La lunga durata del provvisorio

Ritratto di Angelo Sciortino

9 Giugno 2015, 18:10 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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In Italia niente è più duraturo del provvisorio” diceva Giuseppe Prezzolini. Ne sono prova i tanti precari, che lo Stato e le sue diramazioni locali mantengono fin quasi all'età pensionabile.

Non ci sarebbe niente da ridire a questo pietismo ideologico-statalistico, se da esso non derivasse immancabilmente un impoverimento materiale generalizzato di tutti i cittadini; la perdita dell'abitudine a conquistare con le proprie capacità e con l'impegno il nostro futuro; la certezza di avere riconosciuti i nostri meriti e non la forza delle nostre raccomandazioni; la perdita, infine, della nostra dignità di cittadini liberi.

Per avere esempi di un simile pericoloso andazzo non occorre guardare al resto dell'Italia, perché proprio qui a Cefalù abbiamo numerosi esempi sia di tale pietismo ideologico-statalistico e sia del male, che ne deriva per la società e per ogni singolo cittadino, soprattutto se giovane.

L'esempio più clamoroso è, per esempio, la natura non pubblica del nostro ospedale, sebbene oggi tutti i soci della sua fondazione siano enti pubblici o para pubblici. Questa natura ibrida ha consentito e ancora consente che i suoi dipendenti siano assunti con contratti di natura privatistica e quindi senza concorso. Se la fondazione fosse nata in forza di una decisione legislativa, essa sarebbe pubblica e il suo personale dovrebbe essere sostituito, a meno di non superare un esame pubblico, che ne stabilisca l'idoneità.

Capisco l'opposizione dei sindacati, ma non quella della classe politica locale e regionale. Soprattutto alla luce della prima decisione del CGA, che accolse il ricorso della Regione contro la sospensiva della chiusura del punto nascite in favore di Termini Imerese, che ha invece la natura di ente pubblico.

Oggi siamo di nuovo di fronte al problema di chiusura, provvisoriamente procrastinato in attesa del monitoraggio dei due ospedali in competizione: Termini e Cefalù. Di fronte a simile gara insensata, la nostra politica non ha saputo far altro, che dire: incrociamo le dita per scaramanzia!

E che cosa dire delle continue improvvisazioni di fronte a problemi gravissimi, che questa Amministrazione nasconde ora dietro le vele di una regata e ora con interventi sporadici a tutela della difesa di coloro che subiscono danni economici da parte di una concorrenza, che occupa il suolo della Città senza permessi e senza il pagamento di imposte?

Ho un'età abbastanza avanzata, per ricordare le tante attività artigianali di Cefalù: i fabbri ferrai, ormai scomparsi; i pescatori, ridotti per numero e per ricchezza; gli agricoltori, che hanno abbandonato la terra, sempre più spesso impoverita e persino minacciata di distruzione con deroghe alla norma (PRG), che dovrebbe tutelarla nell'interesse di tutta la comunità civile.

A questo andazzo la politica oppone una burocrazia in gran parte assunta senza concorsi, perché composta da precari, o spesso con concorsi da operetta. Questa burocrazia ha finora dimostrata una disponibilità a servire la classe politica al potere, ma non, come sarebbe giusto che fosse, i cittadini. Cittadini troppo spesso ingannati, tartassati finanziariamente e moralmente, a tal punto che si rifiutano persino di esercitare il loro diritto di voto o a esercitarlo, scegliendo razionalmente e non disperatamente i suoi rappresentanti.

Dovrei ancora elencare, a dimostrazione delle mie argomentazioni, la mancata approvazione del PUDM, per offrire una garanzia al litorale e per inserirlo finalmente in un piano di sviluppo urbanistico; gli alberghi ancora in attesa di essere completati o di avere i permessi a essere costruiti; il ClubMed chiuso da dieci anni e riesumato ogni tanto con la posa della prima pietra. Non occorre, però, perché chi legge con senso di responsabilità ha sicuramente le mie stesse convinzioni: a Cefalù, più che altrove, la precarietà delle chiacchiere è più duratura di una strategia politica intelligente.