Amministrazione: la farsa contro la scienza

Ritratto di Angelo Sciortino

1 Luglio 2016, 23:34 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Perché la scienza ha fatto per la prima volta capolino nell'antica Grecia ed è poi cresciuta in Occidente, in quei Paesi, cioè, che della Grecia hanno raccolto l'eredità culturale, vincendo anche sull'oscurantismo, che una religione voleva imporre? Perché l'Oriente, dove fiorirono grandi intuizioni, non ha mai dato un contributo alla scienza?

Una e una soltanto è la risposta a queste domande: perché la Grecia fu la prima cultura a servirsi della dimostrazione delle sue intuizioni. Intuizioni che, grazie allo sforzo logico-argomentativo della dimostrazione, cessarono di essere ipotesi, per diventare verità condivise grazie alla correttezza dell'argomentazione. Uno dei primi filosofi greci giunse a definire la realtà “una ragnatela di ipotesi”, che esigevano di essere dimostrate.

Da qui il prometeico sforzo di sviluppare una logica in grado di dimostrare che l'ipotesi non era un dogma, al quale credere per fede, e non era neppure la verità, che in questo caso i Greci chiamavano ἀλήθεια=Aletheia (ricerca o svelamento della verità) proprio per mezzo della dimostrazione logica. Non per nulla a partire dai primi filosofi, per finire agli stoici e agli epicurei, la logica fu un caposaldo della filosofia.

A questo punto sorge spontanea una domanda: che fine hanno fatto la logica e la dimostrazione ai giorni nostri? Certamente esse sono ancora alla base della scienza, ma non più della cultura generale; meno che mai della politica e del diritto, quantomeno di quello positivo, costituito dalle leggi approvate dai Parlamenti. In questo secondo caso è come se fossimo governati senza logica, ritenendo quella del governare un'arte, che nasce da un sentimento o da un'intuizione, e non una scienza. Se avessimo seguito anche il titolo soltanto del grande libro dell'ancor più grande illuminista napoletano Gaetano Filangieri, La scienza della legislazione, forse non permetteremmo che qualcuno considerasse la politica un'arte e i politici attori comici sulla sua scena.

Purtroppo non si è letto o si è dimenticato Filangieri, che invece era piaciuto a Benjamin Costant, a Stuart Mill e a Jefferson, che lo voleva in America subito dopo la sua indipendenza per dare suggerimenti proprio sulla “scienza della legislazione. L'ignoranza di questo pensiero fa sì che politici come Renzi, Crocetta o Lapunzina possano contare sul palco della politica per recitare le loro farse. Peggio ancora quando l'opinione pubblica si stanca di tali attori e decide di sostituirli con attor comici, detti populisti, che andranno a recitare sempre la stessa farsa, stante la loro ignoranza della logica greca e del pensiero di Filangieri.

Convinto come sono da sempre che il comune è l'istituzione politica più vicina ai cittadini e soprattutto quella in cui essi potranno addestrarsi alla democrazia, perché il dibattito riguarda scelte su problemi vicinissimi e noti, credo fermamente che ogni ripresa dell'Italia deve partire dalle amministrazioni comunali. Questo, però, non accade a Cefalù.

Non accade perché la trasparenza non c'è. Già questo da solo basterebbe per esprimere un giudizio negativo. Purtroppo c'è dell'altro, molto altro. C'è un'assenza di strategia amministrativa, che si vorrebbe coprire con i ricorsi giudiziari o con il più farsesco degli scaricabarile. Questo perché si calpestano ogni giorno la logica e la dimostrazione, finendo con l'affidare l'agenda delle cose da fare all'improvvisazione o alla recita di menzogneri e illogici comunicati.

Il primo dei filosofi greci, Talete, aveva oleifici e comprava olive durante la raccolta; noi lasciamo estirpare a centinaia gli alberi d'ulivo da un'impresa in nome di un malinteso senso del progresso oppure lasciamo che brucino, improvvisandoci disperati fra le fiamme, sperando di passare per eroi. Pericle nel V secolo chiamò accanto a sé razionalisti della stazza di Anassagora; noi ci accontentiamo di un sofista ingiurioso.

Continuo? No, ho stancato troppo. Non potevo non dire, però, quali sono le ragioni per nutrire la più profonda delle disistime su questa Amministrazione. Spero che tali ragioni, insieme alle tante altre esistenti, vengano condivise dai lettori, perché ne possano tenere conto alle prossime elezioni. Se accadrà, potrò dire alla mia coscienza di essermi comportato coerentemente e di avere fatto il mio dovere per difendere la mia Città.