8 Agosto 2016, 22:11 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Castello di Vicari
Rocca di Cefalù
Sì, proprio così! Da qualche tempo non si perde occasione di prendere a sberle le tradizioni. Ancor più lo si fa quando l'occasione ci viene offerta da un evento, che dovrebbe far rivivere tali tradizioni.
Eppure, chi dà le sberle si ostina a dire di amare Cefalù e le sue tradizioni, pretendendo di essere creduto sulla parola, comprovata oltre misura dalla sua presenza a ogni evento, che s'intesta come se dall'esserne colui che l'ha auspicato e favorito potesse derivargliene un merito straordinario.
Così potrebbe essere, ma così non è. Almeno a giudicare dagli eventi, che hanno popolato la caotica Cefalù durante i festeggiamenti per la festa del Patrono. E non alludo agli eventi saltati per cause umanamente non controllabili e quasi imprevedibili; alludo agli eventi, che purtroppo sono stati realizzati.
Riflettete, per esempio, sugli sbandieratori di Vicari. Sicuramente una novità assoluta, ma che ha poco da vedere con le tradizioni di Cefalù, persino della Sicilia.
Le due foto, poste all'inizio di questo intervento, mostrano il Castello di Vicari, risalente al XII secolo, e la Rocca di Cefalù con il suo Castello, risalente invece, se si tiene conto del Tempio di Diana, al IX secolo a.C. Già questa enorme differenza di anni – oltre venti secoli – dovrebbe provare quanto Cefalù potrebbe e dovrebbe avere in se stessa per esprime la sua grandezza e le sue tradizioni. Sembra, però, che di questa sua più lunga storia non si tiene conto, o perché non la si conosce o perché la si considera come un peso fastidioso. Altri sembrano da alcuni anni gli impegni di chi di Cefalù ha la responsabilità amministrativa: una frittura di panelle al Lungomare o l'esposizione di cianfrusaglie.
Chi ritiene che un simile modo di amministrare possa fare del bene a Cefalù, finirà con il non accorgersi del male che le procura. Anzi, per i problemi psicologici degli auto referenti, essi non si accorgono dei loro errori, per cui finiscono con l'imporli con la loro malintesa autorità e con il ripeterli a ogni occasione.
Allora, ecco le majorette dietro una banda musicale, che suona musica in onore del Patrono, e gli sbandieratori, il cui messaggio, se c'è, rimane ignoto ai più.
Se si continua così, però, della storia di Cefalù non resterà più nulla. Quando ciò accadrà, essa sarà una città morta e la sua popolazione rimarrà senza patria.
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