23 Febbraio 2016, 21:14 - Salvatore Varzi [suoi interventi e commenti] |
Un’antica meridiana della Basilica Cattedrale di Cefalù
di Salvatore Varzi
L'uomo non poteva evitare, contemplando il cielo, di attribuire un’importanza fondamentale al Sole, astro diurno che regge e regola lo scenario molteplice dei fenomeni della natura. Si sforzò anche di carpire i segreti creati dal mutare delle ombre, di sfruttare le illimitate risorse energetiche del Sole, di pensarlo nella sua veste più genuina, familiare, simbolo della vita, generatore e fecondatore, collegato indissolubilmente alla nascita e allo sviluppo della civiltà.
In alcune vecchie case, soprattutto rurali, esiste un segno inciso nel pavimento, su un muro esterno o sul davanzale di una finestra. La sua funzione è di indicare l'istante del mezzogiorno, quando un'ombra lo tocca o l’attraversa. Questo segno è la meridiana: anche se rudimentale, era in grado di fornire un riferimento orario preciso, dove non era disponibile un orologio. In Italia, nei secoli passati, strumenti simili sono stati installati nelle piazze, in importanti edifici pubblici e all'interno di chiese e conventi. All’interno delle chiese, soprattutto, si possono ancora trovare meridiane in cui, invece di un'ombra che indichi il mezzogiorno, è un raggio di luce solare che, penetrando nell'edificio attraverso un foro detto gnomonico, cade su una linea corrispondente al meridiano locale, incisa sul pavimento a ricordo di un evento importante, da celebrare e commemorare in una data precisa.
Esempi di questo tipo di meridiana sono presenti nella chiesa di San Leonardo di Siponto, (foto sotto); di San Nicola a Catania, dove una striscia di ottone incassata nel pavimento si illumina al mezzogiorno vero locale grazie a un raggio che passa da un oculo presente nel soffitto; nella Basilica collegiata di San Sebastiano ad Acireale; nella chiesa di San Giorgio a Modica; nella Cattedrale di Palermo; nel Duomo di Milano, dove il punto in cui cade la luce indica l’esatto mese dell'anno.
Nella Basilica Cattedrale di Cefalù, se gli studi intrapresi da poco confermeranno la presenza di una meridiana a camera oscura, come sembrerebbe, un raggio di sole, passando da un oculo praticato in una volta a crociera del transetto, segnerebbe il mese esatto e un brevissimo arco temporale di giorni coincidenti con l’infausto evento della morte di re Ruggero II sopraggiunta, secondo la secolare tradizione cefaludese, il 28 febbraio 1154 a Palermo.
Nella Cattedrale di Cefalù tutto inizia da un oculo aperto in posizione eccentrica su una vela della volta a crociera costolonata, fatta eseguire nel corso del secolo XIV da monsignor Luna per coprire l’ala meridionale del transetto.
Di quest’oculo, realizzato insieme alla volta, o preesistente, lasciato in uso e successivamente murato in epoca imprecisata, col passare del tempo si persero le tracce fino a quando, nel corso degli ultimi restauri, non si intervenne sugli intonaci esterni e sulle coperture. Fu ritrovato e ripristinato. Resta da accertarne la funzione, che non sembrerebbe utile né a fini manutentivi né per altro motivo, data la sua ubicazione di impossibile accesso dall’interno e difficilissima dall’esterno. A cosa poteva servire?
Una risposta si può dare. Potrebbe trattarsi di un foro gnomonico. O di quello che ne rimane, date le alterazioni subite nei secoli. Ho avuto conferma dell’ipotesi lavorando su un modello virtuale della Cattedrale, realizzato con un programma di modellazione 3D e curato nei minimi dettagli, ricreando, per l’arco temporale di un anno, il penetrare dei raggi solari dalle finestre esistenti, ma soprattutto da quell’oculo. Dopo un anno mi sono recato nella Basilica, a mezzogiorno in punto solare del 28 febbraio. Grazie alle ottime condizioni meteo, da quella finestra è entrato un raggio di sole, esaltato dal fumo d’incenso che impregnava l’aria, ed è caduto proprio su quella porzione di pavimento dove in antico era posizionato il sepolcro destinato ad accogliere i resti mortali di Ruggero II.
Una coincidenza? Non è credibile. Sembra un effetto calcolato, voluto e realizzato. Ogni anno, nello stesso giorno, alla stessa ora, se il cielo non è coperto, il sole illuminava e irradiava il regale sarcofago di porfido, facendolo risplendere agli occhi dei presenti. L’intento era di celebrare nei secoli la grandezza e la fama del primo grande re di Sicilia.
Nel 1215 Federico II, con inganno, mandò il vescovo di Cefalù Arduino in missione in Terrasanta e approfittando della sua assenza dalla sede fece trasportare i due sarcofagi porfirei, con i relativi baldacchini esistenti a Cefalù, nella cattedrale di Palermo, destinandoli a sé e ai suoi familiari. Riguardo le spoglie mortali di Ruggero II, furono, in data imprecisata, traslate in un semplice sarcofago a lastre porfiree, dove tutt’ora riposano. Fu collocato con gli altri sarcofagi reali in un’apposita cappella della Cattedrale di Palermo, coperto come gli altri da un baldacchino, in posizione sacrificata rispetto a quella di Cefalù, e meno illuminata.
Come è noto, Federico II era figlio di Enrico VI di Hohenstaufen e di Costanza d’Altavilla.
Ruggero II era suo nonno materno.
I canonici di Cefalù protestarono. Nulla da fare. Federico II era un accentratore, e anche un po’ geloso del nonno. Voleva costruirsi un pantheon più bello di quello romano. Nel quale, guarda un po’, c’è una sola fonte di illuminazione: un oculo centrale del diametro di nove metri. La sua cupola alludeva alla volta celeste. Il cornicione, all’equatore. Giochi di luce casuali? Fermiamoci qui, per adesso. Se no non faremmo in tempo a goderci lo spettacolo domenica prossima 28 febbraio.
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