La Sicilia e i finanziamenti europei

Ritratto di Angelo Sciortino

13 Ottobre 2015, 19:08 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Domenica scorsa ho partecipato a un incontro a Castelbuono, il cui tema era: “Ambiente, turismo e fondi europei per le isole minori, queste le tre direttrici per il rilancio dell’economia delle aree madonite che sono state affrontate nel corso di Eventi Europei, il ciclo di incontri che l’europarlamentare M5S Ignazio Corrao sta organizzando nell’Italia peninsulare per dare la possibilità ai giovani intenzionati ad avviare start up, alle imprese già esistenti ed alle amministrazioni locali, di avere reale contezza delle opportunità che offre l’Europa in termini di bandi, progetti e linee di finanziamento.”

Confesso che, nonostante la mia simpatia per gli sforzi dei pentastellati e il loro impegno a dare una svolta positiva all'attuale politica scialacquona e inconcludente del PD, sono rimasto deluso dagli interventi dei relatori. In essi, infatti, ho percepito un unico filo conduttore: dare regole e finanziamenti, pur lasciando invariata l'attuale tassazione diretta e indiretta, che grava sulle imprese, che producono ricchezza e posti di lavoro. Di quanto un simile comportamento sia pericoloso, ne abbiamo una prova inoppugnabile proprio noi siciliani e madoniti in particolare. La prova è nelle strade statali e nelle autostrade, che franano come franerebbe la ricotta, se non fosse tenuta entro contenitori. Queste strade e queste autostrade sono affidate, però, a un contenitore incapace di resistere alla pressione interna: allo Stato e per esso all'ANAS e alle province, per cui sono dette strade statali o provinciali, anche se le frane e l'abbandono le rendono indistinguibili.

Ecco che cosa accade. Quando i trasferimenti in conto capitale o corrente di risorse pubbliche rappresentano la voce principale di finanziamento di un settore, in assenza di segnali di prezzo e di efficaci strumenti di verifica dei risultati, la gestione rischia di essere poco trasparente e del tutto inefficiente. In ultima istanza la scarsa responsabilità degli operatori che ricevono le risorse pubbliche si riflette in costi eccessivi per il contribuente, ovvero in servizi non soddisfacenti, soprattutto se rapportati alle risorse impiegate.

La crescita economica a partire dal secolo XVIII si è ottenuta grazie al controllo dei mercati. È merito dei mercati, se gli investimenti hanno tenuto conto degli interessi dei cittadini e del soddisfacimento delle loro preferenze. Mai un'impresa avrebbe potuto offrire prodotti insoddisfacenti, non rischiando il fallimento.

In questo modo, crebbero le scienze, la tecnologia e persino i prodotti agricoli che fecero superare i periodi di carestia che tante morti avevano procurato in passato.

Persino negli anni che vanno dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni '60 l'Italia aumentò la sua crescita a tal punto che si parlò di un vero e proprio boom economico e la lira venne considerata la più forte moneta del mondo.

Mi sono chiesto: se in quel quindicennio fossero stati distribuiti finanziamenti e fossero state imposte regole burocratiche come le attuali, l'Italia avrebbe avuto un boom economico? Personalmente ritengo che la risposta non può che essere negativa, soprattutto se paragonata alla politica economica attuale, che si basa soprattutto nei generosi finanziamenti statali ed europei, il cui controllo viene affidato a una classe burocratica impreparata e incompetente, ma, nonostante ciò, capace di bloccare ogni sviluppo. Capace di bloccare persino i progetti, che potrebbero aspirare ai finanziamenti pubblici.

Se devo trarre delle conclusioni da quanto ascoltato domenica, non posso che dirmi deluso e persino preoccupato. Il problema, infatti, in Italia non è tanto quello di dare regole, quanto piuttosto quello di consentire nuovamente ai cittadini di essere giudici dell'offerta di beni e con la forza di punire chi fa offerte sbagliate come lo Stato mamma e i suoi strumenti come l'ANAS.

Dal M5S, che ha nel suo programma di ridare tale forza ai cittadini, mi sarei aspettato qualcosa di diverso.

Per cambiare l'Italia non occorre soltanto l'onestà, ma serve, soprattutto, la capacità e la volontà di spogliare lo Stato del suo pseudo spirito imprenditoriale.