Bartolo Martino

Ritratto di Giuseppe Forte

26 Febbraio 2013, 17:13 - Giuseppe Forte   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

Martino Bartolomeo, Emanuele, Antonino, Vincenzo, Casimiro, Angelo, Filippo

Insegnante della Scuola Statale d'Arte di Cefalù dal 1937 al 1971

- Per non dimenticare -

Martino Bartolomeo, o semplicemente Bartolo come spesso firmava e veniva chiamato, di Salvatore e di Salvatrice Agnello, è nato a Cefalù il 18 luglio 1902 in una delle tante famiglie colte della borghesia cittadina. Particolarmente portato agli studi e al disegno consegue, presso il Regio Istituto di Belle Arti di Palermo, diretto dall'architetto Ernesto Basile figlio di Giovan Battista, autore fra l'altro del Teatro Massimo, l'abilitazione all'insegnamento di disegno il 7 aprile del 1923 e il 3 aprile del 1925, sempre nello stesso Istituto, ottiene il Diploma di Licenza del corso speciale di figura. Pur essendo stato a contatto con maestri, che hanno avuto un ruolo importante nel panorama artistico contemporaneo, conosciuti e frequentati a Palermo, sente il bisogno di fare nuove esperienze pittoriche e raggiunge Firenze, Roma, Torino dove consegue la specializzazione in Scenografia e frequenta il corso speciale di pittura presso la Regia Accademia di Belle Arti. Nel 1921 è già socio dell'Accademia Pro-Interlingue di Torino che farà riprodurre, in una cartolina da collezione, una sua opera pittorica dal titolo "La Loggia Delle Nereidi". Sposatosi il 28 ottobre 1929, presso la parrocchia di Le Bordo Arcidiocesi di Cartagine (Tunisia), con Giulia Melilli di nazionalità francese, ma di genitori italiani, conosciuta a Torino, nativa di Ravanusa (Agrigento), diventa padre il primo febbraio 1931 con la nascita del figlio Emanuele,  Salvatore, Angelo, Cesare, Amleto. Emanuele, detto Lele, fotografo professionista, diventerà dirigente esperto per lo sviluppo economico dei paesi sottosviluppati e lavorerà in Giamaica, Senegal, Singapore, Stati Uniti, Ginevra e Vienna insegnando anche presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia e di Palermo. Ritiratosi negli anni '90 a Palermo pubblicherà diversi libri e dirigerà per molti anni la Scuola di Fotografia da lui fondata. La sua  dinamica attività si concluderà il 31 agosto del 2010, data della sua morte. Bartolo, nel 1935 riveste la carica di Commissario Prefettizio supplente presso l'Amministrazione municipale di Cefalù e il 16 ottobre del 1937 ottiene il primo incarico presso la Scuola d'Arte per l'insegnamento di Disegno Scientifico.

Dai primi anni del 1930 e per più di un ventennio, amando l'arte teatrale, (nel 1944 fece parte della Società Arte e Sport che si trasformò nel 1945 in Società Arte Cultura e Sport) fu protagonista e anche scenografo, insieme al Prof. Paolo Consiglio, di molte rappresentazioni tenutesi presso il Teatro Comunale di Cefalù – oggi intitolato al violinista Salvatore Cicero – ottenendo un grande successo. A tal proposito va  ricordato il ruolo di primo piano da lui assunto nei drammi: "La Cena Delle Beffe", (13 febbraio 1934) "Il Cirano Di Bergerac", "Il Conte Beshear", e altre rappresentazioni. La  sua preparazione tecnica nel campo della scherma, da lui esercitata per molti anni, rendeva ancora più credibile il suo ruolo, ed è stata immortalata in una mirabile caricatura del Professore Paolo Consiglio che lo ritrae in abito di spadaccino. Nel 1939 con Decreto Ministeriale insegna Disegno Ornato Geometrico ed Elementi di Prospettiva per successivamente diventare titolare della cattedra di Disegno Geometrico e Architettonico, mansione che espleterà fino al primo ottobre 1971 data di collocamento a riposo,

