Stat magni nominis lux

Ritratto di Giuseppe Maggiore

10 Giugno 2016, 17:40 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

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STAT  MAGNI  NOMINIS  LUX

(resta la luce d'una grande fama - Lucano)

 

L'originalità dell'esistenza, i suoi limiti ed i suoi condizionamenti, spingono la monade ad elevarsi in un empireo mnemonico, il campo dell'arte, da se stessa creato ad usum delphini per sottrarsi, a volte anche inconsapevolmente, alla ineluttabilità di una esistenza insoddisfacente e, forse, arida, inesorabilmente, comunque, tragica.

Non è raro, infatti, il caso in cui un individuo, immerso in un particolare settore produttivo del tutto estraneo alla libera espressione artistica, dimensione operativa seppure scelta per propensione o per meditata convinzione, si ritrovi ad un certo momento del suo vissuto a sentire il bisogno impellente ed inderogabile di voler esternare il suo più recondito "io" in maniera più autonoma ed espressivamente più efficace, non rinvenendo nella professione esercitata la totalità di quegli impulsi motivanti necessari ad appagare la sua interiore più intima esigenza.

Così, spesso, avviene che, inaspettatamente e senza premeditazione alcuna, ex abrupto, si venga a contatto con tendenze sopite o ignorate, discipline elettive giacenti sotto l'impalpabile cenere del proprio recondito humus, quali la pittura, la scultura, la musica, la scrittura ecc., le arti, insomma,  che, considerate e fatte proprie, fantasmagorico empireo dai più irraggiungibile, trasportano lo spirito in una dimensione eterea ripagandolo di quelle carenze, o pseudo tali, che il quotidiano non manca mai di elargire a ciascuno.

Questa volta, l'ottagono di S. Caterina ospita e propone, in un clima culturalmente particolare, un binomio eclettico, un originale accoppiamento operativo in simbiosi d'intenti, amalgamando in una inusuale voluta comunanza, quasi una collettiva, due arti collaterali ma tecnicamente disgiunte, similari nella rappresentazione poetica della realtà circostante ma diverse nello stile e nella fattura, tuttavia entrambe coadunate dal senso imprescindibile della naturale propria linfa creatrice, carismatiche in quanto grafica interpretazione del divenire circostante filtrato dalla sensibilità individuale e mediato dall'intuizione, dall'ineludibile gusto e dall'innato personale carisma.

Due personali esibite su una ribalta ambientale che felicemente le accorpa.

Due siciliani, gli autori, concittadini addirittura, che, attraverso esperienze differenti, seppure all'antipodo, mantengono una visione culturale univoca. Particolare connubio di due manifestazioni artistiche le cui espressioni sorelle raggiungono un diapason imprescindibile inducendo a concentrate profonde emozioni.

Pittura e Fotografia; ovverossia, nel nostro caso: Leonardo Giardina ed Antonio Barracato.

Il primo, estroso Ingegnere, da giovane trapiantato a Roma, personalità dai multiformi interessi culturali, passato in una prima fase della sua vita attraverso incarichi dirigenziali di vaglia e, comunque, da sempre, appassionato di motori (il suo interesse per le macchine d'alto bordo è noto), facente parte dell'ambiente agonistico che lo vede anche partecipare in prima persona con successo a gare sportive e già presidente in tale settore del "Ferrari club Italia".

Alla sua raggiunta maturità, Giardina, forse casualmente (di solito avviene sempre così perché è l'imprevisto che regola il nostro incerto incedere), scopre pennelli e colori o, per una più appropriata  consecutio temporum, colori e pennelli (invertendo l'ordine dei fattori, com'é risaputo, il prodotto non cambia) e, prepotentemente,  rimane folgorato dalla nuova strada imboccata, che, aprendoglisi dinanzi, gli schiude un vasto mirifico orizzonte che gli è congeniale: la pittura.

E da buon samaritano, da  persona coscienziosa e metodica, non si butta all'arrembaggio di questa, per lui, nuova disciplina, senza, come si dice, farsi preventivamente le ossa; e così intraprende un effettivo corso di studi introducendosi nei meandri della tecnica del colore, studiando le correnti manieristiche, i classici, le varie esperienze dei grandi e quant'altro; studio ch'egli continua negli anni e che lo mette in grado di cominciare a gustare, con conoscenza di causa, il frutto della propria insorta passione.

Per sommi capi, questo il suo excursus esistenziale sfociato nella pittura che lo porterà, poi, a conseguire importanti premi in prestigiose collettive e personali nazionali ed internazionali.

