Le poesie vincitrici del V° Premio Nazionale 2012

Ritratto di Centro di Cultura Polis Kephaloidion

10 Luglio 2012, 00:53 - Centro di Cultu...   [suoi interventi e commenti]

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PAESAGGIO DI MONTAGNA
Pribetic Gloria

Osservo.
Un’aquila in volo
nel cielo tinto d’azzurro,
la neve leggiadra di panna montata.
E’ l’aurora.
Illumina le montagne
maestose e immobili,
brillano,
i cristalli di ghiaccio.
Sento.
La morsa del freddo
mi smorza il respiro,
le mani congelate
fragili come statue.
Lontano.
Gli alberi quieti
piegati silenziosi,
 il peso
di un inverno interminabile.
Ammiro.
Di questa pace
me ne approprio,
chiudo gli occhi
in un momento di serenità
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DONNA
Carmine Laricchia

La mia utopia sei tu, candido e illustre amore.
Sei il mio sogno nel cassetto, puro, profumato e Divino,  
mi basta pensarti per sorridere, ninfa lucente.
Sei ossigeno e polline nell’area,
soffice e delicata come i petali di un fiore.
Un tuo sussurro per il mio cuore equivale a un sorriso, fiori di pesco.
Inno di bellezza alla vita, inno di bontà e virtù, perla cristallina.
Angelo incontaminato, gioisci e fai gioire il mondo e, se vuoi anche il
mio lugubre e afflitto cuore.
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CUORE CIECO
Maglio Fabio

Seduto nell’angolo di una stanza,
ombre informi danzano davanti a me.
Sono chiuso in me stesso,
il mio cuore vorrebbe urlare,
ma il silenzio avvolge ogni cosa.
Vorrei sapere cosa mi sta succedendo,
 è successo tutto all’improvviso,
come se già qualcuno l’avesse deciso.
Qualcosa è successa nei miei sogni,
una visita inaspettata, qualcosa di strano,
un turbinio di emozioni.
E’ una sensazione che non so spiegare,
ti prende all’improvviso e non ti lascia più,
come un virus letale… non ti lascia scampo.
Il mio cuore è cieco, ha perso la via da seguire,
non si può affrontare qualcosa di così grande,
sei sconfitto già in partenza…
La ragione non può aiutare,
è troppo pericoloso seguire l’istinto,
ma il cuore non può tacere.
“Devi aspettare e meditare,
sei rimasto da solo, devi decidere da solo.
E’ difficile, ma non ci sarà nessuno per te,
non ti possono capire…”
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TORMENTO
Frangipane Antonio

Meteora che arde d’attrito,
gabbiano che vola
su un mare d’amore,
fiume che corre
tropo ripido a mare,
che cerca un impatto,
una diga, un riposo.
Desertico arbusto
tormentato dal vento
che insiste in germogli
violentati dal giorno.
Troppo lungo il tormento
perché possa aspettare
fiducioso una quiete.
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LUSTRU NTO SCURU
Lo Verde Alberto

Nun canusciu u duluri ju?
Chi mi cuntati.
Iddu è pi mia
disidderiu di vita bona
amara sulitudini
cori niuru, feli 'mmucca
navi chi pirdiu a rutta
e nun torna cchiù.
Comu cani abbannunatu
senza cchiù canili
curri pi strati
cu pedi 'nsanguniati
in cerca du patruni
all'acqua e o ventu
e pi luci
havi lampi di trona
chi sfaiddanu
nto celu annigghiatu.
Comu picciriddu
spersu nta la notti
mmenz'a fudda
d'una festa di luci e canti
chianci scantatu
cu cori chi batti
musica e duluri
e chiama so matri,
ma a so vuci è lamentu
chi mori nt'all'aria.
Accussi, ju mbriacu
sulu, lunaticu
senza chitarra nto cori
curru e cercu lustru
nto scuru
chianciu e cercu Diu nte negghi.
E un cantu di pàssari
abbaca lu me cori.
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LU PRUCESSU PENALI
Pappalardo Giuseppe

«E’ veru, signor Giùdici, il clienti
fu ca sparò a Ninu Burdunari
e la raggiùni non si pò mmucciari:
curnutu cci dicìa tutt’i mumenti!

Tabbàccu, signor Giudice?». «No, grazie».

«Li voti ca la vìttima ncuntrava,
u mè clienti s’avì-â assuppàri
st’epitetu! E non putìa parlari
pirchì tuttu u paìsi lu taliava.

Tabbàccu, signor Giudice?». «No, grazzie!

Sintìti, avvucatèddu, si perdura
st’offerta di tabbaccu ccu nsistenza,
vi giùru ca suspènnu l’udïenza.
Vi … ièttu puru fora dâ Pretura! ».

«O salaràtu! Si vostra ‘Ccillenza,
ppi n tintu mmìtu dittu ccu crïanza,
m’amminàzza di chiùdiri l’istanza,
pinzàssi ô mè clienti, ccu cuscenza,

chi rràggia ca pigghiò contrâ ddu crastu
ca cci dicìa curnutu e dava mmastu…».
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IN PUNCTO FUGIENTIS …
D’Ignazi Daniele

Dopo è venuto il bisogno
ma prima del senso di colpa
molto prima dell’espiazione,  
la mano che spinge il remo oltre
l’occhio allungato alla scia
che si richiude e i flutti ricuce.

