7 Settembre 2015, 18:19 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |
Dopo il rilascio del parere favorevole da parte della Capitaneria di Porto, sembrava imminente il rilascio, da parte dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente al Comune di Cefalù della concessione demaniale marittima sullo specchio acqueo e sull’area a terra necessari per il completamento e la messa in sicurezza del porto di Presidiana secondo le previsioni del progetto Botta.
Ed, invece, dopo il rilascio di tale parere, l’A.R.T.A. invertì la rotta.
Con una strambata da “Luna Rossa”.
Quella rotta, che l’A.R.T.A. aveva tracciato con il Decreto del 6 aprile 2004, con il quale aveva inteso “agevolare le procedure per il rilascio delle concessioni, ai Comuni ed alle altre amministrazioni pubbliche interessati alla realizzazione di opere marittime”.
Quella stessa rotta, sulla quale l’A.R.T.A. aveva insistito allorquando, il 17 gennaio 2005, con apposita nota, ebbe, addirittura, a sollecitare, alla Capitaneria di Porto, “l’espletamento della procedura istruttoria prevista dall’articolo 2 dello stesso decreto” sulla richiesta del Comune di Cefalù.
Ciò al fine di “rendere le definitive determinazioni di competenza”.
L’A.R.T.A. strambò ed arrestò il procedimento di rilascio della concessione al Comune.
Infatti, nel mese di novembre 2005, comunicò al Comune di non volere né accogliere né rigettare la sua richiesta “riservandosi di esercitare il proprio potere concessorio nell’ambito del cosiddetto decreto Burlando”.
Tale decreto – il n° 509 del 1997 – disciplina il procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto e definisce le procedure da seguire nell’eventualità di progetti e domande concorrenti su uno stesso specchio acqueo e su una stessa area demaniale.
L’A.R.T.A. strambò perché un privato aveva presentato il progetto di una struttura per nautica da diporto a Presidiana ed aveva chiesto la concessione di una parte dello stesso specchio acqueo e di una parte della stessa area a terra, che erano incluse in quelle, molto più estese, per le quali il Comune aveva chiesto la concessione.
In particolare, lo specchio acqueo chiesto dal privato includeva il pontile in ferro.
Quel pontile, che, in variante al Piano Regolatore del porto, era stato realizzato tra il 1974 ed il 1977 con un finanziamento dell’Assessorato regionale al turismo e che sarebbe dovuto servire per l’attracco degli aliscafi per le Eolie.
Quel pontile, che, reso inagibile dalle mareggiate, era rimasto, per almeno un decennio, a fare bella mostra di sé a Prissuliana.
Monumento in mare alle rotaie delle strade ferrate che ne componevano la struttura.
Quel pontile che, alla fine dell’estate del 2003, venne dismesso.
Finalmente.
Grazie alla testarda insistenza del Sindaco Vicari.
Quel pontile, che il privato avrebbe voluto annegare nel cemento per aggiungere, ai suoi lati, un doppio pettine di pontili ortogonali.
L’area a terra chiesta dal privato era quella alla radice dello stesso pontile e sarebbe dovuta servire per realizzare un capannone per il rimessaggio dei natanti.
A chi l’A.R.T.A. avrebbe dovuto rilasciare la concessione?
Al privato o al Comune?
In una Regione normale di un Paese normale nessuno si sarebbe posto la domanda.
Né tra i politici né tra i burocrati.
Anche perché, solo a considerare:
- che lo stesso A.R.T.A. aveva studiato ed emanato il decreto del 6 aprile 2004 per agevolare i Comuni e le altre Amministrazioni rispetto ai privati tant’è che, in esso, ha scritto : “non sono configurabili posizioni presupponenti interessi concorrenti a ragione dell’interesse pubblico correlato all’esecuzione dell’opera pubblica”;
- che il comma 8 dell’art.5 del decreto Burlando sanciva, e sancisce, che la concorrenzialità tra i progetti presentati sugli stessi beni demaniali marittimi poteva, e può, portare al “procedimento della gara pubblica qualora non ricorrano ragioni di preferenza”;
la ratio delle disposizioni dei due decreti emerge talmente chiara da rendere difficile, se non impossibile, credere che i politici ed i burocrati dell’A.R.T.A. abbiano strambato per ragioni di conflittualità tra il decreto Burlando ed il decreto assessoriale.
Cosa credere allora?
Che i politici e i burocrati dell’A.R.T.A. abbiano strambato per ragioni di “sensibilità” che li “stimolavano” a privilegiare l’iniziativa del privato rispetto a quella del Comune?
“A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca” diceva Giulio Andreotti, che per essere stato cattolico praticante il peccato non poteva non evitarlo e che, per essere stato politico di lunghissimo corso, proprio, fesso non può esser stato.
Per il mancato rilascio della concessione demaniale, al Comune non restò che proporre ricorso giurisdizionale al TAR.
Contro l’A.R.T.A. e contro la Presidenza della Regione Siciliana.
Affidò il ricorso all’Avvocato Professor Gaetano Armao.
Ma non solo!
Il Comune notificò a tutte le istituzioni interessate un atto stragiudiziale affinché prendessero nella giusta considerazione l’incompatibilità dei progetti dei privati con l’interesse generale di realizzare il progetto di messa in sicurezza e di completamento del porto, per il quale la Giunta Regionale aveva, già, disposto un finanziamento pubblico di 8 milioni di euro.
Intanto, mentre “il porto di Presidiana imbarcava burocrazia”, il tempo scorreva inesorabile.
Il secondo mandato del Sindaco Vicari volgeva al termine e nella politica cefaludese, di centro destra e di centro sinistra, cominciava a svettare alto il vessillo della “discontinuità dalla Vicari”.
(Ringrazio Roberto Maranto per avermi messo a disposizione le cartoline di Prissuliana col pontile in ferro)
(continua)
Saro Di Paola, 7 settembre 2015
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