avendo usufruito nel 1961 dell'abbreviazione di un anno per merito. Gli anni di servizio dal 1939 al 1941 sono stati parzialmente interrotti a causa del richiamo alle armi (seconda guerra mondiale) per prestare servizio nel 12° Reggimento di Artiglieria di C.d'Armata presso la Caserma Cascino di Palermo. Dal mese di maggio al mese di agosto del 1945 gli viene dato l'incarico della direzione della scuola sostituendo il direttore Girolamo Coco. Negli anni 1943 – 1944 ricopre la carica di membro della deputazione dell'Amministrazione dell'Ente Culturale Mandralisca. Il 31 ottobre del 1952 chiamato dal Dott. Giuseppe Giardina, Sindaco di Cefalù, accompagna il Re di Svezia a visitare i luoghi e i monumenti più belli della città spiegando con dovizia di particolari, la storia e la bellezza artistica di ogni luogo visitato, ma soprattutto soffermandosi a fare contemplare il duomo ruggeriano che egli tanto amò e studiò in ogni particolare. Lo studio della nostra cattedrale, punto di orgoglio dei cefalutani di tutti i tempi, ha impegnato il Professore Martino fin dal 1940 e per più di un decennio. I rilievi eseguiti, lo studio della luce e di ogni particolare, lo porteranno a realizzare 10 tavole prospettiche che sono tra le più preziose tra quelle a tutt'oggi realizzate. Tavole che per sua volontà sono state donate, dopo la sua morte avvenuta il 2 gennaio 1987, dal figlio Lele al Presidente pro tempore della Fondazione Mandralisca, Professore Francesco D'Anna al fine di trovare degna sistemazione nei locali del Museo.

Le prospettive del Duomo di Cefalù non sono soltanto una descrizione di quello che noi vediamo, ma rappresentano un progetto vero e proprio scevro da tutte quelle sovrapposizioni e stratificazioni che nel corso dei secoli, molte volte deturpando e sminuendone il valore architettonico e strutturale, si sono avute. Questo lavoro, che sarà preso in considerazione da tanti studiosi del monumento, e che mette  ben in evidenza le qualità disegnative dell'autore per la straordinaria perfezione tecnica e di sintesi raggiunta, per gli arditi scorci prospettico - architettonici, per i chiaroscuri straordinariamente dosati che addolciscono la forza maschia della costruzione, è stato pubblicato nel 1951 – 1952 e fa parte dell'Estratto dagli Atti dell'Accademia di Scienze Lettere a Arti di Palermo – Serie IV – Vol. XII – Parte II. Questa pubblicazione inviata l'11 maggio del 1953 anche al Ministero della Pubblica Istruzione, Div.V Direzione Antichità e Belle Arti di Roma, ha suscitato grande interesse e unanime apprezzamento.

Esterno con facciata e lato sud - 1950 (59 x 81)

Esterno con santuario absidato e lato nord -  1948 (54 x 87)

Interno con navate e ingresso  -  1949 (40 x 48)

Interno con navata centrale, presbiterio e abside  -  1950 (43 x 54)

Bartolo Martino nell'accompagnare le tavole eseguite scrive fra l'altro:..."Il segno marcato dell'arte in questo duomo è sempre là – e nel particolare e nell'insieme - nell'accordo preciso di due toni, che vivono sempre vicini, uno più grave, uno più tenue, e si temperano; qualcosa che segna un punto di contatto tra l'architettura settentrionale e l'orientale, ma anche tra il romano e il gotico; tra l'accento militare rude e l'eleganza decorativa la più dolce, tra un sentimento di serenità e una espressione di movimento quasi drammatica. Qualcosa che si può vedere, entrando, nel comporsi delle colonne in quello sfondo possente, o, all'esterno, nel danzare leggero dei due pseudo loggiati tra le masse dei torrioni, nello sciogliersi e nel ricomporsi, in veduta laterale e absidale, della massa a linee curve del santuario, nell'esilità delle navi e poi nella massa a linee rette delle torri. Nel comporsi dell'arco a tutto sesto della porta, nel timpano schiacciato tra la lussureggiante ricchezza decorativa, o nel correre alto e sveltissimo del loggiato esterno del cleristory sulla grande massa del presbiterio e del transetto: qualcosa che è il segno vivace di una marcata originalità e che non si legge in nessun monumento della Sicilia e del mondo, perchè è solo  il linguaggio della cattedrale di Cefalù. Farlo capire questo linguaggio, renderlo nella sua pura significazione, quale l'ho inteso io: è questo che mi sono prefisso in queste tavole, nelle quali il lavoro di astrazione o di ricostruzione vuole solo avere questa giustificazione. Chè se questo linguaggio di armonia e di forza, di potenza che si esprime nel segno della massima finezza, è davvero capito, allora il Duomo di Cefalù si deve amare, come le più vive delle creature dell'arte, e, come una creatura viva, perchè ricco di intelligenza e di sentimento.

