Una Cefalù da favola nella favola.

Ritratto di Angelo Sciortino

1 Aprile 2013, 13:08 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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C'era una volta un luogo incantato. Era così bello, che le onde del mare, quando erano stanche del loro continuo movimento, amavano avvicinarvisi e si riposavano sulle sue spiagge. Come a dividerlo in due parti, c'era un monte di roccia, dalla cui sommità poteva aversi una visione di entrambe le parti e nessuna delle due poteva definirsi più bella dell'altra. Attorno, poi, c'erano altri monti, con boschi di tante specie di alberi, che avresti finito con lo scrivere un intero libro per enumerarli e descriverli.

Quando Dio rivelò se stesso e la Creazione agli uomini, furono in tanti a considerare quel luogo quasi un pezzo di Eden, che Egli aveva lasciato cadere sulla Terra, perché si ricordassero del luogo dal quale erano venuti e soprattutto perché nei loro cuori nascesse il desiderio di ritornarvi.

Via via che la storia dell'uomo proseguiva nel suo cammino, in tanti desiderarono stabilirsi in questo luogo e presto esso divenne popolato più di ogni altra parte del mondo. Passarono secoli in cui gli uomini convissero felici, rispettando la natura e camminando quasi in punta di piedi, per non disturbare quello che ormai tutti consideravano un paradiso. Furono in tanti i Poeti, che condivisero questo giudizio. Al punto che molti di essi vi ambientarono storie mitologiche esemplari, come quella di Dafni, che piangeva, cieco, per amore, e insieme a lui piangeva anche il mare, infrangendosi sugli scogli di Prissuliana.

Poi accadde quel che nessuno si aspettava. Accadde che altri uomini vennero in quel luogo e dissero agli abitanti: “anche noi vogliamo godere di questo paradiso”. Non tutti, però, avevano consapevolezza che quel paradiso poteva restare tale, a condizione che lo rispettassero. Essi, egoisti e spesso privi di senso estetico, vi si stabilirono e s'ersero quasi a maestri di sfruttamento di quel bellissimo territorio. Tempestarono le coste e i pendii attorno di brutte costruzioni; chiusero corsi d'acqua, che l'esperienza plurisecolare aveva creato in difesa delle intemperie; nascosero sotto le loro brutture vestigia pregevoli del passato.

Ancora sveglio, nonostante l'ora, mio figlio sbottò, sedendosi sul letto: “E gli abitanti originari non fecero nulla per difendere ciò che consideravano un dono divino?”.

“Non soltanto non fecero nulla, ma spesso si prestarono a essere complici.” gli risposi.

“Complici?”

“Sì, complici... e soltanto per sete di ricchezza!”

“Allora come Esaù e il piatto di lenticchie! Non sapevano che le ricchezze materiali sono inezie senza valore di fronte a un panorama, che ricrea lo spirito?”

“Sembra che non lo sapessero, almeno in maggioranza. Ma adesso fammi continuare.”

“Sì, continua...Voglio sapere come andrà a finire.”

Purtroppo non è ancora finita. Questo territorio continua a essere martoriato, sebbene in tanti se ne dichiarino “innamorati”. In troppi casi le loro sono soltanto parole. Quelle della maggioranza degli abitanti e quelle di coloro che dovrebbero difendere questo paradiso, perché sono stati prescelti per questo compito.

Ci fu un momento, in cui una principessa prese il potere. La sua corte si popolò presto di cortigiani. Somigliava, però, a Caterina dei Medici, regina di Francia. Anche lei diede vita alla sua notte di San Bartolomeo e presto rimase sola al potere. L'aiutò un Cardinale, che ricevette in cambio un chiesa costruita di proposito per un suo parroco.

Il suo successore non fu un cattivo principe, ma fu sfortunato. Forse perché, accanto al nome, aveva il numero 13, che notoriamente porta sfortuna. Il poveretto dovette sopportare le bizze e i capricci del suo erede, che, quando regnò a sua volta, si autoproclamò il sole dell'avvenire, il migliore e pretese che di fronte a lui non si alzasse la voce, perché era il principe di tutti.

Anche questo principe ebbe i suoi cortigiani e le sue cortigiane. Fra costoro rimase famoso quello “innamorato della storia”, ma non ricambiato. Fra le cortigiane ce n'erano alcune che dalle nonne avevano imparato a prendere gli uomini per la gola e dal loro amore per la cultura avevano imparato a essere brave e affascinanti conversatrici.

Insomma, un...

Finalmente mio figlio s'è addormentato. Domani sera gli racconterò la continuazione.