17 Maggio 2016, 21:37 - Giuseppe Maggiore [suoi interventi e commenti] |
L'altra sera... al "Cicero"
È stata Santa Franco stessa ad invitarmi a questa book performance (una volta si sarebbe detto semplicemente "presentazione di un libro"; ma oggi pare faccia più tendenza aggrapparsi a leziosi stranierismi come se l'inglese, nel presente caso, rappresentasse un biglietto da visita culturalmente più evoluto, desse più titoli di merito a chi lo usasse e fosse addirittura una manna venuta dal cielo a santificare gli assunti) del suo testo "Donne di Zagara", manifestazione tenutasi al teatro Cicero lo scorso 14 Maggio alle ore 18.
Per la verità, incontrandomi qualche tempo fa, me ne aveva anche evasivamente parlato, invitandomi, comunque, a far parte del quorum degli spettatori; ed infine, qualche giorno fa, prima dell'incontro ufficiale, me lo aveva ricordato per telefono. Bontà sua.
Ho aderito molto volentieri ed eccomi qua, seduto nella seconda fila accanto alla non mai abbastanza lodata Prof.ssa Rosalba Gallà, in più disamine versata, mirifico esempio di artistica natura.
L'incontrai nel foyer del locale, convenuta pure lei per l'evento; poi, entrati nella sala, affollatissima anche nei due ordini superiori dei palchi, "ci siam visti persi" (frase idiomatica di netta derivazione siciliana che dà l'esatto senso del nostro stato d'animo in quel particolare momento): i posti, ancor prima dell'orario prefissato, risultavano quasi tutti occupati.
Fotografie di Giacomo Sapienza tratte da Cefalunews
Fortunatamente il quasi ci ha salvati, perché in seconda fila, come ho accennato prima, proprio di fronte al palco, ce n'erano ancora due liberi e così li abbiamo presi al volo.
Il diavolo e l'acqua santa, ebbe, poi, a dirmi qualcuno vedendoci seduti accanto; nella quale denominazione il diavolo sarei stato io, secondo colui (non so perché) e l'acqua santa lei, la Rosalba. Mah!
Comunque, partiamo dal principio; dal titolo del presentando testo, cioé.
Perché "Donne di Zagara"?
A che questo accostamento delle donne alla zagara? Perché questo particolare connubio di determinate figure femminili divenute personaggi ad una primaverile profumata fioritura?
Il significato recondito di questa originale scelta va opportunamente sceverato. Tentiamone, pertanto, una ipotetica, per quanto risibile, interpretazione.
Sappiamo che la zagara è il fiorire degli agrumi; l'aroma di una stagione: la "Primavera", la più poetica, la più ambita, la più gradita. Almeno per i più. C'é, per esempio, a chi piace l'inverno, invece; e fra questi ultimi mi ci potrei mettere anche io. Ma, torniamo al dunque, alla pertinenza della ipotizzata osservazione.
Dobbiamo pensare che l'artista abbia voluto qui, con questo sillogico accostamento alla zagara, equiparare quelle caratteristiche presenze, vissute nel limbo di antiche stagioni, obsolete, venute fuori dai cortili, riesumati dalle stradicciole, dalle vanelle, dai tracciati, scaturite dalle piazzette, emerse dai più popolari anfratti di un sobborgo, di un rustico centro storico, ammantate della poetica freschezza del loro essere, del loro manifestarsi, del loro imporsi con naturalezza nella vita sociale del tempo, schietta scenografica location, donne esaltate dalle prerogative di un'epoca, dall'elegiaco dispiegarsi di un periodo, abbia voluto, l'artista, dicevo, equiparare quelle donne, alle immortali eroine che hanno speso coraggiosamente la propria esistenza, non disdegnando di andar anche contro corrente, nella lotta per il raggiungimento di un onorevole conquista, elettivamente innalzandole in una dimensione onirica per l'incisiva portata della loro indubbia valenza?
Monadi, allora senza voce, umiliate e offese, inconsiderate, vessate dalla nequizia dei tempi, immerse in una acquario culturale pregno di mutamenti sociali, prodromi di quelli che oggi vedono la donna acquisire le pari opportunità con l'antagonista universo maschile.
