10 Luglio 2012, 00:26 - Pino Lo Presti [suoi interventi e commenti] |
In grado di camminare (efficienza della macchina amministrativa e cittadinanza attiva http://www.laltracefalu.it/node/6809), consapevoli del valore delle proprie qualità identitarie nell’attuale contesto storico e culturale (mercato), nella prospettiva di fare di Cefalù un luogo di ricerca e godimento di avanzata “qualità” della vita” (http://www.laltracefalu.it/node/7393), preso atto dello stato in cui queste qualità infine versano oggi, si imporrebbero alcune scelte radicali.
3° LE SCELTE
Preliminare è ovviamente quella generale di puntare decisamente alla difesa e valorizzazione di quelle qualità proprie; sin adesso infatti si è preferito - nella più generale incuria per le stesse - puntare su iniziative “di richiamo-valorizzazione” esterne, prive di un disegno, e che non lasciano alcunchè sul territorio sia in termini economici che di crescita professionale, sociale e culturale.
Due sono le scelte che immediatamente seguono, su: che uso farne della “Terra” e che “uso” farne della popolazione locale (resa intanto - si spera almeno - attivamente “cittadina”).
La terra, con la sua cultura architettonica-abitativa e quella delle sue colture e prodotti (uliveti, vigneti, frutteti, orti), la popolazione residente, con la sua cultura architettonica-abitativa, quella delle sue tradizioni e dei suoi usi e costumi, costituiscono insieme quell'humus che da il vero senso alle emergenze storico artistiche e monumentali.
I beni storici, artistici e monumentali infatti non sono che sistemi in codice che dicono della esperienza della vita che le popolazioni del luogo hanno svolto nei secoli sullo sfondo di un dato ambiente naturale (cielo, sole, mare, terra) al variare delle relazioni storiche, economiche e culturali con gli altri popoli attorno, ma - di quella storia - sono la natura e la gente di oggi i principali veri testimoni e monumenti viventi, il contenuto, la parte vivente della “conchiglia”.
3. 1. LA TERRA
Paradossalmente l’uso che abbiamo fatto della “terra” da quando Cefalù è stata toccata dal fenomeno “turismo” è stato quello di “area edificabile”, peraltro con qualità urbanistiche ed architettoniche pessime.
(Vedi: “La grande Torta” http://www.laltracefalu.it/node/22)
Come impazienti adolescenti, inconsapevoli dei propri preziosi tesori, anzichè preservarne i frutti, l’aspetto, le suggestioni - in quanto “specifico” appeal del nostro luogo -, la cosa massima che abbiamo saputo fare è “realizzare” subito, al prezzo della quasi distruzione di un tale Bene primario; e tale scempio molti lo hanno chiamato (e ancora lo chiamano) “amore”.
Occorrerà aspettare che tutto il resto del territorio - continuando così - sia stato fatto oggetto di cotanto “amore” per poterne misurare “esattamente e definitivamente” la maturità e la lungimiranza?
Mi piacerebbe un Sindaco che finalmente con chiarezza stabilisse i termini della compatibilità tra uso Edilizio e Turistico del territorio.
Potrebbe rendersi necessario porre un fine ad ogni ulteriore espansione “residenziale” (“villini”), e limitare quella abitativa alle sole necessità demografiche dei residenti.
Ovviamente c’è - per quanto di massima - un PRG in itinere, di cui in parte si dovranno subire le conseguenze, ma per il Sindaco per cui mi piacerebbe votare dovrebbe essere politicamente qualificante l’affermazione che, in una rigenerata prospettiva di rilancio, il valore della Terra passa da quello attuale di “area edificabile” a quello di “produttrice di paesaggio e prodotti naturali”, con le loro suggestioni, sapori e qualità salutari.
