Stanno uccidendo la nostra libertà!

Ritratto di Angelo Sciortino

2 Febbraio 2016, 21:25 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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In pochissimi si sono accorti finora che il vero attentato condotto contro la democrazia e la libertà non è né la strana legge elettorale e neppure la predisposizione caratteriale degli uomini della casta politica all'egoismo, ma le limitazioni poste ogni giorno alle autonomie locali. Senza le autonomie locali ogni popolo perde ogni forza di fronte al potere centrale. Lo capirono assai bene nel secolo XIX il francese Tocqueville e gli italiani Cattaneo e Minghetti. Oggi non lo capiamo noi!

Noi, e soprattutto i sindaci e i consiglieri dei comuni italiani, ci rifiutiamo di considerare la vera importanza dell'autonomia comunale e il suo diritto ad amministrarci, come un buon padre di famiglia amministra la propria famiglia. Troppo spesso si sente dire dagli elettori, durante le elezioni comunali, che un certo candidato non sarebbe un buon sindaco, perché non ha referenti politici in alto, nel governo nazionale e in quello regionale; ancora più spesso il sindaco e i consiglieri si giustificano della cattiva amministrazione, addebitando la colpa alle leggi nazionali. A essi viene da chiedere: ma allora, perché avete chiesto la fiducia dei vostri concittadini, se la legge vi rende impotenti a risolvere i loro problemi? Non riporto esempi per rispetto dei lettori, ma proprio il comune di Cefalù è, di questo stato di cose, un esempio eloquente.

Preferisco, quindi, continuare, mantenendomi sulle generali, basandomi sulle recenti decisioni di questo Parlamento.

La legge di stabilità 2016 affronta in maniera decisa l’ormai quasi ventennale questione relativa al patto di stabilità interno, da molti indicato come una delle principali tagliole alla ripresa degli investimenti. La versione breve, rimbalzata anche sulla stampa, è che il patto sia stato abolito. La versione lunga è un po’ diversa. Intanto, non è che non ci siano più vincoli sui saldi dei comuni; semplicemente, i complessi meccanismi del patto sono stati sostituiti da altri, più semplici e meno esigenti. In particolare, gli enti locali sono ora tenuti a conseguire un unico saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali. Ciò che non si dice, o che si dice male, è che l’alleggerimento vale per il momento solo per quest’anno. Infatti, la legge 243 del 2012 (la nostra traduzione del fiscal compact europeo), la cui applicazione è per ora solo rimandata, prevede una definizione di equilibrio di bilancio articolata su ben otto saldi: sia nella fase di previsione sia in quella di rendiconto, i bilanci dei comuni devono registrare un saldo non negativo, in termini di competenza e in termini di cassa, tra le entrate finali e le spese finali; e un saldo non negativo, ancora sia in termini di competenza sia di cassa, tra le entrate correnti e le spese correnti. La legge di stabilità 2016 si limita invece a prevedere che i bilanci dei comuni debbano registrare un saldo non negativo, in soli termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.

Tutto ciò crea la questione delle entrate. Infatti, il lato oscuro dell’operazione è la totale scomparsa dell’autonomia impositiva dei municipi. Tolte Tasi e Imu su una buona parte degli immobili, il governo ha pensato bene anche di bloccare ogni altra forma di autonomia impositiva (addizionale Irpef, gli altri immobili), forse per timore che i comuni, senza l’imposta sugli immobili di residenza, si rifacessero sugli altri cespiti. Va bene che il governo vuole ora che i comuni vendano le partecipate, ma un sistema finanziario locale basato solo sui trasferimenti a regime non funziona. Certo non incentiva la responsabilità fiscale. Può darsi che si tratti solo di un passaggio temporaneo della legge di stabilità; ma per il momento tutto il dibattito sulla local tax prevista dal governo, e di cui si sono riempite le pagine dei giornali, si riassume in un solo dato: la local tax ancora non c’è.

Il governo e il Parlamento vogliono quindi lasciare a secco le casse comunali? Un po' di pietà è dimostrata dalla possibilità concessa ai comuni di utilizzare fino al 100 per cento delle entrate da oneri di urbanizzazione per finanziare (alcune) spese correnti. È una sciocchezza. Gli oneri di urbanizzazione sono entrate in conto capitale, per loro natura straordinari e molto variabili. Usarli per finanziare spese correnti significa introdurre estrema aleatorietà rispetto alla continuità di quelle spese. Inoltre, favorire il ricorso agli oneri di urbanizzazione significa, di fatto, incentivare il consumo del territorio, l’opposto di quello che si dovrebbe fare.

Insomma, nessuna protesta da parte dei sindaci e dei consiglieri in nessun comune d'Italia! Nessuna difesa dei loro cittadini, che, ridotti a singole individualità, non hanno la forza di difendersi dalle prevaricazioni della più pericolosa delle caste: quella nazionale.