25 Febbraio 2017, 20:53 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |
Amarezza e nostalgia sono i sentimenti comuni a quanti abbiamo “assistito” alla demolizione della stazione di Lascari avendo nel cuore e negli occhi le sequenze di Nuovo Cinema Paradiso con Alfredo, seduto sulla panchina della stazione di Giancaldo, che stringe Totò nell’abbraccio col quale lo spinge ad andarsene dalla Sicilia, “terra maligna”.
Sentimenti forti, che turbano il nostro animo e che, come spesso accade, finiscono per sopraffare la nostra facoltà di ragionare.
Sino a farcela perdere del tutto e ad indurci a scagliarci contro tutto e contro tutti.
Contro il mondo intero, responsabile del nostro turbamento.
Emblematico, al riguardo, il commento sulla vicenda del Sottosegretario di Stato Davide Faraone.
Egli, nel suo commento, dopo avere definito la Sicilia terra “senza futuro, irredimibile e brutta” e dopo avere giudicato “la politica miope perché incapace di guardare al futuro, per avere azzannato e sbriciolato con i suoi (sic!) denti di acciaio e con quelli di una ruspa un pezzo della nostra memoria, un pezzo di Sicilia reso celebre da un film storico per far spazio formalmente al doppio binario piuttosto che valorizzarla e renderla occasione di sviluppo, meta turistica e area di attrazione”, si è detto “convinto che si poteva raddoppiare la ferrovia senza cancellare questo pezzo di memoria”.
Senza entrare nel merito dei giudizi, che Faraone ha espresso sulla politica, di cui Egli è degno rappresentante, mi limito a soffermarmi sulla convinzione, che Gli ha fatto dire che si sarebbe potuta raddoppiare la ferrovia senza cancellare Giancaldo.
Una convinzione, che appalesa il fatto che il Sottosegretario di Stato, travolto dai suoi sentimenti, non si è avvalso della facoltà di ragionare.
Eppure, per elaborare un ragionamento, peraltro semplice, sarebbe bastato che Egli, avesse preso spunto dalla storia e dalla geografia del raddoppio.
La storia del raddoppio, che iniziò nel 1978, cioè 12 anni prima dell’Oscar a Tornatore e che, prima del 1988, quando il regista immortalò la stazione di Lascari in quella di Giancaldo, si era concretizzata in tre progetti di massima e/o definitivi, che erano stati studiati tenendo conto della geografia del territorio, nel quale il raddoppio si sarebbe calato.
Sostanzialmente e non formalmente.
Una geografia, che, nel tratto che va dal bivio autostradale di Buonfornello alla stazione di Lascari, era stata determinante nella scelta delle FFSS e dei progettisti incaricati.
La scelta di fare correre la nuova linea in affiancamento a quella esistente, dal lato di monte, sfruttando la striscia di terreno inutilizzato ed inutilizzabile tra la vecchia linea e la statale 113.
Un affiancamento dal lato di monte, le cui ragioni geografiche sono sotto gli occhi di quanti percorriamo la statale 113 ed abbiamo la voglia di osservare.
Per capire.
Un affiancamento obbligato dalla presenza, lungo il lato di mare, della strada carrabile intercomunale, che, senza soluzione di continuità, collega la stazione di Lascari a Pistavecchia di Buonfornello, attraversando le piane di Lascari e Campofelice.
Quella strada da cui si diparte il dedalo di stradine, da cui si accede alla miriade di case vacanze, che, nei decenni, ha soppiantato la campagna di agrumi e di carciofi delle predette piane e di quella di Buofornello.
Osservata la geografia, nella quale si sarebbe dovuto calare la nuova linea, non è difficile convincersi che, per non abbattere la stazione di Giancaldo, l’affiancamento alla vecchia sarebbe dovuto avvenire dal lato di mare, cancellando, così, la predetta strada, che si sarebbe dovuta spostare più a valle, in terreni di privati cittadini.
Insieme alla linea linea elettrica, che, per chilometri e chilometri, le corre a fianco.
Il tutto provocando un autentico casino e le sacrosante opposizioni da parte dei Comuni interessati al mantenimento della strada e dei privati contrari agli espropri, nonchè della stessa ENEL.
Il tutto per dire che l’amarezza e la nostalgia suscitate dalla demolizione di Giancaldo hanno travolto la facoltà di ragionare di Faraone, che, pur di concedersi alla demagogia, ha perso un’occasione per tacere.
Saro Di Paola, 25 febbraio 2017
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