Paesaggista della più bell'acqua, sulla scia dei precursori che dal Canaletto e da Ligabue lo porta sino a Casabianca e ad Abbati, seguendo le orme di Segantini, Pellizza, Lojacono, Ciardi, Fontanesi ed altri, egli condensa la sua visione di quanto lo circonda trasfondendola con calibrate vigorose pennellate su tele o tavole;  il tutto permeato da un imput che connota il suo personalissimo modo di sentire, di osservare e di trasmettere, in cui la ricerca analitica del particolare, sapientemente osservato, analizzato e interpretato, inteso come soggetto empirico ed esistenziale, rappresenta il motivo preminente che promana dall'interesse di voler saggiare le norme che regolano la composizione cromatica.

Forse il suo incedere artistico in questa intrapresa dimensione prende le mosse da una concezione naif della pittura; e, credo, che da qui, il Nostro, spicchi il volo verso la sua globale visione dell'arte.

Inoltre, la stessa composizione dei cromatismi rilevati nelle sue opere, nei suoi oli soprattutto, sembra indubbiamente derivare da personalissime valutazioni culturali e morali, imprevedibili emanazioni di uno spirito sbrigliato che sempre condiziona le sue scelte perseguite con estrema accuratezza; se non, addirittura, dalle formule cattedratiche  pertinenti alla espressione pittorica stessa.

Ciò che emerge, inconfutabile, dalle sue tele, dalle sue tavole soffuse da pennellate di velato colore, è indiscutibilmente il suo procace senso del disegno, la sua serietà professionale, il suo impegno scenografico reso più evidente dal calibrato uso della prospettiva e della profondità di campo.

Esternazione di una realtà onirica, la sua, interpretazione sentimentale della sua Sicilia, mai obsoleta, mediata da una sensibilità emotivamente artistica di tutto rispetto.

Anche quando l'oggetto del suo interesse, le barche arenate sulla spiaggia per esempio, appaiono quasi natura morta, le volute di colore, la gradazione ad esse accordata, la forza vigorosa della pennellata, il dispiegarsi delle linee del disegno, l'impostazione scenografica della "veduta" e la sua postura grafica fan sì che le sue creazioni esprimano movimento e giammai staticità.

Il riflesso della fantasìa dell'artista aleggia nei ghirigori del tratteggio; il suo inconfondibile stile, che rifugge da uno sciatto conformismo, balza vivo all'attenzione del fruitore destandogli emozioni pure e istintive, pregne di arcani significati.

Il rinnovato senso della gradazione del colore ed il focalizzare soggetti paesaggistici, la cui massima espressione moderna si rileva con Guttuso, Mattioli, Carpi, ecc., rivive in Giardina dopo la stasi amorfa che ai primi del '900 dello scorso secolo coinvolse l'intero settore a causa del materializzarsi dell'arte futurista ed informale; discipline innovative, queste ultime, che, abbandonando il realismo che connotò tutta l'epoca precedente, si personalizzarono nella concezione virtuale della rappresentazione del libero disegno non sottostante a canoni di alcuna natura estetica.

Tale futuristica corrente di pensiero, mediata da un apporto stilistico del tutto nuovo, s'impose imperiosa assurgendo a forma artistica malgrado le esperienze toscane, come quelle dei post-macchiaioli, abbiano tentato con qualche fortuna di contrastare il fenomeno mantenendo alto il livello del proprio genere che ha rivissuto, poi, una palese fioritura nella seconda parte della stessa epoca portando a cospicui risultati di indubbia risonanza culturale.

Bisogna non dimenticare a questo punto che la pittura paesaggistica vanta origini illustri: acquistò, infatti, autonomia iconografica nel XVI secolo grazie all'arte fiamminga e tedesca (Albert Durer). Nel successivo XVII secolo troviamo gli olandesi ed il francese Claude Lorrain e nel XVIII Giotto, Leonardo da Vinci, Tiziano, Canaletto e tant'Altri la innalzarono di livello consolidando una branca pittorica che resero universale.

Studiando le vedute di Giardina appare chiaro ch'Egli abbia risentito dell'influsso oleografico che le opere degli insigni maestri gli abbiano potuto trasmettere.

I soggetti scelti e l'incisivo stile d'effetto impiegato nelle composizioni lo allocano senz'ombra di dubbio alla moderna scuola classicista, soprattutto per l'amorevole ed attenta cura, come ho accennato prima (concetto lampante che ribadisco), ch'egli dispiega nella ricerca del particolare e nell'adeguata tecnica prospettica profusa.

Non a caso ed a buon diritto, il Nostro, sarebbe allocabile al "MIPP" (Movimento Italiano Pittori Paesaggisti) per la passione, la costanza e la perseveranza con le quali esplica il suo impegno creativo.

Ho conosciuto questo autore casualmente trovandomi tempo fa al S. Caterina, luogo da sempre deputato ad incontri culturali, presentatomi da un'amica. Lì mi ha fatto dare un'occhiata ad alcune sue opere mostrandomele sul display del suo telefonino.

