Cefalù e le Madonie, la principessa e il suo diadema

Ritratto di Angelo Sciortino

4 Luglio 2016, 23:22 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Sfido chiunque, che, dopo essere salito sulla Rocca, non abbia avuto la sensazione, volgendo lo sguardo dal mare verso le montagne, di essere sull'ultima montagna delle Madonie.

Già da sola questa sensazione, ben impressa nella foto, ci dimostra come Cefalù è anche le Madonie.

La stessa sensazione viene ulteriormente avvalorata dalla mappa del Parco delle Madonie. In questo caso, anzi, Cefalù appare come circondata dalla corona di montagne, simile a un diadema, che la orna.

Già queste sensazioni, da sole, dovrebbero darci un'idea del rapporto che lega città come San Mauro Castelverde o Gangi o Castelbuono a Cefalù.

Da secoli questi Paesi gravitano su Cefalù, che in passato offriva loro scuole superiori, come il liceo Mandralisca, ma anche un clima più mite rispetto a quello della fredda San Mauro o dell'umida Geraci.

Non per nulla i Ventimiglia di Geraci costruirono un loro castello a Castelbuono e poi il loro Osterio Magno a Cefalù. Vi vennero da “conquistatori”, ma poi vi rimasero a lungo come ospiti graditi.

Cefalù non ha un territorio molto esteso e quindi un'agricoltura sviluppata. Per sovrappiù il suo territorio non è facilmente sfruttabile a causa della sua morfologia, caratterizzata da colline e da pendii, che rendono difficile la motorizzazione delle coltivazioni. In compenso ha il mare, i cui confini arrivano laddove arriva il coraggio dei suoi pescatori. Non per nulla lo stemma della Città rappresenta un pane con tre pesci attorno, come a significare che un tempo la maggiore ricchezza veniva dal mare. Ma la sola ricchezza del mare non basta per nutrirsi. Ecco allora lo scambio con i paesi dove si produce altra ricchezza: il grano e altro ancora; lo scambio con i paesi delle Madonie. Personalmente ricordo ancora di alcuni pollinesi, che venivano a vendere a Cefalù le verdure selvatiche, che avevano raccolto il giorno prima, o i carrettieri, che portavano verso le Madonie il pesce e acquistavano poi con il ricavato grano. Era commercio? Credo che innanzitutto era collaborazione per aiutarsi a vicenda.

Ecco, la Cefalù rifondata da Ruggero; sede di un vescovado; pulita e ordinata; ricca di cultura, che alcuni suoi cittadini eminenti e colti vi facevano crescere, tenendo rapporti con studiosi europei del tempo; questa Cefalù aiutava le Madonie a sfuggire all'isolamento, nel quale sarebbero rimaste, se non avessero avuto questo riferimento non soltanto geografico, ma anche culturale.

No, non era soltanto commercio, ma anche e soprattutto collaborazione! Cefalù senza il diadema non sarebbe stata la principessa che era e le Madonie sarebbero state un gioiello smarrito in un fitto bosco.

Oggi, dopo un cinquantennio di amministrazione miope, Cefalù non ha più l'aspetto di una principessa, ma quello di una nobildonna decaduta. Il suo diadema, le Madonie, invece splende più del tempo passato. Esse, le Madonie, quasi si rifiutano di tornare a collaborare con Cefalù e la lasciano senza il loro ornamento. Sembrano soffrire dello stesso male del quale soffrì Cefalù, la miopia, che ne ha fatto una nobildonna decaduta e raggrinzita. Allo stesso modo accadrà forse fra cinquant'anni alle Madonie: diventeranno un diadema non più luccicante.

A meno che non si torni alla collaborazione. Il turismo cefalutano potrà rinascere, se a esso non si offriranno soltanto le sagre mangerecce e il mare, ma anche la visita delle Madonie e delle sue bellezze, che sono state conservate forse meglio di quanto Cefalù abbia conservate le sue. Così come è stata conservata meglio l'economia agraria dei paesi madoniti. Penso alle masserie e agli allevamenti semi-bradi, che non hanno nulla da invidiare ai masi altoatesini, dove il turismo è una delle principali fonti di reddito. E che reddito!

Si torni, quindi, alla collaborazione. Così la principessa Cefalù potrà fare sparire le sue rughe e riprenderà il suo aspetto leggiadro, cingendosi del diadema Madonie. Insieme entreranno nello splendido salotto ricevuto in dono dalla natura, riguadagnando l'ammirazione degli altri ospiti, di quei turisti, che in questo momento preferiscono altri salotti, forse meno belli, ma con padroni di casa più ospitali.