Essi, al pari dei manufatti storico-artistici-monumentali e dei frutti delle tradizioni che ci hanno lasciato la storia ed i nostri antenati, come il mare, il cielo, il sole, e il clima è parte costitutiva ed essenziale di quell’unitario capitale da cui hanno ricavato plus-valore, dal dopoguerra ad oggi, sia la nostra “economia turistica” che quella stessa edilizia. Si vorrà continuare a sacrificare questo capitale a interessi di corto raggio?
Dovrebbe, per altro, essere evidente che il flusso economico prodotto dall’edilizia si esaurirà prima o dopo col territorio (trasformandosi in sola rendita per alcuni), mentre il flusso economico prodotto dal turismo è di quelli che si potrebbero, intelligentemente gestiti, rigenerare ogni anno.
Dovrebbe, alla fine, comprendersi che un bel paesaggio e una campagna ricca di frutti, sapori, odori, suggestioni, sono un capitale per tutta la città; cento lotti - edificatori o meno - edificati, sono un capitale solo per i cento proprietari, e che mentre nel primo caso le opportunità di lavoro restano continue nel tempo, nel secondo spesso si esauriscono alla consegna delle chiavi al proprietario.
L’assenza di una scelta tra uso della terra come superficie edificatoria e quello della terra come sopra considerata, oltre a distruggere l’agricoltura, ha creato negli anni quel mostruoso ibrido di una edilizia variamente turistico-residenziale che ha danneggiato doppiamente la prospettiva di un turismo di qualità, distruggendo il paesaggio e le sue suggestioni e sottraendo utenti, e quindi economia, alla impresa ricettiva qualificata.
3. 1. 1. Occorre pensare ad una riconversione della industria edilizia in termini di manutenzione, restauro (nel caso del centro storico) e riqualificazione dell’esistente, e, in questa ottica, a forme di “garanzia” per il lavoro delle imprese locali.
Ad esempio, bisognerebbe prevedere specifiche qualifiche per le ditte che intendono operare nel Centro storico, conseguite sulla base di specifici corsi di formazione al riguardo la storia, i materiali e le tecniche della tradizione edificatoria locale; ciò oltre a garantire la formazione di maestranze specializzate ed il recupero di vario vero artigianato, potrebbe anche costituire un filtro selettivo a favore delle ditte locali sulle opportunità di lavoro.
3. 1. 2. Compatibilmente con le previsioni del PRG (laddove non possono essere modificate), ogni lembo di terra residua deve essere recuperato e valorizzato nelle sue potenzialità naturalistiche, ambientali, paesaggistiche e non ultimo agricole.
All’interno dell’area urbana, in particolare, occorrerebbe vincolare quei residui resti dei "giardini", come sotto il Salvatorello, a Parco urbano, comprensivo del torrente, recuperandone le antiche caratteristiche (una sorta di museo etnografico all’aperto, specie se organicamente pensato assieme al recupero delle residue emergenze dei vecchi Mulini - esistono al riguardo della "via dei Mulini" diversi progetti -, e dei residui casolari rustici); come occorrerebbe recuperare alla fruizione pubblica quella meravigliosa oasi naturalistica che, a partire dai “giardini del Vescovo dietro l’abside della Cattedrale, prosegue per le pendici della Rocca.
Vedi: '08.07.15 qualcosa che molti non dovrebbero vedere.pdf
La tenuta del Barone Bordonaro potrebbe diventare, con l'aiuto delle Facoltà di Agraria e di Botanica, un'area scuola di recupero e valorizzazione non solo dei prodotti della terra locali perduti (banca dei semi) ma anche (in collaborazione con la locale scuola di Turismo) di recupero, sperimentazione e valorizzazione dei sapori della nostra gastronomia; una punta di diamante nella revisione del ruolo della Terra nella costruzione di una rinnovata idea di “qualità della vita” (c'era chi - nei nostri uffici di urbanistica - sognava di realizzarvi uno Stadio con la pista podistica che - mi diceva - a Cefalù non abbiamo).