Interno con transetto e navate - 1952 (45 x 36)

Interno pilone destro dell'arco trionfale ed arco della navata destra visti dal transetto - 1949 (39 x 46)

Interno con pilone sinistro dell'arco trionfale visto dalla nave centrale - 1948 (33 x 43)

Interno con pilone sinistro ed arco della solea  -  15/05/1951  (36 x 45)

Le stesse tavole sono state riproposte in 150 esemplari, in una bella edizione tipografica, dall' Editore Lorenzo Misuraca nel 1982, con presentazione a cura dell'Architetto Professore Pasquale Culotta e del Professore Steno Vazzana che ne ha curato le didascalie. Il Professore Culotta scrive fra l'altro:..."Le Prospettive di Bartolo Martino costruiscono uno spazio essenziale ed ordinato per il cammino dell'uomo. Le immagini architettoniche, per dirla con Zevi, suggeriscono la "direttrice umana dello spazio cristiano". Una concezione dell'organismo architettonico senza alcuna interruzione, con una sola direzione, una sola materialità, una sola misura. La coerenza interna ed esterna (quasi una ricerca metafisica di una età assoluta del manufatto) è determinata dall'uso di precise regole progettuali: il rispetto della simmetria e delle rispondenze, la eliminazione delle sovrapposizioni e delle differenze. La successione della piazza, della scalinata – sacrato e della navata centrale- Vima, è chiaramente in funzione del disegno della linea da percorrere obbligatoriamente (concettualmente e praticamente): l'asse di simmetria delle parti rispetto l'insieme architettonico. Così i paramenti murari, i pilastri e le colonne sono contemporaneamente struttura e figura dell'organismo. Le superfici sono prive di sovrapposizioni, su di esse non vi è traccia di arredi, di elementi scultorei e di pitture, anche i mosaici sembrano ridotti a graffiti per non mutare la materialità delle superfici murarie"... In tutte le tavole il professore Martino evidenzia la semplicità e la maestà della struttura architettonica, rilevando il robusto movimento di masse e l'ampio respiro verticale, di questo quanto mai complesso monumento del Medioevo siciliano. Per maggiormente valorizzare la verticalità  e l'eleganza del prospetto, progetta una gradinata in sostituzione del seicentesco sacrarium  (turniale)  inserendola nella sistemazione della Piazza del Duomo e della Via Passafiume. ..."Le prospettive di Bartolo Martino sono un'opera lucida e raffinata su cui rispecchiare il progetto che restituirà contemporaneità al Duomo di Cefalù" così concludeva il Professore Domenico Portera il suo intervento, sempre attento e scrupoloso, nel Catalogo della Mostra realizzati dalla Fondazione Culturale Mandralisca, Presidente il Professore Francesco D'anna, presso La Corte Delle Stelle dal 7 al 15 novembre del 1992 dedicato a Vincenzo G. Cavallaro e a Bartolo Martino  "Tra Scienza E Arte" – Dal Libro D'Oro Della Città Di Cefalù- (contributi scientifici a cura di: Prof.Arch.Pasquale Culotta, Nico Marino, Prof. Steno Vazzana).

