Urge diritto e giustizia!

Ritratto di Angelo Sciortino

8 Ottobre 2016, 21:02 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Quando guardo alla odierna vita sociale di Cefalù, mi tornano in mente le seguenti parole di Cesare Mori: “Costoro non hanno ancora capito che i briganti e la mafia sono due cose diverse. Noi abbiamo colpito i primi che, indubbiamente, rappresentano l'aspetto più vistoso della malvivenza siciliana, ma non il più pericoloso. Il vero colpo mortale alla mafia lo daremo quando ci sarà consentito di rastrellare non soltanto tra i fichi d'india, ma negli ambulacri delle prefetture, delle questure, dei grandi palazzi padronali e, perché no, di qualche ministero.

Sono le parole pronunziate dall'uomo che fu campione della lotta alla mafia; una lotta per la quale subì un feroce isolamento fino alla sua morte e nonostante la sua nomina a senatore, essendone uscito sconfitto, perché gli si impedì di “rastrellare negli ambulacri delle prefetture, delle questure, dei grandi palazzi padronali e di qualche ministero”.

È necessario che io spieghi perché mi tornano in mente le parole di Mori.

Cefalù non ha mai avuto mafia intesa come organizzazione dedita a delitti efferati. Non l'ha mai avuto, perché il suo territorio troppo piccolo non ha permesso la creazione di latifondi, con le baronie, le guardanie e simili. I baroni presenti a Cefalù, e Mandralisca fu uno di questi, avevano qui le loro case, ma esse erano circondate e quasi chiuse dalle case del popolino, per cui tra il ricco barone e il popolo si creava l'abitudine alla convivenza e al rispetto reciproco. Invito i lettori a guardare attentamente alle antiche case nobiliari di Cefalù. Vi scopriranno l'esistenza quasi attorno delle costruzioni più povere, che furono le abitazioni dei non aristocratici.

In una situazione simile non c'era bisogno dei cosiddetti campieri, che presto diventarono la manovalanza di quella che divenne la mafia del latifondo. Quindi, non deve apparire strano che Cefalù sia rimasta per oltre un secolo un'oasi circondata dal mare della mafia madonita. Tale rimase anche quando vi si trasferirono alcuni madoniti, che alla mafia erano legati in vario modo, perché anche per loro era necessario poter contare su un luogo tranquillo, dove poter dormire senza il timore di doversi difendere da attacchi banditeschi. Cefalù era una splendida oasi di pace.

Le cose cominciarono a cambiare e infine cambiarono con l'avvento dello Stato nella vita economica, soprattutto con l'avvento dello Stato assistenziale, chiamato, forse per vergogna, Welfare State. A questo punto sarebbe stato opportuno “rastrellare negli ambulacri” dei partiti politici e non più nelle case padronali, nelle prefetture e nelle questure, ma il “rastrellamento” avrebbero potuto farlo soltanto coloro che erano agli ordini dei politici stessi. Questo non era possibile, perché è una vera e propria contraddizione in termini che il controllato sia anche il suo stesso controllore.

Lentamente e senza che i cittadini se ne rendessero conto, questa mafia dei colletti bianchi per oltre quarant'anni ha razzolato per tutto il territorio di Cefalù e come i campieri dei vecchi latifondisti ha spadroneggiato e razziato anche contro i propri interessi, perché ha quasi distrutto quella che era la sua stessa fonte di guadagno e di lavoro: un territorio di impareggiabile bellezza, che aveva reso Cefalù una delle mete preferite dal turismo internazionale.

A ogni elezione comunale ho sperato che le cose potessero cambiare, ma sono invece peggiorate ogni volta, specialmente dopo la nuova legge elettorale, che consentiva l'elezione diretta dei sindaci. Ne sono stati eletti ben cinque dall'entrata in vigore di questa legge. Alcuni sono stati corretti e onesti, ma non hanno avuto mai una strategia amministrativa, che li distinguesse. Tutti, poi, non sono stati capaci di vedere gli stratagemmi di una finta imprenditoria, che chiedeva e chiede scelte amministrative nel suo solo interesse, anche quando questo interesse contrasta con quello della comunità. Le scelte amministrative favorevoli, poi, verranno ricambiate con l'appoggio elettorale.

Allora aveva ragione Cesare Mori! Allora aveva ragione il vescovo Catarinicchia a parlare delle tre M: Mafia, Malaffare, Massoneria!

Se è così, ed è così, non è dalle Forze di Polizia che i cittadini possono ottenere giustizia, ma dalla sola istituzione indipendente dalla politica, la Magistratura. Essa, secondo l'articolo 104 della Costituzione, è soggetta soltanto alla legge. L'articolo 107, poi, stabilisce che essa ha una funzione giudicante, propria del giudice, e una requirente, propria del pubblico ministero.

Ai cittadini non resta che rivolgersi intanto alla Magistratura requirente e poi attendere giustizia. E se la Magistratura requirente rimane inerte? Allora è finito lo Stato di diritto e si ritorna al Prefetto Mori. Oppure...