Oggi me lo ritrovo nello stesso luogo dove, sotto il titolo di "Veleggiando tra i borghi" è  allestita una sua personale in connubio con l'amico Barracato, che, fotografo da sempre, espone le sue più recenti composizioni relative al tema della mostra: "Il Mare"..

Il secondo espositore che ci occupa è, appunto,  quest'ultimo: Antonio Barracato.

Originale esempio  di molteplici attività culturali esplicate in svariati campi (fotografia, videografia, allestimento di spettacoli itineranti e soprattutto, non ultima, poesìa) e sempre intraprese e portate a termine con lodevole impegno.

Pluripremiato in vari concorsi nazionali e non, personaggio singolare, poliedrico, infaticabile conseguitore di successi accademici, la cui molla principale che gli fà calcare ribalte e simposi è l'assiduo impellente bisogno  di esternare la sua insorta poetica (attività che gli rende una meritata notorietà) e sul quale autore ho già dispensato ad iosa nel tempo scritti, commenti, recensioni e quant'altro, tanto che disquisirne ulteriormente mi sembra come pestare l'acqua nel mortaio, Antonio rappresenta uno artista complesso  che ha sempre qualcosa creativamente da dire.

Il personaggio non lesina la sua fattiva partecipazione a festivals, concorsi, incontri e qualsiasi altra competizione  culturale che gli si presenti.

Barracato ha il senso del colpo d'occhio, della cattura dell'inusuale, del soggetto fotografabile in quanto espressione pura di un divenire circostante.

Proveniente da una famiglia di fotografi nella quale il magnetismo della visualizzazione artistica ne ha condizionato continuativamente la riconosciuta professionalità (ricordiamone l'omonimo zio che per anni, assieme al fratello e ad altri fotografi locali come Varzi e Brunetti, dopo lo storico Brocato, tennero alto il nome della fotografia a Cefalù), anche lui, pur lavorando in banca come occupazione principale, ha sentito il bisogno di librarsi nel campo dell'arte.

I suoi lavori fotografici esposti in questa mostra, siano essi in bianco e nero od a colori, evidenziano un indubbio taglio professionale, rendendo il soggetto trattato vivo e sinonimo di un trasparente quotidiano.

Il connubio fra fotografia e pittura qui risulta esemplificativo di congrui positivi risultati; ciò perché la fotografia rispecchia la realtà veridica, seppure osservata da angolazioni diverse che nutrono l'aspetto delle cose, degli ambienti e dei personaggi, d'una patina di riflessione soggettiva, mentre la pittura, in quanto  rielaborazione grafica della realtà stessa mediata dalla sensibilità dell'autore e dal suo innato cocente senso di creazione, nasce dalla oculata manualità dell'operatore.

Belle presenze in sala a coronare le opere offerte alla fruizione degli astanti.  

Tra i volti più conosciuti o meno noto Angela Maria e Salvatore Giardina, fratelli dell'omonimo artista e vedova, la prima, del compianto violinista Salvatore Cicero, Marisa Giardina, Salva Mancinelli, Tony Franco e la moglie Rosaria Liberto, Enzo Rosso, la moglie del Sindaco Sig.ra Pina Avanzato, la Sig.ra Tornabene Antonietta, l'Arch.tta Patrizia Campanella, che, con gusto e competenza ha curato la parte espositiva della mostra ed il progetto grafico della locandina riportando in quest'ultima i giudizi di accreditati virtuosi della penna sull'opera meritoria del pittore, esponenti del direttivo de "I borghi più belli d'Italia" e dei Comuni di Castiglione e Novara di Sicilia e tanti altri.

Come sempre, a fare gli onori di casa nell'ambiente amorfo del citato Ottagono, emblematica ribalta cittadina intesa a celebrare manifestazioni artistiche, location carismatica dove le colombe, duttili messaggere evocatrici di pace, starnazzano svolazzando sui luoghi e sulle opere sicuramente anche loro in cerca del più recondito senso dell'arte e dei suoi plurimi derivati, la rinomata  Sylvia Patti, conosciuta ed apprezzata ninfa sacrale, onnipresente dispensatrice in loco di culturali intense emozioni.

La mostra, da visitare, inauguratasi il 2 Giugno scorso sotto il patrocinio del Comune di Cefalù ed alla presenza del Sindaco Rosario Lapunzina, del Presidente del Consiglio Antonio Franco e dell'Assessore alla cultura Vincenzo Garbo, presenti anche artisti ed esponenti della cittadina cultura, si concluderà il prossimo 12 Giugno.

Cefalù, 3 Giugno 2016.

                                                                              Giuseppe Maggiore