Sull'arresto di Cateno De Luca

Ritratto di Angelo Sciortino

8 Novembre 2017, 13:15 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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De Luca è stato eletto all'Ars con 5.418 preferenze, nella lista messinese di Udc - Sicilia Vera; De Luca è stato posto agli arresti domiciliari questa mattina su decisione dei giudici di Messina con l'accusa di evasione fiscale.

La decisione del Tribunale di Messina potrebbe dimostrarsi non supportata da prove inoppugnabili, perché ancora deve svolgersi il dibattimento, che potrebbe concludersi con l'assoluzione. Quindi questa mia riflessione riguarda ben altri aspetti, che si riferiscono all'attività politica, e non solo, del De Luca. Se mi soffermarsi soltanto sull'episodio dell'arresto, sarei un semplice giustizialista. E di giustizialisti purtroppo ce ne sono troppi in questa povera Italia. Troppi e pochi di essi sono più affidabili dello stesso De Luca.

Guardiamo, pertanto, a qualche episodio del passato, in cui il comportamento di De Luca ne ha fatto un uomo inidoneo a rappresentare i Siciliani all'ARS.

Nel 2007 aveva avuto un suo momento di notorietà, mettendo in scena uno spogliarello di protesta contro l’allora presidente dell’Assemblea regionale Gianfranco Micciché, che aveva deciso di estrometterlo dalla commissione Bilancio. Avvolto solo da una bandiera sicula, mostrò in aula i tre regali per Miccichè: un piccolo Pinocchio “per le bugie che ha detto sulla commissione”, una coppola “perché ho subito un sopruso mafioso” e addirittura una Bibbia tesa allo stesso Miccichè “per convertirsi ai sani principi della politica”.

Nel 2011 De Luca, in qualità di sindaco di Fiumedinisi, viene arrestato col fratello Tindaro, un funzionario del Comune e il presidente della Commissione edilizia, per abuso d'ufficio e concussione. Avrebbe gestito gli appalti pubblici, il cosiddetto ''sacco di Fiumedinisi'' per proprio tornaconto.

Nel 2006 si presenta in mutande a palazzo dei Leoni, sede della Provincia messinese, per protestare contro i tagli della fornitura d'acqua alle Eolie.

Viene condannato dalla corte dei conti a 13 mila euro per le ''spese pazze'' dei gruppi all'Ars.

A questo punto viene spontanea una domanda: ammesso che diciotto preferenze debbano attribuirsi a suoi parenti, le altre 5400 chi, a fronte di un simile personaggio da cabaret, gliele ha date? E tutto ciò a prescindere dalla sua odierna colpevolezza. Forse, però, dobbiamo dare regione alla saggezza dell'adagio siciliano: cu è carnalivari, carnalivari o cu ci va dappressu? Forse sarebbe stato bene che i 5400 si fossero astenuti!