25 Settembre 2016, 20:21 - Giovanni La Barbera [suoi interventi e commenti] |
La notizia non ha fatto gioire. Pochi sanno che cosa è. Pochi sanno a che serve e tra questi, molti lo ritengono dannoso e inutile.
Fino ad ora a regolare, per cosi dire, l'uso del territorio è bastato un regolamento edilizio con annesso un programma di fabbricazione che una Amministrazione comunale, composta da "anime lungimiranti", molti anni fa aveva fatto allestire e fatto approvare dalla Regione.
Ovviamente nessuno crede che sia il Regolamento edilizio che la carta del Programma di fabbricazione abbiano regolato e programmato l'uso del suolo. Non occorre spiegare il perché.
Basta guardare a occhi aperti l'aspetto del territorio comunale e lo stato dei servizi pubblici.
Peccato! Qualcuno ci ha messo alla prova regalandoci,( 9 chilometri), un paesaggio singolarmente unico in tutta la costa dell'Isola. Siamo riusciti a fare ciò che vediamo.
Ricordo che un PRG esprime sempre un progetto per la Comunità. Esso dovrebbe dunque essere l'analisi e la sintesi dei valori culturali della Comunità stessa, qualora essa sia stata in grado di esprimerli consapevolmente.
Il PRG è, in breve, un progetto che dovrebbe contenere le aspirazioni degli abitanti, che decidono, attraverso i suoi rappresentanti nella pubblica amministrazione e alla partecipazione diretta, quale è il modo di vivere che vorrebbero realizzare nel proprio territorio. Per fare questo occorre però procedere a sviluppare l'identità e il senso di appartenenza dei cittadini.
Per giungere alla notizia odierna, cioè che Campofelice può ritenere di avere un Piano Regolatore normativamente vigente, è occorso oltre un trentennio. La Regione (incredibile) piuttosto che esaminarlo ha lasciato scadere il tempo entro il quale la stessa, per legge, poteva esprimersi, in modo tale che il Progetto di PRG divenisse, ad opera della legge, efficace ed operativo in ogni senso.
La sensazione è che abbia voluto stendere un velo pietoso, perché entrare ad esaminare il progetto di Piano sarebbe costato un tormento interiore difficile da sopportare.
Si sa che ogni progetto, per definizione, tende a prefigurare lo sviluppo attraverso la individuazione di scopi, obiettivi, finalità, disegnando una configurazione dello spazio per un futuro migliore. Ma se il progetto prende atto che non c'è più niente da fare perché il suolo è già in gran parte ricoperto da insediamenti che resta da fare? Il riequilibrio e la tutela. Già.
Peccato che si chiudono le porte dopo che i buoi sono scappati. Mi viene da pensare che una Comunità che non è stata in grado, fino ad ora, di esprime una cultura dell'uso del suolo, nella ricerca degli obiettivi dell'equilibrio e della tutela dei suoi valori paesaggistici, unici e irripetibili, cosa se ne fà di questi obiettivi?
Mi pare che i processi insediativi rimangono l'unica aspirazione della Comunità anche se ora sono o dovrebbero essere contenuti dalla carenza di terreni da sfruttare e dalle regole introdotte, "abtorto collo", dalle analisi della Valutazione strategica ambientale (nell'acronimo VAS).
E' certo che le Madonie e tutta la Sicilia hanno perso quel dono della natura a cui, credo, solo la natura potrà porre rimedio.
Scrivere la storia di questo territorio dal Dopo Guerra a oggi avrebbe l'utile scopo di far ragionare criticamente dell'occasione perduta. In questo senso a Campofelice c'è ancora spazio da "sfruttare".
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