1 Dicembre 2017, 12:25 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
È significativo che nella competizione elettorale avvenuta in Sicilia il tema dell’istruzione sia stato pressoché ignorato. Accadrà altrettanto alle elezioni politiche nazionali?
E’ sotto gli occhi di chi usa il cervello com'è ridotta l'istruzione pubblica in Italia. Gli esami di maturità hanno cambiato norme e volto varie volte in pochi anni. Così come sono, non servono a nulla. I “test” per la verifica del sapere scolastico nazionale sono un rito come le candelore. L’insieme della pubblica istruzione è un caleidoscopio di istituti che si barcamenano, scuole in abbandono, classi allo stato brado, accampate in edifici ancora solidi, se sottratti tempo addietro a monache e a frati, in caserme dismesse o di anteguerra. Quelli di costruzione recente spesso paiono usciti da menti obnubilate, che o non sono mai state a scuola o non ne hanno mai capito le necessità fondamentali. Aule per conferenze e palestre nella generalità dei complessi scolastici rimangono aspirazione insoddisfatta.
Così stando le cose, la scuola pubblica muore. Essa nacque con l’unificazione nazionale, con ministri quali Pasquale Villari, Quintino Sella, Michele Coppino, Francesco De Sanctis, Ferdinando Martini…
Per restituire la scuola alla sua identità originaria occorrono tre rimedi: un ministro serio in un governo durevole e dal progetto politico e civile altrettanto serio; il ripristino della sovranità educativa dei collegi docenti presieduti da persone colte e competenti, responsabili della formazione scientifica nella libertà; l’adeguamento delle retribuzioni del personale scolastico al valore della sua missione, mentre oggi più che misere sono offensive. Chi forma il cittadino va remunerato più di chi ne cura gli acciacchi fisici. I malanni del corpo passano, con la guarigione o con la morte. Quelli della personalità di adolescenti e di giovani durano e creano danni irreparabili, come mostra il fanatismo oscurantista di tutti i culti.
Diversamente le famiglie hanno il diritto/dovere di provvedere in proprio alla scolarizzazione dei figli, trattenendo però dalle tasse quanto allo scopo debbono spendere per scuole private: un mondo, codesto, sempre all’anno zero, anche e soprattutto per la colpevole ignavia della borghesia di recente fortuna, doviziosa per caso, inconsapevole e incapace di un progetto culturale di lungo periodo.
Nel frattempo gli insegnanti vengono mortificati dagli allievi, da genitori incoscienti e da quella parte di scalcinata opinione pubblica che si gonfia le gote con chiacchiere su democrazia e onestà. È la stessa che condannò a morte Socrate, perché rinfacciava agli ateniesi di non capire che la classe politica, i “governanti”, deve essere il meglio della “città”: non espressione di pulsioni tumultuose, della “balda gioventù”, di giocose e oscure “piattaforme”, ma anziani fatti saggi dalla vita, dallo studio, da ogni esperienza in genere.
Sarà benemerito chi caccerà i mercanti dal Tempio della Pubblica istruzione, come fece Gesù appena entrato in Gerusalemme, e lo restituirà ai suoi sacerdoti: la scuola ai docenti.
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