4 Dicembre 2017, 19:37 - Giuseppe Maggiore [suoi interventi e commenti] |
NOTAZIONI INCULTURALI A MARGINE DI UN FATTO DI CULTURA
Non ho letto il libro di Francesca Cicero Bellizza "Segnare la differenza - La Politica è bisogno civico", edito per i tipi di "Edizioni Arianna", ma sono stato presente alla sua esibizione al pubblico avvenuta in Cefalù, nella Sala delle Capriate del Comune, lo scorso 2 Dicembre, ed ho seguito l'alternarsi dei relatori e, soprattutto, ciò che dicevano; e le mie attuali considerazioni traggono esclusivamente spunto da quanto nella serata s'é detto.
Veramente ho potuto seguire solo la maggior parte degli interventi, perché, a tre quarti della serata, chiamato d'urgenza per telefono, ho dovuto, mio malgrado, abbandonare l'aula per non più ritornarvi.
Ciò è malauguratamente avvenuto durante l'intervento della stessa Autrice.
Pertanto, ciò che qui propalo lo si recepisca col beneficio d'inventario.
Comunque, seguendo le disamine, mi son fatto una certa idea sul testo, sull'Autrice e sulle motivazioni che l'hanno indotta a scrivere questo libro che rappresenta la sua prima opera letteraria.
La Cicero, come è stato detto, laureata in filosofìa, vive a Castelbuono dove prende parte attiva alla politica del luogo. È stata Direttrice del locale civico Museo nel quale ha istituito e diretto i laboratori didattici per le scuole, collabora con vari enti e fondazioni, come la Fondazione Orestiadi, con L'Istituto di Storia Patria di Messina, col periodico Le Madonie in cui dibatte argomenti politici e culturali ed è Presidentessa dell'associazione Accademia dei Curiosi, originale organismo madonita dalle molteplici attività cognitive; gestisce, inoltre, il blog Fresche Frasche.
Ciò tanto per stilarne un breve profilo sociale.
Fotografia di Carlo Antonio Biondo
Da quanto sono riuscito a captare, quindi, attraverso i forbiti interventi degli illustri relatori (Prof. Vincenzo Garbo, Assessore alla Cultura del Comune di Cefalù nonché presente in rappresentanza del Sindaco Rosario Lapunzina assente per impegni connaturati alla sua alta carica, Prof. Daniele Tumminello e Prof.ssa Rosalba Gallà, entrambi Consiglieri dello stesso ente locale, Arch. Tania Culotta, Assessora alle Pari Opportunità, Prof. Giuseppe Saja, Insegnante, scrittore, critico, Prof. Pietro Attinasi esponente di Edizioni Arianna e la stessa autrice del libro, Prof.ssa Francesca Cicero) mi pare che l'essenza del testo si compendi per lo più su pochi ma ben definiti assiomi ed intendimenti lapidari di forte impatto, del tipo: "... la politica è l'arte del compromesso, se in esso ci siamo tutti e non solo alcuni...", "... un viaggio umano che vuole segnare l'importanza della storia e della capacità di scegliere eticamente il percorso comune da intraprendere...", "... analizzare l'uomo politico attraverso il pensiero di Soren Kierkegaard...", "... vedremo come nei tre stadi, l'estetico, l'etico e il religioso, si possano celare quelle peculiarità che oggi sono riconoscibili in chi detiene il potere politico..."; e, ancora: "... lo scoramento e il disagio verso la politica italiana è mia convinzione che possano essere ridimensionati, solo se, partendo dai piccoli centri, torniamo a occuparci del Bene Comune..."
Come è possibile assumere il tessuto concezionale è forte, prende di petto ogni classismo e punta diritto al cuore delle questioni.
