Cefalù, Madonie e Nebrodi in lotta per l'ospedale

Ritratto di Angelo Sciortino

12 Settembre 2016, 20:51 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Stasera, come annunciato, si è tenuta presso l'atrio della scuola media Porpora la riunione pubblica degli Amministratori dei comuni interessati alla sopravvivenza dell'ospedale G. Giglio, messa in forse da una bozza di decreto dell'assessore regionale Gucciardi.

Alla riunione hanno partecipato, intervenendo, il presidente del CdA della Fondazione Albano e il direttore generale Virgilio. Entrambi hanno ripetuto non soltanto i perché l'ospedale Giglio non deve chiudere, ma anche che esso non ha più una esposizione debitoria, lasciata in eredità dalle precedenti gestioni, che comunque hanno avuto il merito d'indicare una meta d'eccellenza.

Da una lettura attenta dei bilanci depositati non si può che confermare questa dichiarazione dei due responsabili. Anzi, bisogna dar loro il merito di essere riusciti a raggiungere lo scopo del pareggio di bilancio, mantenendo nel contempo l'eccellenza dei reparti, che si vorrebbe chiudere.

Tutto bene, quindi? No, perché la politica, preferibilmente il politicume, li ha come isolati, per renderli inermi, e adesso vorrebbe anche distruggere quel che essi hanno salvato nell'interesse della salute dei cittadini.

La loro presenza, pertanto, era dettata dalla necessità di chiedere aiuto a quella politica locale, che essendo in gran parte della stessa corrente dell'Assessore, avrebbe potuto essere più convincente con lui, per rivedere quella parte del piano sanitario riguardante il loro ospedale. Così ho interpretato le parole del presidente Albano, dettemi personalmente, di restare uniti, nonostante possibili divisioni politiche, perché proprio i Sindaci avessero più forza nell'opera di difesa.

Condivido questa preoccupazione dei due manager, ma non posso esimermi dal far notare loro che forse speranze sono mal riposte. Ne hanno dato prova gli stessi Sindaci, quelli di Cefalù e di Castelbuono per primi, che hanno ripetuto alla platea dati, osservazioni e ragioni per cui il Giglio deve restare aperto alle stesse condizioni di oggi.

Non eravamo noi, vittime degli interventi, i corretti destinatari delle loro condivisibili opinioni, ma la politica regionale e forse anche quella nazionale. All'assessore Gucciardi dovevano spiegare quel che hanno spiegato a noi! Spiegare e magari imporre più miti consigli.

Sorge spontanea una domanda: perché non lo hanno fatto prima? Perché non hanno difeso prima la loro gente? In fondo non era difficile prevedere che cosa stava accadendo. Ma forse essi non hanno acume politico e indipendenza di giudizio, che li convincerebbero a essere gelosi custodi dell'autonomia dei loro comuni; quella autonomia senza la quale non si è liberi.

Allora, se è giusta la mia osservazione, chiedere aiuto ai Sindaci e alle Amministrazioni equivale a chiedere aiuto a chi ci sta colpendo; equivale a una sorta di cura omeopatica, che non è una cura e non cura alcuna malattia. Se volete, è come la psicanalisi, che è la malattia che cura se stessa. In fondo questi Sindaci hanno dimostrato di essere questo e solo questo: il male che cura se stesso; il vero problema dell'attuale pericolo corso dall'ospedale Giglio. Per correttezza, è giusto precisare che si è distinto come sano il Sindaco di Tusa, al quale vanno riconosciute onestà intellettuale e coerenza. Non da ora, ma già due anni fa egli ha lanciato il suo grido d'allarme.

Continuo a non fidarmi di essi e delle loro capacità di difendere dal baratro ciò che essi stessi hanno spinto verso di esso. Fermo restando che il mio giudizio non vuole spaccare l'anelata unità, ma vuole indicare che non deve assolutamente delegarsi a occhi chiusi la difesa dell'ospedale a coloro che da quattro anni ne sono stati incapaci.

Come fare, non ho la presunzione di suggerirlo, non solo ai cittadini comuni come me, sicuramente e soprattutto non ai due responsabili della Fondazione, che, ascoltandoli oggi e nei giorni passati, ho imparato a stimare, fino a considerare l'ospedale affidato in buone mani.