Il progetto

L'esperienza progettuale non si esaurisce solo con l'esecuzione delle tavole prospettiche anzidette, ma viene attuata nei tantissimi disegni di edifici condominiali e ville private che incominciano a sorgere negli anni cinquanta nel territorio di Cefalù. E sono molti che si rivolgono al Nostro, certi di trovare la giusta soluzione ai loro desideri,  sicuri che il tutto verrà fatto nel rispetto del luogo dove dovrà sorgere la costruzione. Erano note a tutti la conoscenza e la formazione che Martino possedeva  anche nel campo della botanica  e l'attenzione per  il rispetto del territorio. Egli affermava che "la casa e il suo stile devono essere fedeli al carattere dell'ambiente". La straordinaria preparazione, la ricchezza di esperienze maturate in ogni campo, la sensibilità e il gusto raffinatissimo, le  doti di uomo equilibrato, fanno di lui uno degli uomini più rappresentativi di Cefalù e un docente di eccezionale  levatura culturale e morale. Il Presidente pro-tempore della Scuola D'Arte, Dott. Antonino Maggiore, scrivendo al Ministero Della Pubblica Istruzione a Roma nei primi anni di insegnamento di Martino e parlando anche di  Girolamo Coco, così si esprimeva: "Entrambi hanno mostrato singolare perizia sia come insegnanti, sia pure  come artisti. Molto la Scuola si è avvantaggiata della loro opera, prestata sempre con alto spirito di dedizione all'insegnamento e con nobiltà di senso artistico. Ciò si può soprattutto rilevare dalla monografia compilata dall'Architetto Ettore Martini, incaricato di ciò da codesto Ministero e della quale si trasmette copia. Si può rilevare altresì dai numerosi articoli di giornali apparsi per l'occasione delle mostre allestite dalla Scuola ed in occasione di riconoscimenti diretti da parte del Provveditorato Agli Strudi". Bartolo Martino incuteva rispetto senza imporlo, e noi giovani discenti avvertivamo di essere accanto ad un uomo ricco di amore per tutto ciò che è buono e bello e disponibile a donare in maniera disinteressata tutto quello che possedeva, inclusi i grandi valori umani, sociali, morali e artistici. Pendevamo dalle sue labbra quando ci parlava delle sue esperienze pittoriche, scenografiche e teatrali, anche fuori dalla Sicilia, senza enfasi, come se si trattasse di un altro. Le sue lezioni sulle figure geometriche, sulle proiezioni ortogonali, sui vari metodi di prospettiva, sulla teoria delle ombre, sui sistemi assonometrici, sugli stili architettonici, ma anche sul disegno professionale per la sezione ebanisteria, erano sempre uniche e ricche di suggerimenti, di idee, di entusiasmo per tutto ciò che ci poteva fare crescere. A distanza di cinquanta o sessantanni molti suoi alunni conservano ancora disegni, fatti con matite affilatissime e grafite dura, e appunti presi durante le sue lezioni che si svolgevano in un religioso silenzio. Il suo interesse per i discenti non finiva nell'ambito scolastico, ma continuava anche quando essi uscivano dalla Scuola d'Arte per intraprendere gli studi accademici o universitari e si  incamminavano nell'insegnamento o nella libera professione. Incontrarsi con il Professore Martino era veramente piacevole e costruttivo e non potrò mai dimenticare le soste che faceva, soprattutto dopo la morte della moglie, Signora Giulia che tanto amò e a lei si dedicò con indescrivibile dedizione, avvenuta nel 1977, nelle sedi dove io esponevo le mie opere pittoriche, Corte Delle Stelle, Comune di Cefalù, Galleria Vazzana in Piazza Garibaldi, Centro d'Arte Il Vaglio in Via Mandralisca e presso il Circolo Unione.  Grande emozione ho provato quando nel 1980 mi affidò una sua tela con la rappresentazione di un paesaggio campestre per ripristinare, in alcuni punti il colore parzialmente scrostato. Avere nelle mani un suo dipinto, poterlo ammirare da distanza ravvicinata, addirittura riprenderlo nelle parti mancanti, è stato per me un fatto di straordinaria importanza, cosa che non avrei mai pensato durante gli anni di studio all'Istituto d'Arte (1956 – 1962). Per sei anni il Professore Martino ha seguito il mio cammino di alunno,  inculcando a me e a  tutta la classe, il senso del dovere, dell'ordine, della chiarezza, del rapporto leale, della responsabilità.

La Calura  -  olio 41 x 70

Tramonto  - olio 53 x 38

Senza titolo  -  olio 50 x 77

Dalla Gallizza  -  olio 33 x 23

Questo sentimento di stima che ho sempre provato nei suoi confronti, egli lo ha mostrato, sicuramente più forte,  nei confronti di un suo maestro e poi amico: il pittore Rosario Spagnolo (nato a Cefalù nel 1865 e morto a Roma nel 1956), tra i migliori affreschisti d'Italia al quale  si devono, nella nostra città, le pitture del  Teatro Comunale e gli affreschi della Cappella del Seminario Vescovile. Per questo legame e per ricordarne l'Artista, Bartolo Martino, riuscì negli anni '80 a fargli intitolare la strada accanto all'ex ufficio postale. Auspico che anche per il professore Martino la commissione della toponomastica del nostro comune, trovi una strada da dedicargli e l'Istituto d'Arte, oggi Liceo Artistico, gli dedichi l'aula di progettazione. Mi auguro altresì che l'Amministrazione Comunale, la Fondazione Culturale Mandralisca e il Liceo Artistico, organizzino una mostra di opere con relativo catalogo, di: Bartolo Martino, Paolo Consiglio, Nenè Flaccomio, Giuseppe Brocato e Girolamo Coco, autentici maestri nella loro arte e stimatissimi, apprezzati docenti. Nelle tele del Nostro, rigorosamente eseguite con colori ad olio delle migliori marche, traspare molta serenità ma anche una trepida vena di nostalgia, in un abbandono lirico di straordinario fascino. L'atmosfera che si respira è dolcissima, intensa e dotata di carica sentimentale. I paesaggi sono immersi in una luce chiara e morbida con sfumature calibrate a seconda dell'ora del giorno, così come per la migliore pittura dell'Impressionismo francese, in un'armonia e in un equilibrio di nuova classicità ritrovata con l'approfondita osservazione  del vero.