Che la dottrina di Soren Kierkegaard, eminente filosofo danese, uomo segnato da carattere inquieto e da una vita volutamente solitaria dal cui profondo pensiero traggono origine i concetti de "L'esistenza e il singolo", "Possibilità, angoscia e disperazione", "Il paradosso della fede", "La vita estetica, la vita etica e la vita religiosa", ecc., elementi concettuali ben tenuti presenti dalla scrittrice Cicero nella formulazione del testo che ci occupa, sia preponderante nella moderna ideologìa sociale è un fatto palese da cui è difficile prescindere; influenza che la Cicero riconosce di avere assorbita e trasfusa nella stesura del testo. Come pure ammette di essere stata aiutata nella stessa elaborazione dal contributo filosofico di Aristotele, di Pericle, di Hannah Arendt, di Calamandrei e della Fallaci.
Considerando ciò vengono in mente delle intuizioni spontanee che non sono desuete in politica e che sono avvalorate da assimilazioni tratte da teorici quali Nietzsche, Freud, Fromm, De Gaultier, Iung, Heidegger, Bergson, Egger, Picard ed altri: che la menzogna, profferta anche a fin di bene, sia connaturata al pensiero politico; che le contraddizioni in cui ci s'imbatte sono intese come elemento ordinario insostituibile; che è congeniale alla polis ricondurre la "volontà di verità" a "volontà di illusione"; che finché nel genere umano prevarranno sentimenti insdradicabili quali l'invidia, l'esibizionismo, la gelosìa, la sete di potere fine a se stessa e quant'altro, il comune senso del dovere ed il relativo impegno attuativo subiranno sempre delle fisiologiche alterazioni.
Tenuto conto che Nietzsche ritiene l'uomo "... un piacevole, valoroso, inventivo animale che non ha pari sulla terra e che in ogni labirinto si trova ancora a suo agio..." possiamo formulare la proporzione secondo la quale la ragione sta alla verità come l'illusione alla speranza; così come pure Heidegger sottolinea la tesi " dell'inseparabilità di volontà e potenza" e che alla base della coscienza o dello spirito di ogni individuo in cui la volontà di potenza s'incarna, non c'é un soggetto, ma semplicemente una "lotta che vuole conservarsi".
Se un pensatore del calibro d'un Aristotele ebbe a definire l'uomo "animale politico" ne consegue inevitabilmente una seconda proporzione: che la politica sta all'uomo come l'ossigeno all'organismo.
In buona sostanza la politica serve all'uomo per la sua maturazione umana e sociale.
Tutto ciò induce a pensare che è difficile essere compresi, soprattutto quando si pensa e si vive in una dimensione illusoria in mezzo ad uomini che, com'é intuibile ed opportuno che sia, la pensano e vivono diversamente. Ogni persona eletta, osserva Fromm, "tende istintivamente al suo rifugio ed alla sua intimità, dove poter essere libera dalla massa, dai molti, dai troppi, dove poter dimenticare la regola "uomo" in quanto sua eccezione".
Oggi viviamo in un periodo storico caratterizzato da una discrepanza tra lo sviluppo intellettuale dell'uomo e la sua collaterale evoluzione "mentale-emozionale"; stati fisiologici che preludono a una dimensione di accentuato narcisismo corredato da tutti i suoi sintomi patologici. Sarebbe un grosso vantaggio se non il singolo ma l'umanità intera potesse diventare l'oggetto del narcisismo.
Dal che ne viene che la ricostruzione di un rapporto di fiducia fra politica e pubblico non può basarsi solo sul settarismo, ma è necessaria una volontà fattiva che dimostri la lealtà delle intenzioni interattive programmate.
Lo Stato deve essere il garante delle opere necessarie al bene pubblico e non deve limitarsi a degli slogan, a delle false promesse che in ultima analisi non aiutano la società a crescere.
Sono concetti che spero collimino con le convinzioni espresse dall'Autrice nel suo libro che mi riservo di leggere con la dovuta concentrazione non appena mi sarà possibile; concetti che sono germinati nella mia mente ascoltando soprattutto la forbita dissertazione del Prof. Vincenzo Garbo che ha parlato del libro e della sua logistica collocazione nella cultura madonita e della colta Prof.ssa Rosalba Gallà che ha interpretato il testo alla luce del sua prolifica classica preparazione.
Cefalù, 4 Dicembre 2017
Giuseppe Maggiore
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