Si contano i fiori già aperti
in questo mese che non saprei
se segna l’inizio o la fine
di qualcosa
o solo intesse altra trama,
paziente lavoro d’intreccio.

L’uomo si litigò gli Dei
già ai tempi del primo fuoco
innalzando templi prima
abbassando gli occhi poi
allo scoprir del cielo vuoto,
erroneo fu il cercar o il cosa?

Amara cade la pioggia, disturbo
dell’armonia di ogni artificio,
brilla sull’altare del sapere
giace, il sacrificio dell’allegria,
ma ignara s’apre la rosa
con il garbo delle belle maniere.

Gli ospiti attendono il pranzo
al tavolo cosparso di briciole
avanzi di verità sospetta,
ognuno ne assaggia come può
con la punta delle dita
ognuno sorride fingendosi sazio.

Dobbiamo accettare l’offerta
il saggio richiude l’ombrello
s’ingrossa la fila all’uscita,
non c’è tempo per trattare sul tempo
l’istante è già perso, nella ricerca
di un posto con vista migliore.                                                      
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IL SUONO DEI PASSI
Tania Fonte

Inseguo il suono dei passi.
Lo odo alle stalle. Rimango
In attesa.
Dapprima uno scalpiccio lieve,
quasi un bisbiglio, e poi
si fa nitido e chiaro.
Vibra
Come un richiamo .
Ascolto.
Il suono
S’allenta, dilegua, si spegne,
ritorna, freme, si spegne…
Nel silenzio nuovo, m’attardo
a pensare che esso può essere
un canto o un grido
che sale fino al cielo
e  ancora più su.
Può essere lento, quel suono,
 cauto, deciso, febbrile
leggero, grave, sicuro
oppure disperato ( quasi un pianto).
Ed io qui, a questo tavolino
d’un bar, immagino cosa
custodisce nelle pieghe dell’anima
che mi passa accanto.
Ascolto
Il suono
s’allenta, dilegua, si spegne,
ritorna, freme, si spegne…
Porta con sé un mondo
ogni passo. Narra una vita. 
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AZZICCAI LA TRIZZOTA                                                                           AZZECCAI  LA TRIZZOTA
Di Coniglione Nico

Arretu lu mastru azziccai la “trizzota”                                                       Dietro il mastro    azzeccai la “trizzota”  (1)    
e sutta di la ciappedda                                                                                   e sotto la “ciappella” (2)
pigghijai lu premiu di lu munti:                                                                  presi il premio del monte:
Quattru puspira scicatizzi                                                                            Quattro figurine semi stracciate
e lu preju cu sauti a peri scausi                                                                    e la gioia saltellando a piedi nudi
nta lu bagghiu pruvulazzusu di la sciara.                                                   nel baglio polveroso della cava.

Cci nni vosi breccia                                                                                         Ne occorse massicciata
sutta lu scacciapitrali                                                                                      sotto il rullo compressore
pi lividdari strati di miseria                                                                           per livellare strade di miseria
di na picciuttanza sincirazza e spronta                                                       di una gioventù sincera e schietta
ca curreva ccu ali di spiranzi                                                                         che correva con ali di speranze
ammeri munni azzulati!                                                                                 verso mondi azzurri!

Azziccai la “trizzota” e lassai puvirtà                                                           Azzeccai la “trizzota” e lasciai la povertà
travagghiannu cu sudure di sangu.                                                              lavorando con sudore di sangue.

Campai scanzannu scaffi,                                                                               Vissi scansando buche,
‘ncoccia ‘ncoccia di machini,                                                                          incidenti d’auto,
tinti juncitini,                                                                                                    cattiva compagnia,
‘n passiu di malaffari,                                                                                      l’andazzo del malaffare,
puppi ‘n-tutti li gnuni e alluppiati di LSD                                                   gay in ogni luogo e drogati di LSD    
ca ‘nnegghiaru cuscenzi netti                                                                         che annebbiarono coscienze nette
di dda carusanza a la pitrera                                                                          di quei ragazzi alla pietraia
addivintata surda a lu chiantu d’addevi                                                      diventati sordi al pianto di neonati
 jttati nta li biduni di la munnizza                                                                 buttati nei bidoni dell’immondizia
e di picciriddi scannati nta l’erva.                                                                  e di bimbi sgozzati nell’erba.

Azziccai la “trizzota”                                                                                         Azzeccai la “trizzota”
e vincii ‘n-distinu chinu d’abbarruvu                                                            e vinsi un destino pieno di preoccupazioni
pi na figghiulanza senza schina                                                                      per una figliolanza senza nerbo
addivata nta lu cuttuni sciusu                                                                         cresciuta nella bambagia
e la faretta di cunorti mammulini                                                                  ed il manto di conforti mammoni
sanò masculi contru natura …                                                                         castrò maschi contro natura …

Azzicai la “trizzota”                                                                                            Azzeccai la “trizzota”
e vincìi l’ammuttata nta lu tempu                                                                   e vinsi la spinta nel tempo
unni l’ummira nta la strata                                                                              dove l’ombra nella strada
s’allonga agghiutennu l’omu.                                                                           s’allunga inghiottendo l’uomo.

  note

1 - Dagli abitanti di Acitrezza in gergo chiamati “Trizzoti” famosi nel passato per un lancio della “ciappedda” che nell’impatto a terra dava un contraccolpo all’indietro.
2 - Pietra piatta smussata negli spigoli che veniva lanciata nel classico gioco della “ciappedda