Il "sommario" della storia di Cefalù

Ritratto di Angelo Sciortino

22 Novembre 2015, 22:30 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Perché nessuno dell'Amministrazione, nessun consigliere comunale e quasi nessuno dei cittadini si accorge che Cefalù è il “sommario” di tante civiltà, vissute una dopo l'altra nel corso di venticinque secoli?

Perché si cammina nel Centro Storico, dimenticando che per le sue strade camminarono Siculi e Sicani, Fenici, Punici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Austriaci? Perché non si guarda con rispetto e ammirazione a quello che queste civiltà, prima ancora che popoli, ci ha lasciato?

Perché ci si dimentica di tante tradizioni, che furono la somma e la sintesi dei lasciti culturali di tali civiltà?

Perché ci si richiama soltanto alla Cefalù salvata dal terremoto da Cristo nel XVIII secolo e non a più remoti episodi ormai pressoché dimenticati dai più? E perché l'Amministrazione non li richiama, quando dichiara di voler fare cultura? O il Museo non fa opera d'informazione, pubblicando tutte le ricerche del Barone Mandralisca?

Vero è che, in mancanza di tutto ciò, proprio ai nostri giorni Rosario Ilardo e Giuseppe Riggio hanno scritto pregevoli libri per parlare della Rocca o di Rosario Porpora e del suo impegno di studioso; vero è pure che gli Amici della Giudecca tentano disperatamente di dare lustro a quella parte di Cefalù, che fu forse il primo insediamento fenicio o greco, e molti ripetono vecchi adagi di una grande prova di buon senso diffuso nella nostra tradizione, come ha fatto Pasquale Di Paola con l'aureo libricino I proverbi della Nonna: iniziative singole e meritevoli, che però non bastano da sole a creare quell'atmosfera, che dovrebbe maturarci e darci una ragione di orgoglio per la nostra storia, per la nostra tradizione e per le nostre stesse leggende.

L'ignoranza di questo sommario ha gravi conseguenze sulla compattezza sociale e sulla nostra capacità di creare i presupposti per l'integrazione di quanti hanno scelto negli anni di diventare parte integrante della società cefalutana. A che cosa, infatti, dovrebbero integrarsi, se noi stessi non abbiamo consapevolezza della storia racchiusa in tale sommario? E lo stesso turismo come potrebbe essere diverso da quello balneare e mordi e fuggi, se ai turisti non siamo in grado di offrire, insieme alle bellezze impareggiabili dei tramonti e dei paesaggi, anche di godere della cultura, che la storia e la tradizione ci hanno donato non soltanto con i monumenti, ma con il nostro peculiare carattere? Quel carattere che descrive assai bene il compianto Steno Vazzana in alcune pagine del suo Cefalù fuori le mura.

Che fare? si chiedeva Lenin, quando gli zar russi dominavano il popolo servo della gleba. Che fare? dovremmo chiederci noi. E non dovremmo dare le stesse risposte che diede Lenin, che sono uguali a quelle che fino a questo momento ha dato la nostra Amministrazione, perché tali risposte mirano a cancellare quel sommario dal quale ho preso avvio, per togliere ogni ragione di orgoglio, che renderebbe il popolo un insieme di cittadini consapevoli e non servi della gleba.

È forse la mia pretesa un sogno destinato a rimanere tale? Non lo so, ma spero con tutto il cuore che finalmente Cefalù prenda coscienza della sua storia e che i cittadini tornino a dimostrarsene degni, alla faccia di una politica parolaia.