L'agonia delle Madonie

Ritratto di Angelo Sciortino

18 Agosto 2015, 12:23 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Il Parco naturale regionale delle Madonie fu istituito nel novembre 1989. Prima di questa decisione, che cosa erano le Madonie? Erano sicuramente un massiccio montuoso situato tra il fiume Himera e il fiume Pollina. Vi vivevano oltre la metà delle specie vegetali della Sicilia e fra queste l'abies nebrodensis, ormai quasi in estinzione. Anche per la fauna si raggiungeva la stessa percentuale del 50%. Erano presenti, infatti, la metà delle specie di uccelli, tutte le specie di mammiferi e più della metà delle specie di invertebrati siciliane.

La geologia madonita, poi, non era e non è meno interessante, al punto da essere stata inserita nella rete European Geopark nel 2003. Vi si rinvengono anche fossili, che fanno ipotizzare che siano risalenti al periodo giurassico, cioè a oltre 150.000.000 anni fa. Per non parlare dei processi carsici, che in milioni di anni hanno disegnato la morfologia delle Madonie e hanno scavato caverne e corsi d'acqua sotterranei, che alimentano di acqua tutto il territorio. Il caso del fiume di Prissuliana, che sbocca da sotto la Rocca nella baia omonima, ne è un esempio. Come, d'altronde, ne è un esempio il fiume Cefalino, che alimenta il Lavatoio di via Vittorio Emanuele.

Questa una breve descrizione delle Madonie. Di quelle Madonie per le quali cinque lustri fa si è creato il parco omonimo, con lo scopo di tutelarne le ricchezze di ogni genere. Non ci si è resi conto, però, che la prima azione che un ente di tal genere compie è quella di togliere vita a una realtà, che per secoli e forse per millenni hanno disegnato la sua geografia e la sua morfologia, nel più assoluto rispetto della natura. Una natura che politici e burocrati incompetenti e naturalisti di maniera tentano in tutti i modi di rinchiudere come in un museo a cielo aperto, dove tutto deve rimanere come l'abbiamo trovato. Non si accorgono, gli ignorantelli, che sono proprio loro a violentare la natura, che dà vita e vuole vita!

Le Madonie fino agli anni '60 erano vive, oggi sono morte e il primo responsabile di tale morte è l'Ente Parco, produttore non di vita e di progetti, ma di regolamenti astrusi.

Negli anni Sessanta ero quattordicenne e seguivo attentamente l'attività pastorizia svolta dalla mia famiglia nel territorio di San Mauro, di Pettineo, di Mistretta e di Nicosia. Ricordo che gli armenti e le greggi si muovevano lungo le trazzere regie, per raggiungere i pascoli da sfruttare a seconda del periodo dell'anno. In estate nei freschi pascoli del feudo La Giumenta, in territorio di Nicosia; in autunno a Migaido, in territorio di Pettineo; in inverno a Palminteri, in territorio di San Mauro. C'era anche un momento particolare, in cui si raggiungeva il territorio di Vallelunga e di Villalba, per offrire agli animali una sorta di ferie estive, per pascolare fra le restoppie, dove cresceva l'erba selvatica dopo la mietitura del grano.

Questo era il viaggio più lungo, perché durava almeno cinque giorni. Ci si muoveva lungo le trazzere, la cui larghezza era di diciotto canne, 36 metri. Vere e proprie autostrade, i cui ponti non crollavano e la cui sede non era soggetta a frane!

Personalmente ho seguito questi viaggi di transumanza almeno cinque volte. Si dormiva all'addiaccio e la sera, davanti al fuoco acceso, ognuno raccontava qualcosa. Non erano uomini colti, ma avevano tanto buon senso e rispettavano la natura e gli animali, considerandoli loro alleati nella lotta per la vita. Quasi tutti avevano vissuto gli anni della II Guerra Mondiale e vi avevano combattuto. Qualcuno era rimasto alcuni anni prigioniero degli Inglesi nel loro Paese. Qui aveva conosciuto una cultura agricola diversa, che lo aveva arricchito, aprendogli nuove conoscenze.

Questi uomini, che dormivano nella stalla, se si temeva che una vacca stesse per partorire quella notte, furono gli ultimi uomini, che tennero vive le Madonie. Oggi che essi sono stati sostituiti dai politici e dai burocrati, le Madonie sono in agonia. E forse per abbreviarla, sono state popolate di cinghiali, che ne distruggono quel poco che rimane della sua agricoltura.

Se i nostri politici e i loro burocrati fossero stati portati prigionieri in Alto Adige e in Austria, come gli antichi allevatori furono portati prigionieri in Inghilterra, forse avrebbero imparato come sarebbe facile coniugare agricoltura e turismo e le trazzere sarebbero eccezionali sentieri per un turismo di migliore qualità rispetto a quello balneare, al quale Cefalù ha deciso di adattarsi.

Ma per far questo occorrerebbe buon senso e non supponenza, che ormai alligna nella politica come un'erba maligna, che sta distruggendo ogni altra produzione.