranieri e punto di irradiazione dell’arte in Italia e all’estero. La sua attività si è svolta, dunque, lontano da Cefalù (risale al 1998 un’esposizione presso “Robinson”, in Via Madonna degli Angeli) e solo recentemente le ha donato qualche assaggio della sua arte, con le mostre collettive C’è occhio e occhio e Libretto Digitale, ideate dalla galleria Il Gabbiano, ed allestite presso il Museo “Mandralisca” di Cefalù, rispettivamente nel 2016 e nel 2017, e infine con  la collettiva Respiri di tempo, presso l’Ottagono di Santa Caterina, nel 2017.

Altra cosa, evidentemente, è la mostra personale Itinerari nell’arte.

La lunga carriera artistica ha attraversato diverse fasi e all’interno della sua vasta produzione possono individuarsi diversi itinerari, tutti riconducibili, però, ad alcuni principi di fondo che danno coerenza di pensiero e potenza creativa al suo fare arte.
Cosimo Cimino, intellettuale e artista con grande capacità di manipolazione dei materiali, pensatore e artigiano al contempo, sin dalla giovinezza ha mostrato una certa insofferenza nei confronti della formazione accademica tradizionale e ha subito cercato di creare nuovi codici espressivi, anche per dare voce alle contraddizioni della società di cui è stato ed è attento osservatore. Inoltre, uno dei presupposti fondamentali della sua visione estetica è la convinzione che non esistano barriere tra le diverse forme artistiche, ma piuttosto legami e sintesi, intrecci e scambi: insomma, arte visiva, arte musicale, arte poetica non vivono esistenze separate, ma percorrono sentieri che spesso si incrociano o confluiscono in un’unica e più ampia strada. In questo senso, si rivela importante il contatto con esponenti del movimento Fluxus, il quale si basa sulla necessità di superare la tradizionale articolazione delle arti attraverso l’inserimento della creatività artistica  nel flusso quotidiano dell’esistenza, con il recupero degli aspetti più semplici e generalmente considerati privi di valore estetico e che invece acquistano poeticità artistica se inseriti in nuovi contesti. Avendo particolare riguardo alla musica, il movimento propone modalità espressive, quali happening e performance. Allo stesso modo è fondamentale l’incontro con la poesia visiva, integrazione di immagini e parole, di figure e lettere.
Così, l’artista, dopo diversi percorsi sperimentali, negli anni Novanta ha scelto l’uso delle lattine che, come ha detto Mara Borzone, “nei supermercati tacciono, mentre sui sentieri di alta montagna e sugli scogli urlano”. Opere molto note, come Paolina Borghese di Canova, l’immagine dei Futuristi a Parigi, Il ritratto di Van Gogh, scatti fotografici, ritratti di artisti della cultura spezzina, come l’attore caratterista Alberto Sorrentino, vengono reinterpretati, resi e realizzati attraverso i colori e la lucentezza delle lattine tagliate in sottili strisce e assemblate.

      

Si tratta di un’importante operazione ecologica di riciclaggio di ciò che l’incuria e la disattenzione dell’uomo abbandona nei luoghi più belli, offendendone la storia e la natura, e un’importante operazione d’arte che realizza anche forme del tutto ‘normali’, come galli o mucche al pascolo, ‘colorandole’ attraverso un sapiente collage di lattine. Probabilmente è un modo, ironico ma nello stesso critico, per sottolineare le storture e le devianze della società dei consumi, sempre meno rispettosa del patrimonio artistico e paesaggistico, e sempre più interessata al valore del marchio, diventato segno di appartenenza al mondo come unico e immenso villaggio.

Nascono così le Bottiglie di lattine e un’opera si intitola Dallo da bere, espressione che ci conduce ancora una volta verso l’attuale condizione socio-politico-economica, in cui a noi tutti, ridotti a semplici consumatori, danno da bere tante pseudo-verità; l’opera Campionario, in cui tante giacche vuote, l’una accanto all’altra, evocano il deserto interiore di tante persone che, pur vicine, non riescono a comunicare, a guardarsi negli occhi, presi ormai dalla frenesia della comunicazione telematica, dalle distanti amicizie dei social, avendo perso la capacità del contatto reale, della compromissione in una relazione emotiva vera. E poi ancora scarpe e cappelli rivestiti di lattine, a grandezza reale, e cravatte, una vera passione a partire dall’installazione Di luce in luce, con i pini incravattati dell’aiuola di Piazza Verdi alla Spezia.

 

L’esperienza delle lattine va interpretata alla luce anche delle più recenti esperienze di Cosimo Cimino, in cui l’opera d’arte nasce dall’assemblaggio di diversi oggetti, raccolti e recuperati dall’artista, come bicchieri, occhiali scuri, soldi, interpretati come espressione di una società sempre più superficiale e volgare, sempre più volta al consumismo e allo spreco, incurante dell’impatto ambientale che ciò che abbandoniamo provoca. Eppure ciò che ormai riteniamo inutile o superato dal modello più nuovo, in un turnover di oggetti sempre più frenetico, può acquistare nuova vita e conseguire un nuovo valore estetico e la potenza di una denuncia,  in un’Italia che, utilizzando il titolo di un’opera del 2010, in legno, garza, acrilico su cartone, Sta molto male.

Se le lattine hanno un ruolo fondamentale nella produzione artistica di Cosimo Cimino, non meno importante è la carta, utilizzata in diverse fasi del suo percorso, la quale, tagliata, fatta a strisce, spezzata, assemblata, incollata, assume una plasticità insospettata e una corposità inattesa. Il suo bianco, elaborato e macchiato da elementi ad essa estranei, si riempie di significati ancora più incisivi dei messaggi scritti su carta.

   

Anche in questo caso, l’immagine gioca con le parole, quelle dei titoli (Con le ali di carta ho rinunciato a volare) e quelle inserite  nelle stesse opere (Mors tua, vita mea), con la realizzazione di un circuito emotivo in cui l’osservatore è coinvolto attivamente nella scoperta del rapporto tra aspetto iconico e verbale, indotto ad intraprendere un proprio itinerario nella polisemia ironica e provocatoria dell’arte di Cosimo Cimino.