E ad esse figure femminili divenute personaggi, la nostra autrice ha dato corpo, dimensione, personalità ed autorevolezza, sbalzandole da una immeritata oscurità atavica su una ribalta luminosa e senz'altro più pertinente.
L'accomunare, quindi, la fragranza della zagara a quelle figure femminili alle quali la Franco si riferisce potrebbe rappresentare un ineludibile palmario reso al tacito valore muliebre spesso vilipeso e costretto all'anonimato.
È questa una possibile motivazione? Oppure l'accostamento rappresenta un probabile riferimento al periodo delle zagare, alla primavera, insomma, e, quindi, donne di primavera che alitavano, cioè, preferibilmente in quella particolare stagione? Profumate, profumabili?
Perché in fondo, diciamocelo francamente: ogni autore e solo lui, sa con certezza che cosa vuole dire, che cosa vuole proporre, che cosa vuole significare quando mette sul piatto il frutto della propria dimensione artistica. E tutte le altre possibili interpretazioni che il fruitore dell'opera può fare lasciano il tempo che trovano.
Infatti il testo, che per la sua esternazione in puro vernacolo siciliano riconduce quasi ad un archetipo letterario, vuole rivalutare, come asserisce l'autrice stessa, tutte quelle particolari donne del primo novecento che con il loro incisivo proporsi hanno caratterizzato con la loro presenza storica una realtà sociale immersa ancora nel baluginare del diritto, ritagliandosi un ben distinto spazio nella mente dei coevi che le conobbero e nella memoria di quanti di esse hanno sentito raccontare.
L'oralità fà la storia finché qualcuno, iniziato, sensibile e capace, non metta su carta quanto ne abbia sentito dire.
Come i vangeli sinottici o come quelli apocrifi.
Operazione catartica in cui si è cimentata l'Autrice.
Chi è Santa Franco?
Per quanto la si conosca e la si apprezzi, tracciamone un rapido schizzo in punta di penna o, per essere più esatti ed adeguarci alla odierna realtà, in punta di computer (è già un miracolo che sopravviva ancora la cara vecchia penna stilografica, evocatrice di fantasiose scritture, di svolgimenti di scolastici temi, di prestigiose firme e di quant'altro).
Tusana di origine, oggi insegna italiano nella nostra città presso l'Istituto Comprensivo "Nicola Botta".
Il suo fattivo impegno profuso con l'inoltrarsi in problematiche sociali e politiche più o meno scottanti, rivestendo anche importanti cariche istituzionali e significativi ruoli di partito, l'ha sempre vista protagonista e militante in prima fila. Fautrice di incontri e dibattiti culturali nelle loro diverse peculiarità, letterarie, artistiche, antropologiche e sociologiche, si è sempre distinta per la dimostrata padronanza della situazione in cui è volutamente e con cognizione di causa ingredita.
Questa sua attuale fatica, un libro di un centinaio di pagine edito dalle edizioni Arianna di Pietro Attinasi, che in copertina porta una illustrazione di Marcella Brancaforte e nell'interno quelle di Saro Curcio, si propone in un formato pressoché tascabile ma dalla sua impostazione appare subito di grande rilievo: "multum in parvo".
L'ancoraggio del lessico al dialetto, natura metrica che supporta cadenze e musicalità di un siciliano antico (la lingua dei padri) con le accentate inflessioni fonetiche che gli sono proprie, è stato evidenziato dalla voce chiara e studiata della lettrice di un corposo brano del testo: la brava Stefania Sperandeo, nota attrice e regista di merito alla quale né l'insegnamento di uno Stanislavskij o di uno Strasberg è materia sconosciuta; l'interprete ha caratterizzato la gamma dei sentimenti del personaggio proposto avvalendosi di toni espressivi, duttili e profondi che han fatto risaltare le immagini letterarie profferte dall'autrice.
