Il sindaco Giardina sul Lungomare

Ritratto di Angelo Sciortino

12 Giugno 2015, 20:51 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Erano le dieci di sera e passeggiavo sul Lungomare, per godermi un poco di frescura. Ero di ritorno, dopo aver raggiunto il piccolo Belvedere di fronte all'hotel Turist, ed ero quasi all'altezza dell'hotel Palace, quando mi si fece incontro un uomo vestito con giacca e cravatta, nonostante il caldo.

Quando fu vicino a me, mi porse la mano, che io per educazione gli strinsi, e così mi parlò: “Per rassicurarti e perché non ti spaventi per quel che sto per dirti, voglio che tu sappia, sebbene forse non mi riconosci, che io sono stato amico di tuo nonno e di tuo padre. Eravamo amici e ci stimavamo. Di essi conservo sempre un buon ricordo e quando mi accade d'incontrarli dove adesso viviamo, sempre facciamo lunghe conversazioni.

Già quel riferimento al luogo in cui adesso vivevano mi fece gelare il sangue. Mio nonno e mio padre erano già morti l'uno da trentacinque anni e l'altro da mezzo secolo. Quel riferimento, quindi, era sicuramente al mondo dei morti e quell'uomo in carne e ossa era forse un fantasma. Inghiottii la saliva e cercai di farmi coraggio e di assumere un'espressione senza paura e quasi noncurante.

Il mio interlocutore, però, dovette accorgersene, perché così continuò: “Sì, vengo dall'altro mondo, quello che chiamate il mondo della verità o il mondo dei più. Mi piacerebbe parlartene, ma Chi mi ha accordato il permesso di venire, mi ha ordinato di non parlare di quel mondo.

Adesso ti chiedo di ascoltarmi bene, perché, quando avrò finito di parlare, andrò subito via e tu non potrai chiedermi spiegazioni, se non avrai sentito o capito qualcosa.”

Non aspettò risposta, ma così continuò: “Sono Giuseppe Giardina e sono stato Sindaco di questo Paese. Questo Lungomare, sul quale sei solito passeggiare, lo volli fortemente io. So che esso mi è stato intitolato proprio per ricordare il mio nome e il mio interessamento. Certo, qualcuno critica che esso, per rispettare gli orti dei contadini, ha ristretto la spiaggia. Una critica troppo facile e in ogni caso l'aver rispettato gli orti non fu un errore, almeno in quel momento. L'errore venne poi, quando non si seppe dare un corretto sviluppo urbanistico non solo al Lungomare, ma a tutto il territorio di Cefalù.

Non fu soltanto questo l'errore commesso. Con il tempo ne seguirono altri. Sulla spiaggia si riversarono fogne a cielo aperto e si permise persino che il cemento coprisse la sabbia. Adesso è forse troppo tardi per rimediare e credo che ne manchi persino la voglia da parte dei sindaci, che sono venuti dopo di me. Ne è una prova lo stato d'abbandono in cui versa il Lungomare.

Nonostante tutto ciò, esso sarebbe ancora la più bella passeggiata di Cefalù, se i suoi marciapiedi non fossero occupati come le strade di un mercato arabo, con la mercanzia sparsa in ogni dove. Quest'occupazione impedisce una serena e comoda passeggiata; impedisce persino che i bambini possano corrervi in sicurezza o andarvi in bicicletta lontani dai pericoli del traffico.

Comunque, la mia venuta ha avuto lo scopo di accertarmi della realtà, che nel racconto degli ultimi arrivati sembrava inverosimile. Invece, dalla mia visita ho tratto soltanto conferme. Ho anche accertato che i tutori della legge passano più volte davanti a questi misfatti, ma non intervengono. Né interviene l'attuale sindaco. Non mi resta che riferire a Chi saprà provvedere.”

Finì di pronunciare queste parole e sparì. Ancora mi chiedo perché ha raccontato a me tutto ciò. Non sono riuscito a darmi una spiegazione e forse è per questo motivo che il tenere tutto segreto dentro di me non mi dà pace. Per questo motivo ho voluto raccontare tutto, anche a costo di apparire pazzo.