Scuola e cultura; menti e cervelli

Ritratto di Angelo Sciortino

10 Agosto 2016, 21:16 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Checché se ne dica, il sapere inteso come cultura e non come somma di erudizioni non esiste più. Con la perdita di tale suo carattere, esso non è né potrà mai essere “una bussola per navigare nella vita”, come ha sottolineato Pino Simplicio nel prendere commiato per sopravvenuto e meritato pensionamento dopo un quarantennio dedicato alla scuola come docente e come preside.

Da un po' di anni la scuola non è creatrice di cultura, quindi di sapienza e di saggezza, ma una sorta di strumento simile a una pompa pneumatica, alla quale è affidato il compito d'insufflare conoscenze, come nei distributori di carburanti s'insuffla aria negli pneumatici, senza alcuna preoccupazione della distribuzione delle sue molecole.

Il sapere, però, non è né mai sarà un unicum, che s'immagazzina nel nostro cervello, occupandone le parti ancora libere. Esso è, invece, più simile ai nostri pasti, che per nutrire il nostro corpo hanno bisogno di essere scomposti dalla flora batterica del nostro intestino. Lo stesso accade con la conoscenza, che, prima di nutrire la nostra mente, dev'essere digerita, soprattutto dai neuroni frontali, che sono adibiti all'argomentazione logica. Dopo questa digestione la conoscenza passa alla memoria, che ha propri neuroni incaricati di ricordare.

Se tale processo si svolge correttamente, allora noi abbiamo nel nostro cervello tutto quello che ci serve per formare una mente; per formare, cioè, la casa della nostra cultura. Non saremo soltanto uomini eruditi, ma anche uomini che sanno pensare, congetturare e persino inventare.

Ora, non v'è dubbio che la scuola ha proprio questo compito di insegnare la digestione e non quello di insufflare vuota erudizione. Soltanto così essa potrà migliorare la società e in ogni caso potrà fare dei giovani i futuri cittadini di domani. Perché per essere cittadini e non sudditi bisogna saper giudicare per scegliere bene i governanti. E senza cultura non si sarà mai in grado di giudicare.

Non è casuale che, da quando la scuola è pubblica, chi governa l'ha in più occasioni riformata, ma non per renderla strumento creatore di cultura, semmai strumento di tortura dei giovani, che ne vengono fuori con il famoso titolo, che però non li ha resi migliori. Le ormai famose prove INVALSI ne sono l'esempio più lampante!

Allora, perché queste riforme? Non voglio essere malpensante, ma credo che da decenni ci sia un tentativo di impedire che la scuola insegni finalmente a ragionare, per assicurare un informe bacino di utili idioti, dal quale attingere i voti con le semplici promesse populistiche di chi aspira al potere.

Il tentativo non è nuovo. Fu così al tempo della riforma Gentile, con la differenza, però, che allora non vigeva un sistema democratico, per il quale creare gli utili idioti, né Gentile era un burocrate ignorante come lo sono oggi i cosiddetti riformatori, tra l'altro appoggiati o difesi da politici alla ricerca di bacini di utili idioti.

Ho detto la mia cattiveria, che però mi serve per sottolineare che il preside-pensionato Pino Simplicio è stato sì un educatore di questa scuola, ma si è attenuto ai principi propri di chi vuole formare le menti, vuole insegnare a essere colti. Non sarà stato facile per lui resistere alla tentazione di arrendersi, ma per fortuna dei tanti giovani usciti dalla sua e dalle sue scuole egli non ha ceduto.

Sembra che non voglia cedere neppure al suo meritato pensionamento, se ha accettato di dirigere, su richiesta del Vescovo, la Scuola Diocesana, per sostituire un altro preside-pensionato, Pino Riggio, che ha tentato disperatamente di fare della scuola la dispensatrice di cultura e non di erudizione.

Auguri di lunga e alacre vita a entrambi!