Lapunzina: continuità e discontinuità

Ritratto di Angelo Sciortino

27 Settembre 2015, 17:21 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Quando ella, signor Lapunzina, fu eletto sindaco, dichiarò subito che sarebbe stato il sindaco di tutti, anche del sindaco uscente Giuseppe Guercio, come confermò in una delle trasmissioni di Radio Madonie, rispondendo a un'osservazione di Giuseppe Livecchi.

A tre anni di distanza sorge spontanea una domanda: lo è anche dei tanti cittadini querelati soltanto per aver espresso critiche e non offese?

Su questa domanda non voglio soffermarmi e lascio all'opinione pubblica di decidere quale è la risposta più corretta. Qui mi preme richiamarmi a un'altra sua dichiarazione, ripetuta a partire dalla fine del primo anno del suo mandato: nessuno dei sindaci, che mi hanno preceduto, ha fatto più e meglio di me.

Se allude agli ultimi cinque lustri, a partire, cioè, da Alfredo La Grua e passando per Simona Vicari e Giuseppe Guercio, nulla è più vero di quest'affermazione. Meno vera essa si presenta, se si guarda più indietro nel tempo, soprattutto agli anni '60 e '70. Rispetto a molti sindaci di questo periodo, i tre che l'hanno immediatamente preceduto hanno rappresentato una discontinuità. Ella non s'avvede che, volendo essere a sua volta una discontinuità rispetto a questi tre, ha finito per rappresentare una continuità con quelli degli anni '60 e '70. Di quei sindaci che fecero di tutto per adattare il Piano Regolatore preparato dal professore Samonà alle esigenze personali e dei loro amici. Tale adattamento piacque così poco al suo progettista, che finì con il ritirarne la firma. Il Piano finì approvato non dal Consiglio, ma dall'organo regionale, che muoveva i suoi primi passi nel mare fangoso dei favoritismi e delle clientele.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti. La Perla del Tirreno cresciuta nel disordine; la mancanza di parcheggi e di un consono sistema viario; un territorio in molte parti massacrato e un turismo trasformatosi ogni giorno di più in un turismo mordi e fuggi e semplicemente stagionale, perché solamente balneare.

Quando io e altri amici – che ella si ostina a chiamare i soliti noti – votammo per lei, pensavamo che al primo punto della sua attività amministrativa ci sarebbe stata la correzione di queste storture e la possibile rinascita di Cefalù. Soltanto due mesi dopo ci accorgemmo di aver sbagliato a pensare con tanta fiducia: subito ci accorgemmo che ella si avviava a essere una continuità con i sindaci degli anni '60 e '70. Prendemmo subito le distanze e cercammo di correggere le sue tante scelte amministrative sbagliate, ma ella rimaneva sordo alle critiche e continuava imperterrito verso il baratro, nel quale sarebbe sprofondata la Città. Fu così con la questione finanziaria, primo scivolone verso il baratro; altrettanto con le famose varianti non conformi, ma compatibili; con un Ufficio urbanistico incapace di assicurare sviluppo nel rispetto del territorio e persino del Centro Storico; con i tanti proclami d'iniziative culturali, trasformatisi in un nulla di fatto: una biblioteca annunciata, ma mai ottenuta e un museo Mandralisca in agonia; una rete idrica fatiscente; il Piano di Utilizzo del Demanio Marittimo promesso, ma dopo tre anni ancora neppure sognato, al punto che lo stesso Assessorato regionale ha nominato un commissario, per imporre al Comune di darsene uno; le attività commerciali abbandonate a se stesse.

L'elenco potrebbe continuare, ma sarebbe troppo lungo e perfino inutile, visto che i punti richiamati già da soli sono sufficienti per dimostrare che siamo ritornati agli anni '60 e '70 e che ella ne rappresenta la continuità, con la sola differenza, rispetto ad allora, che tale continuità trova effettuazione in una Città già in agonia finanziaria, sociale e persino morale.

Non se la prenda, però, come non ce la prendiamo noi. In fondo, quando qualcosa di negativo accade nella storia, si è di fronte a una tragedia; quando si ripete, come nel nostro caso, si è di fronte a una farsa. E di fronte alle farse bisogna sorridere, sebbene il nostro riso sia un riso amaro, più simile al ghigno dell'agonizzante o a quello della iena morente.