Nell'avvicinarsi del decennale della morte di Pasquale Culotta

Ritratto di Rosalinda Brancato

26 Settembre 2016, 20:39 - Rosalinda Brancato   [suoi interventi e commenti]

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Nell'avvicinarsi del decennale della morte di Pasquale Culotta mi piace proporre sul vostro blog la lettura di uno scritto del prof. Giuliano Gresleri, dell'università di Bologna, inviato al prof. Vincenzo Melluso, della facoltà di Architettura di Palermo, perché lo leggesse nel corso della cerimonia per il conferimento del titolo di benemerito a Pasquale, tenutasi il 29 luglio scorso allo Steri.

 

Caro Vincenzo

Nel giorno in cui la Facoltà di Palermo conferisce al prof. Pasquale Culotta il titolo di Emerito della Scuola di Architettura, desidero esprimere a te, che sei stato il più vicino a lui in questi anni nel pensiero e nei progetti di un nuovo modo di concepire l'insegnamento dell'architettura, i sentimenti più scoperti ed indifesi, dunque visibili e "palpabili" della mia conoscenza col modo di sentire e con la visione che Pasquale aveva del mondo architettonico.

Spesso queste occasioni sono sigilli in modo tale da sembrare medaglie conferite per anzianità di servizio, ma mai come in questo caso "l'emerito" a Pasquale mi pare un titolo che metta in evidenza l'animo reverenziale col quale siamo costretti ogni volta che pensiamo a lui a sintonizzare la lunghezza d'onda del nostro animo su qualcosa di troppo complesso da potersi definire con parole che non siano banali.

Ricordo che ad ogni nostro incontro, il primo sentimento che provavo era quello della  magia: da lui emanava qualcosa di carismatico, di sacrale, che lo apparentava a certi personaggi del mondo antico e ai miti siciliani.

Assumevano allora, al di là delle nostre considerazioni accademiche su cui discutevamo ben altri significati e termini di costruire, progettare, pensare lo spazio, vedere il paesaggio, usare le ombre e le luci, che proiettavano i suoi ragionamenti all'interno dei grandi compendi classici  che hanno affrontato il mestiere del progettare. La cosa più emozionante era poi vedere come tutto ciò prendesse forma nelle sue architetture attraverso meccanismi di una semplicità estrema, quasi poveri, quasi privi di volontà di apparire: un semplice dislivello, un taglio di finestra, un'inclinazione di parete, uno spicchio di cielo, un'ombra sul pavimento............. cose che ai più sfuggono, ma che coglievo benissimo essere frutto di un pensiero a lungo meditato, spesso sofferto, spesso frutto strappato alla famiglia e ai suoi studenti, per regalarli qua e là a chi aveva "occhi per vedere" e orecchie per sentire, e sentiva.

Poi certamente tutto era elargito a piene mani, ma i suoi progetti conservano dentro di sè, in nuce, quel segno di destinazione personale che ce li fanno sentire "solo per noi" che forse lo abbiamo capito fino in fondo.

Destino a te queste mie righe perché tu possa leggerle per primo e condividerli con gli amici di Pasquale Culotta

Giuliano Gresleri.

 

Grazie.

                                                                 Rosalinda Brancato Culotta