... Breve nota di cronaca... (quasi una sceneggiata)

Ritratto di Giuseppe Maggiore

16 Luglio 2017, 10:44 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

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… BREVE  NOTA  di  CRONACA… (quasi una sceneggiata)

 

- Apertura in dissolvenza -

Synopsis:

Giorno 13 Luglio di quest’anno. Clima torrido. Temperatura, al sole, di circa 40 gradi, se non di più.

Accompagno mia moglie all’ospedale “Giglio” per una visita angiologica prenotata per le 12,40.

Conscio dell’affollamento di utenti che sempre si verifica dinanzi agli sportelli dell’accettazione, mi vi reco per tempo con più di un’ora di anticipo; trovo, infatti, un congruo numero di gente ciangottante in attesa del proprio turno (una sorta di bolgia dantesca in miniatura), che, con l’incontrollato multiplo gutturale vocìo, crea un assordante frastuono che fà desiderare ardentemente la solitaria campagna ingentilita dal gorgheggio degli usignoli o una serena veduta marina con le onde che dolcemente si frangono sulla battigia dinanzi ad uno splendido rosseggiante sole al tramonto…

Solo due o tre gli sportelli aperti contro i cinque che dovrebbero risultare operativi.

Aspetto pazientemente il nostro turno, che avviene non prima di tre quarti d’ora; e durante il pagamento del ticket chiedo all’impiegata come mai non si provveda ad aprire tutti e cinque gli sportelli in situazioni di emergenza come la presente.

Mi si risponde che, purtroppo, manca il Personale. Al che io ribatto che sarebbe il caso di fare delle assunzioni per sostituire quanti esulano dal servizio. Il dialogo cessa.

A mia moglie viene consegnato, assieme alla quietanza, un foglio col numero di chiamata: “0”. Non nascondo un moto di sollievo, presumendo, quindi, che sarà la prima ad essere ricevuta; quantunque sull’impegnativa l’appuntamento è segnato per le 12,40 e manca ancora mezz’ora all’orario prefissato.

Raggiungiamo, quindi, la sala d’attesa dell’ambulatorio al 2° piano, anche questa piena di gente, e per ingannare il tempo comincio a leggiucchiare le carte che ci sono state date.

Ma non avviene niente; il tempo passa inesorabile a dispetto della nostra stoicità e le mie speranze di sbrigarci presto naufragano sulle ineludibili pastoie di una cruda acerba realtà: l’ora canonica viene irrimediabilmente superata e l’Angiologo è addirittura costretto ad assentarsi, interrompendo una visita in corso (non mi rendo conto come vi possano essere stati altri pazienti prima di mia moglie, quando quest’ultima avrebbe dovuto avere la precedenza atteso il numero “0” di chiamata), richiesto dalla Direzione Sanitaria (apprendo) per un caso di emergenza.

A quanto pare è da desumersi che il Sanitario in discorso sia l’unico specializzato in tale patologìa in tutto il nosocomio?

Verso le 13,15, tornato il medico, mia moglie viene chiamata e viene invitata a stazionare dietro la porta del gabinetto di pertinenza in attesa che esca una seconda paziente che vi è dentro (altro caso indecifrabile: è da ritenere che tale successiva paziente detenesse il numero di chiamata “– 2”, così come la prima che avrebbe dovuto avere il numero  “– 1”, ove tali numeri negativi fossero attribuibili.  Mah!).

Dopo una quindicina di minuti buoni il caso viene al dunque e l’Angiologo, assieme alla paziente e ad altro Personale, esce dalla stanza e senza proferire verbo si eclissa una seconda volta. Da un infermiere apprendo che è stato richiamato dalla Direzione Sanitaria per un’altra emergenza (se non per la stessa di prima).

Un tizio, in disarmo per gli anni, seduto accanto a me, sicuramente captando la mia giustificata insofferenza per il prolungarsi dell’attesa, per ingannare il tempo e per propria indole estroversa, nonché per quella dose di comunicativa che impremeditatamente s’instaura quando ci si trova in compagnìa, seduti in uno scompartimento ferroviario, o in una sala d’aspetto, o altrove e si attende di essere chiamati o di arrivare in qualche posto, o che avvenga una qualche soluzione nel caso che lì ci ha addotto, in un italiano smozzicato infarcito di gerghi dialettali comincia a raccontarmi del suo lavoro edile e della precisione negli appuntamenti che alligna in Germania, dove ha lavorato, e, comunque al Nord, rendendo la mia noia ancora più solerte e decisa mentre, meditabondo, ascolto la sua, spesso indecifrabile, cantilena.

Perché, bisogna pur ammetterlo con serena coscienza, a sentire vantare l’Europa, per non dire il Nord, circa la puntualità, l’efficienza e quant’altro, potenzialità in itinere che la Sicilia a ben vedere ha ad iosa nel suo DNA ma che spesso trascura per motivazioni più o meno attendibili, c’è da disgustarsi seriamente.

Alle 14,15, per l’esattezza, dopo ben un’ora e 35 minuti di snervante infruttuosa attesa dall’orario prenotato per la visita (12,40) e a due ore e 05 minuti dalla consegna del foglio di chiamata col numero “0”, vengo informato da un Infermiere che l’Angiologo (o chi per lui) ha fatto sapere che sarà impegnato per l’emergenza per ancora una buona mezz’ora (ipotetica mezz’ora che nella nostra emerita Trinacria potrebbe arrivare anche ad un’ora e forse più).

A questo punto io e mia moglie, che non ce la facciamo più ad aspettare, seduta stante decidiamo di andarcene, annullando la visita resa vanificata dalle continue chiamate fuori stanza del Medico titolare della materia, progettando di rivolgerci ad un Angiologo esterno.

Così riguadagniamo gli sportelli dell’accettazione, ci facciamo rimborsare il costo del ticket prima corrisposto e lasciamo definitivamente l’Ospedale immergendoci in un opprimente caldo afoso ed elucubrando sulla giornata irrimediabilmente persa, con tutte le altre incombenze rimaste, per il ritardo, insoddisfatte.

Senza voler nulla togliere alla professionalità del Personale Medico e Paramedico in servizio presso il cittadino nosocomio, il cui grado di preparazione  appare più che eccellente e consolidato, c’è da osservare che l’Amministrazione del Detto dovrebbe più attentamente valutare il concetto che il Paziente che ricorre ai suoi servizi è un essere umano che ha bisogno di aiuto, con i suoi problemi, con i suoi impegni, con le sue urgenze e con quant’altro, e non un soggetto atono ed insensibile che deve subire i risvolti negativi causati dalle possibili lacune di una struttura; e che, pertanto, se vi sono delle carenze numeriche nel Personale che deve assisterlo, che si provveda ad eliminarle, non solo preminentemente per la salute del ricorrente, ma anche per il buon nome del complesso sanitario stesso; perché, sic stantibus rebus, ricorrendo all’ospedale, per lo stress di attese sproporzionate si rischia il paradosso di ulteriormente ammalarsi anziché venire guariti.

Lascio, comunque, alla perspicacia del Sigg. Lettori, ulteriori valutazioni ove vi siano da fare.

- Chiusura in dissolvenza -

Cefalù, 16 Luglio 2015

                                                                                                    Giuseppe Maggiore