18 Agosto 2015, 17:48 - Saro Di Paola [suoi interventi e commenti] |
Lo chiamiamo il PORTO di Presidiana.
Ma quello di Prissuliana non è un PORTO.
Un PORTO è ben altro.
Il PORTO, secondo Treccani, è “uno spazio di mare più o meno ampio e protetto, dove le navi possono accedere con ogni tempo e sostare in tutta sicurezza, sia per trovare ricovero durante le tempeste o per effettuare urgenti riparazioni di avarie sofferte, sia per compiere le operazioni commerciali inerenti allo svolgimento dei traffici marittimi.”
In quello di Prissuliana, invece, “le navi non possono accedere con ogni tempo e sostare in tutta sicurezza per trovare ricovero durante le tempeste” né “possono effettuare urgenti riparazioni di avarie sofferte”.
Quello di Prissuliana è uno “spazio di mare” che, sufficientemente sicuro per le traversie del quadrante NordOvest, è, assolutamente, insicuro per le traversie del quadrante NordEst.
Col greco, in quello di Prissuliana, sono dolori.
Col greco, in quello di Prissuliana, le cime si spezzano.
Col greco, in quello di Prissuliana, le barche affondano, vengono scaraventate contro le banchine.
Per riemergere a pezzi.
Col greco, in quello di Prissuliana, tutto diventa fuscello.
Anche il ferro.
Per tutto ciò, quello di Prissuliana è un “porto”.
Per essere PORTO deve essere realizzata una chiusura a greco.
Quale?
Per cercare di dare una risposta alla domanda, non si può che partire dalla disamina delle soluzioni, che, dal 1951 al 2003, sono state approntate sulla carta.
Cercherò di illustrarle su questo blog.
Nei prossimi giorni.
Intanto, in questi giorni di agosto, guardando le centinaia e centinaia di natanti ed imbarcazioni da pesca e da diporto, che “sostano nello spazio di mare” di Prissuliana
mi sovviene il ricordo di quel 9 o 10 di agosto del 1979 o del 1980, che sia stato, quando, in questa casetta di Prissuliana,
furono a zì Mmela e u zu Nnirià Cascio, insieme ai figli Mariassunta, Nino, Gianni, Saro e Cialli, a soccorrere ed aiutare una famiglia di diportisti toscani, che di ritorno dalla visita alla Cattedrale di Cefalù, si erano ritrovati, soltanto, con i vestiti, che portavano addosso.
Un improvviso fortunale di grecale aveva squarciato la barca a vela che avevano lasciato all’ancora poco fuori la mantellata in blocchi di pietra naturale.
Ma non solo.
Mi sovviene, anche, il ricordo di un altro fortunale di greco.
Durato una ventina di minuti e di modesta intensità.
Quello della notte del primo agosto del 2003, quando pescatori e diportisti si precipitarono a Prissuliana, per tirare le cime e rinforzare gli ormeggi alle barche.
In quella occasione, furono urla di terrore e uomini in mare.
In quella occasione, ci scappò pure un ferito.
Eppure, in quella occasione, il numero di barche “in sosta” a Prissuliana
era di gran lunga inferiore a quello di oggi.
Sono due ricordi, che mi sovvengono, ogni qual volta guardo a Prissuliana dalla via Domenico Portera.
Sopratutto nei giorni d'estate.
Due ricordi, che mi fanno chiedere se vi sia qualcuno, che si stia preoccupando di quanto potrebbe accadere a Prissuliana nel caso, malauguratissimo, il grecale si presentasse con un altro fortunale estivo.
Due ricordi, che mi fanno chiedere se vi sia, ancora, qualcuno che si stia occupando della chiusura a greco e della messa in sicurezza di quello “spazio di mare”, che chiamiamo porto di Presidiana.
L’ultima ad occuparsene è stata il Sindaco Vicari.
Ne scriverò nei prossimi giorni.
Come ho detto prima.
Saro Di Paola, 18 agosto 2015
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- Relazione sull’incontro dibattito sul porto di Cefalù e le sue prospettive – Svolta Democratica – 15 marzo 2012 (http://www.laltracefalu.it/node/7140)
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