18 Dicembre 2017, 19:44 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Due considerazioni merita la sentenza di assoluzione delle due donne accusate di aver distribuito beni alimentari durante la campagna elettorale del 2012. Un'assoluzione, della quale comunque mi rallegro, ma che non posso non commentare, se voglio essere “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”.
La prima considerazione. Se sono state assolte perché avevano distribuito i beni in qualità di volontarie di un'associazione caritatevole (Civitas?), perché non li avevano distribuiti prima della campagna elettorale e perché non hanno continuato a distribuirli dopo, visto che gli aventi bisogno non erano certamente diminuiti? Ma forse il loro amore per i poveri e gli affamati ebbe breve durata, tanto quanto una campagna elettorale.
La seconda. Se la verità processuale è, secondo la Cassazione, “una verità limitata, umanamente accertabile e umanamente accettabile del caso concreto” (Cass. Quinta sezione 25 giugno 1966), allora la verità processuale è l'insieme dei giudizi formulati seguendo le regole del diritto processuale. Tale verità, quindi, non sempre corrisponde alla verità in senso assoluto.
Da un po' di anni, però, quando una sentenza assolve un imputato, si finisce con il gongolare e con il considerarlo una sorta di martire sacrificato sull'altare della verità; quando invece lo condanna, gli si riserva ignominia per sempre.
Non posso non aggiungere che, com'è accaduto al PD, non si può gongolare per un'assoluzione, se durante le indagini su altre persone – a esempio Simona Vicari – si è emessa una condanna prima ancora della sentenza processuale. Questo corrisponde a un malinteso e perfino erroneo senso della Giustizia. Comunque, non sarebbe male che chi fa comunicati avventati e anche minacciosi andasse a leggere il saggio descritto nella foto.
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