14 Settembre 2015, 17:28 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Parlando dei politici, così si esprime Borges: “In primo luogo non sono uomini etici; sono uomini che hanno contratto l'abitudine a mentire, l'abitudine a corrompere, l'abitudine a sorridere tutto il tempo, l'abitudine ad andare d'accordo con tutti, […]. La professione dei politici è mentire. Credo che nessun politico potrà mai essere una persona sincera.”
Sono giudizi pesanti, questi di Borges, ma l'attività politica degli ultimi anni ne è una conferma e non una negazione. Si pensi a Renzi, a Salvini, a Grillo e se ne ricaverà una conferma non solamente dell'assenza di sincerità da parte dei politici, ma anche della loro ignoranza tout court. Soltanto questa ignoranza può spingerli a scelte e decisioni, che stanno distruggendo il Paese. E le decisioni dei politici sono le leggi, che essi, eletti a rappresentare i cittadini, approvano sempre più spesso in danno di questi stessi cittadini. Essendo ignoranti allo stato puro, essi non lo fanno con dolo, ma non per questo sono meno pericolosi.
Certo, in un sistema di democrazia liberale la stessa Costituzione prevede una serie di bilanciamenti per limitare lo strapotere di tale pericolosa ignoranza. I comuni sono fra questi organi costituzionali, creati proprio per limitare i danni di un potere centrale, quando questo finisce in mano di politici come quelli odierni. Se, però, l'amministrazione dei comuni viene affidata ad amministratori ignoranti tanto quanto quelli centrali, allora la sua funzione di garanzia dei cittadini cessa di esistere. Ed essi, per nascondere la loro ignoranza, sono costretti a mentire.
Si prenda esempio da quanto accade in questi giorni a Cefalù, con un Sindaco che confonde l'opinione pubblica su tanti temi della vita cittadina. Per totale incapacità a gestire una situazione difficile sul piano finanziario, egli, dopo oltre due anni di agitazioni, convince il Consiglio comunale a dichiarare il dissesto. Nonostante la dichiarazione sia sollecitata da lui e votata dai consiglieri suoi sostenitori, egli dichiara che la colpa è di altri: di quegli amministratori che l'hanno preceduto e che hanno indebitato il Comune, ma anche dei creditori, che hanno avuto il torto di chiedere il pagamento dei loro crediti. Questo, secondo alcune strane dichiarazioni del Sindaco, ha fatto saltare il soccorso della legge salva comuni, alla quale egli si era appellato. Dimentica, il Sindaco, che Cefalù non ha mai aderito alla legge 357/2013. Su indicazione sua, l'Amministrazione ha presentato alla Corte dei Conti bilanci e programmi di rientro costruiti sulle sabbie mobili e soltanto nel preciso momento in cui la stessa Corte in pubblica udienza stava per dichiarare il dissesto, il Sindaco ha dichiarato di voler aderire alla legge salva comuni. Inutilmente, perché non era stata votata alcuna deliberazione in tal senso dal Consiglio. La Corte, in assenza di tale deliberazione, fu costretta a dichiarare lo stato di dissesto del Comune.
L'Amministrazione presentò un ricorso al TAR e quando la Corte dei Conti sollevò un principio di giurisdizione, si finì presso la Suprema Corte di Cassazione per decidere della giurisdizione. Nelle more, i nostri parlamentari ignoranti approvarono una legge, per concedere l'approvazione di un piano di rientro decennale a tutti i comuni in deficit. Una legge assurda, che equivaleva a fermare il tempo e la eventuale crescita della società. Di essa credettero di potersi avvalere tanti Amministratori, che con tanta ignoranza vi aderirono, e fra questi anche il nostro Comune. Non si tenne conto, però, che questa seconda legge, fermando la dichiarazione di dissesto, lasciava campo libero alle azioni giudiziarie dei creditori, specialmente quando il Comune non rispettava gli impegni assunti, come accadde a Cefalù.
Non voglio cercare colpe e responsabilità, perché tale compito spetta ai Commissari e alla magistratura contabile e penale, ma non posso esimermi dal dichiarare che per tre anni si è proceduto all'insegna della mistificazione o delle vuote chiacchiere. Per cui, per quanto dolorosa possa risultare la presenza dei tre commissari, almeno i cittadini potranno finalmente contare sulla chiarezza e sulla distruzione delle mistificazioni, che lentamente si avviavano a dare ragione all'aforisma di Bertold Brecht: “Chi non conosce la verità, è uno sciocco; ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente”.
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