Ciò potrebbe intanto dare occupazione a dei giovani, che se guidati e sostenuti, potrebbero ben fornire un modello ad altri.
Occorrerà pertanto favorire (con sgravi fiscali) le produzioni agricole (ed artigianali) del territorio, “a km.0”, come i negozi e i punti di ristorazione che le utilizzeranno.
Infine, occorrerà porre fine all'espianto degli ulivi - perchè nò dichiarandolo “monumento cefalutano” - e verificando la possibilità di un sistema organizzato di raccolta delle olive del nostro territorio al fine della valorizzazione anche commerciale del loro olio.
La semplice cura della campagna in ogni caso dovrebbe essere considerata doverosa anche sul piano della sicurezza: incendi e fenomeni idro-geologici.
Tutte cose che si sanno ovviamente.
Come il valore di percorsi campestri (immersi nelle bellezze nel nostro interland cefaludese e madonita, impreziositi da siti di interesse storico o naturalista, e da luoghi di ristoro che di quell’ “anima” riescano a dare il sapore) e dell’agriturismo in generale (che avrebbe dovuto essere l’uso economico del nostro territorio invece di quello edilizio).
E’ triste che al “Mercato del Contadino” (che si tiene in via Cirincione tutti i mercoledì mattina) vi siano così pochi produttori e venuti da “lontano”.
Non vi è a Cefalù, una Trattoria dove si mangi ciò che mangiavano appena 50 anni fa i cefalutani, dalla amara verdura selvatica, alle dolci fave bollite spremute nell’olio “cunsato”, per non parlare del pane!
Occorre sostenere iniziative come la “Sagra del Pesce Azzurro” e quella della “Pasta a Taianu” , o altre analoghe e incoraggiare con premi e concorsi i nostri bravi Chef a proporre ed elaborare, con la loro creatività, piatti della nostra tradizione.
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Per quanto riguarda la difesa e valorizzazione degli altri tre elementi: Fuoco (sole) Aria ed Acqua, per il primo c’è poco da intervenire (nel senso che fortunatamente è fuori dalla portata dell’uomo), tranne che dare adeguato rilievo al fatto che Cefalù è ai primi posti tra le città italiane come numero di giorni di sole durante l’anno; per la seconda, a parte il controllo di certe marmitte, anche lì non c’è fortunatamente molto da fare se non pubblicizzarne la salubrità specie di quella delle nostre Madonie. Per l’Acqua, occorrerebbe, come per la Terra, una maggiore attenzione, sia considerata come Mare che come acqua dolce. E’ nota la situazione degli scarichi a mare (pubblici e privati) e della bevibilità della acqua dolce disponibile.
Occorrerebbe verificare la possibilità di “acqua-colture” e certamente potenziare la “pesca-turismo” e le escursioni in barca individuando approdi naturalistici dove sostare facendo magari una grigliata, naturalmente risolvendo i problemi del Porto.
Non è mia intenzione - nè saprei - scendere ulteriormente nei particolari (credo ci siano competenze, progetti e persone - sparse nel territorio e nelle istituzioni - pronte a fare bene quello che già molto bene sanno che si potrebbe fare).
Ho solo cercato di rendere uno dei principi che mi piacerebbe un Sindaco assumesse nell’indirizzo della sua politica: “investire nella Terra, basta col cemento”!
E’ una mia personale utopia, ma sarà per me felice il giorno - certo lontano - in cui ciò che oggi ha un valore massimo (“il villino”) verrà considerato una “zecca” di cui liberare la Terra e la sua vitalità; chi non la coltiva potrà ben soggiornarvi ma ospite familiare dei contadini o negli agri-turismo.
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La prossima cercherò di dire ciò che mi piacerebbe facesse un Sindaco per il Centro storico e la sua gente, scusandomi per le probabili fesserie già dette e per quelle che ancora mi troverò a dire in questo mio libero e solitario derilio.
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Commenti
Salvatore Solaro -
Spero tanto che il tuo