Grazie all'acquisito concetto dell'arte, raggiunto nel testo attraverso la spiccata padronanza del vernacolo ed il sapiente tecnicismo lessicale, la Franco focalizza situazioni ambientali, azioni ed espressioni tipiche, attingendo a piene mani nell'humus di una cultura popolare schietta e d'effetto, seppure obsoleta e spesso travisata, dando vita a cocenti sentimenti che rivivono nei personaggi attualizzati pur nella loro stigmatizzata configurazione storica.
Fotografia di Antonio Barracato
L'incontro, sapientemente diretto dal giornalista Franco Nicastro, Presidente emerito della Fondazione Culturale Mandralisca, onore e vanto della nostra città, che, sorretto dal suo inconfondibile stile, non ha mancato di dotare di un piglio scorrevole la sua professionale conduzione, è stato supportato da calibrati interventi di autorevoli personaggi della letteratura, della politica e dell'arte del calibro di: Giovanni Ruffino, docente, glottologo, dialettologo, Professore di linguistica italiana presso la facoltà di lettere e filosofia dell'Università di Palermo nonché autore della prefazione del libro stesso; Domenica Perrone, docente di letteratura contemporanea presso lo stesso Istituto Accademico; Pietro Attinasi, titolare della Arianna Edizioni. E poi di Saro Curcio, che, come ho citato prima, ha curato la parte grafica dell'interno del testo; Saro, fra l'altro, nel 1994, ha portato avanti la realizzazione della locandina del mio special su Steno Vazzana "Una città, un Uomo", film prodotto dalla medesima Fondazione precedentemente nominata.
Antonio Barracato, alacre esponente nostrano delle poetiche patrie lettere, pluripremiato in svariati concorsi ad hoc (tanto che se qualcuno gli chiedesse come occupa il tempo lasciatogli libero dalla sua attuale attività bancaria potrebbe a buon diritto rispondere: "faccio il premiato"!), ha curato le foto della scrittrice e della serata in aggiunta a quelle del bravo giornalista e fotografo Giacomo Sapienza.
L'autrice, la nostra apprezzata Prof.ssa Santa Franco, dopo aver letto pure lei un altro racconto del suo prezioso libro con espressive inflessioni tonali da consumata attrice, ha concluso la serata riscuotendo sostanziosi consensi.
Nel corso della manifestazione numerosi sono stati gli interventi da parte del pubblico. Ha, infatti, preso la parola Enzo Terrasi, Vice Sindaco del Comune della nostra città in rappresentanza del Primo Cittadino Rosario Lapunzina assente per impegni precedentemente contratti, il Presidente del Consiglio comunale Prof. Tony Franco, scrittore di vaglia pure lui, la pregevole Assessora Antoniella Marinaro, che, con una sapida e simpatica battuta ha licenziato il suo accostamento alla ribalta, il Dirigente scolastico Prof. Domenico Castiglia ed il Vice Sindaco di Collesano Prof. Giuseppe Re.
Presenti in sala, oltre alla citata Prof.ssa Rosalba Gallà, mia compagna di banco per l'occasione, figure emergenti nel pullulare del rutilante numeroso pubblico, personaggi di spicco della realtà cefaludese, quali: la Sig.ra Agata Cannizzaro ved. Pedi, figura carismatica nota per il suo attaccamento alle nostrane tradizioni nonché insegnante di merito presso l'Istituto Botta, la prestante Arch.tta Salva Mancinelli, Green Economy del Sindaco di Cefalù Rosartio Lapunzina e Presidente del sodalizio "Fare Ambiente", nonché vari rappresentanti di Associazioni cittadine e molti alunni dell'apprezzatissima scrittrice.
Nota di colore nel dipanarsi dell'intera serata: svolazzanti abiti rosa-pallido e calze a rete di alcune signore, elementi che non hanno mancato di suscitare in me sensazioni stravaganti inducendomi a personalissimi interiori apprezzamenti sulla ostentata esuberanza femminea e sui suoi possibili conturbanti risvolti, distogliendo, comunque, nel contempo, la mia assidua attenzione all'arte.
Nutriti convinti applausi finali hanno definito il culturale incontro confermando ancora una volta Santa Franco donna di conclamato impegno e validissima scrittrice.
Cefalù, Maggio 2016.
Giuseppe Maggiore
- Accedi o registrati per inserire commenti.
- letto 1755 volte