Casa Agnello  -  olio 36 x 24

Grotta della Caldura  -  olio  80 x 120

Senza titolo  - olio 58 x 41

Grotta grande di S. Lucia  -  26 x 17

Le conoscenze acquisite attraverso lo studio scientifico della prospettiva, oltre agli stimoli culturali del tempo che vanno dal già ricordato Impressionismo, ai Macchiaioli, al Futurismo ecc. e la conoscenza diretta di opere di Francesco Lojacono, Antonio Leto, Francesco Trombatori, Renato Guttuso, Giuseppe Spatrisano, Michele Catti, Mario Rutelli ed altri, vengono fatte proprie attraverso una pittura anticonvenzionale, ispirata liberamente alla vita contemporanea, con ricchezza di materia cromatica e sensibilità quasi tattile. La sua visione, strettamente figurativa, abbraccia oltre gli aspetti più solenni e grandiosi della natura, anche quelli più semplici e disadorni che meglio si adattano ad una resa pittorica interiorizzata e immediata, intrisa di stupefacente freschezza e acutezza di osservazione, in un canto lirico e a volte elegiaco. Ricrea sulla tela l'armonia naturale che lo circonda. Il silenzio degli ulivi saraceni di quel lembo di sogno che era Santa Lucia fino agli anni '50, il placido scorrere di un fiume, lo spumeggiante mare nei giorni di libeccio e maestrale quando le sue onde si infrangono rumorosamente negli scogli, la distesa serena della campagna, vivono in una magica atmosfera. La bellezza della materia cromatica densa e risplendente, il vigore delle pennellate agili e robuste, le tinte calde e i colori accordati con maestria, mettono in evidenza la sensibilità pittorica del Nostro, non estraneo ai contrasti di ombre e luci, secondo ritmi ricchi di forza. In ogni soggetto che dipinge,  paesaggi, nature morte o figure umane, manifesta una straordinaria carica vitale, una vibrante ricchezza culturale e tocca risultati di nobile, altissima poesia. In tutte le opere la forza di contrasti luministici, attraverso l'osservazione attenta del reale, viene accordata a una norma di severa compostezza compositiva arricchita dal suo occhio sensibile e acutissimo e dalla sua intelligente esperienza di disegnatore. Nelle opere "la Caldura vista attraverso una grotta della rocca", "tramonto sul mare", "l'ulivo e l'infinito", "la grotta grande a Santa Lucia", "la Caldura vista da Est", "casa rustica" e tanti altri dipinti, il Martino coglie  il fremito e l'attimo della vita stessa con il suo occhio attento alle meraviglie di cui la natura ci fa dono. Nelle fronde degli alberi le macchie di colore si frantumano in un gioco incandescente e luminoso, l'indagine della naturale verità viene riproposta in modo semplice e con cose e immagini consuete e  grande purezza di mezzi pittorici. L'accendersi del verde della vegetazione colpita da un raggio di sole, i riflessi mutevoli dell'acqua  dove la luce e l'ombra tessono i loro giochi di colore, i profili dei monti lontani, le scogliere e le grotte da dove si intravvedono angoli di cielo,  il vivo palpitare di una distesa erbosa frammista di toni caldi delle pietre o dei faraglioni che si siflettono nel mare azzurro, le nature morte vivacizzate da panneggi arabescati, sono tutte opere dove i colori si intridono di luce e definiscono le forme in un canto appassionato. La bellezza del vero, in un'esaltante, vigorosa, possente e appassionante concezione del mondo, diventa espressione spontanea del suo amore sincero verso il territorio e desiderio di rinnovare sulla tela l'incanto di un angolo naturale e la matura consapevolezza della dignità umana. Nei ritratti cerca di scoprire quello che si nasconde dietro l'aspetto esteriore delle cose in una rielaborazione del modello stesso, indagando, mediante l'apporto della sua sensibilità, sulla psicologia del soggetto raffigurato attraverso una osservazione penetrante e acuta e un'eleganza formale fatta di accordi sapienti e preziosi dove la pennellata è intrisa di interiorità e  partecipazione spirituale.

Cefalù, febbraio 2013  -   Giuseppe Forte

Nota : Le immagini sono state cortesemente fornite da ARKE'- Archivio Fotografico Cefaludese ; a loro volta i proprietari delle Prospettive del Duomo e delle pitture sono rispettivamente la Fondazione Mandralisca e la Sig.ra Liliana Parla cui va un particolare ringraziamento .